Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9178 del 02/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 02/04/2021, (ud. 21/01/2021, dep. 02/04/2021), n.9178

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. CORRADINI Grazia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9784 del ruolo generale dell’anno 2017

proposto da:

Stanleybet Malta Limited, in persona del legale rappresentante,

rappresentata e difesa dagli Avv.ti Roberto A. Jacchia, Antonella

Terranova, Fabio Ferraro e Daniela Agnello per procura speciale in

calce al ricorso, elettivamente domiciliata in Roma, via Vincenzo

Bellini n. 24, presso lo studio dei primi tre difensori;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è

domiciliata;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Lombardia n. 5307/16, depositata in data 14 ottobre

2016;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 21

gennaio 2021 dal Consigliere Grazia Corradini.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Dall’esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: La Commissione Tributaria Provinciale di Sondrio, con sentenza n. 38/2/2015 accoglieva in parte, limitatamente al trattamento sanzionatorio, respingendolo nel resto, il ricorso proposto da Stanleybet Malta Limited, quale coobbligata in solido con la società CORI di R.A. & c. Snc, avverso l’avviso di accertamento dell’imposta unica sulle scommesse con riferimento all’attività di scommesse sportive a quota fissa che la società CORI aveva esercitato nel predetto anno per conto della Stanleybet Malta Limited, sul presupposto che il ruolo della CORI non si fosse esaurito nella mera trasmissione di dati informatici e della successiva corresponsione delle vincite al giocatore. Avverso la pronuncia di primo grado la società Stanleybet Malta Limited proponeva appello lamentando vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata e la propria carenza di legittimazione passiva in quanto nel periodo considerato operava in Italia la sola Stanley International Betting Limited; l’Ufficio si opponeva obiettando in particolare che l’avviso di accertamento era stato notificato sia alla Stanleybet Malta Limited che alla “capofila” Stanley International Betting Limited, cui la prima era riconducibile, per cui le stesse risultavano entrambe obbligate in solido con la società CORI.

La Commissione tributaria regionale della Lombardia, con sentenza n. 5307/2016, depositata in data 14.10.2016, ha rigettato l’appello per due ordini di motivi: in primo luogo perchè non sussisteva alcun vizio di ultrapetizione in quanto i giudici di primo cure avevano considerato la società Stanleybet Malta Limited responsabile in solido per la obbligazione tributaria con la società CORI, il che comportava che avevano implicitamente ritenuto sussistente la legittimazione della società ricorrente nel presente giudizio; in secondo luogo perchè la Stanleybet Malta Limited era tutt’altro che soggetto estraneo al rapporto in questione poichè esisteva un contratto di ricevitoria stipulato nel 2004 dalla società CORI con la società “capofila” del gruppo Stanley, quando già la gestione operativa dell’attività di raccolta delle scommesse veniva svolta dalla Stanleybet Malta Limited che risultava essere la ramificazione maltese del gruppo, dove si trovava il sever presso il quale confluiscono tutti i dato di gioco raccolti con il CTD, società con la quale risultava peraltro sottoscritto dalla società CORI, proprio in data (OMISSIS), un accordo di partecipazione al servizio di v-sports, circostanze tutte non smentite dalla ricorrente.

La società Stanleybet Malta ha quindi proposto ricorso per la cassazione della sentenza di appello affidato ad un solo motivo, cui ha resistito l’Agenzia delle dogane e dei monopoli depositando controricorso, illustrato con successiva memoria.

La società ha altresì depositato istanza con la quale ha chiesto la trattazione della causa alla pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, va disattesa l’istanza di trattazione della causa in pubblica udienza.

In adesione all’indirizzo espresso dalle sezioni unite di questa Corte, il collegio giudicante ben può escludere, nell’esercizio di una valutazione discrezionale, la ricorrenza dei presupposti della trattazione in pubblica udienza, in ragione del carattere consolidato dei principi di diritto da applicare nel caso di specie (Cass. Sez. U, 5 giugno 2018, n. 14437) e non si verta in ipotesi di decisioni aventi rilevanza nomofilattica (Sez. U, n. 8093 del 23 aprile 2020).

In particolare, la sede dell’adunanza camerale non è incompatibile, di per sè, anche con la statuizione su questioni nuove, soprattutto se non oggettivamente inedite e già assistite da un consolidato orientamento, cui la Corte fornisce il proprio contributo.

Nel caso in esame, peraltro, il limitato oggetto del presente giudizio, che riguarda esclusivamente un preteso vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata, non coinvolge il tema nuovo, pur se non inedito nella giurisprudenza di questa Corte, compiutamente affrontato in tutti i suoi risvolti da un lato dalla Corte costituzionale (con la sentenza 14 febbraio 2018, n. 27) e dall’altro da quella unionale (con la sentenza in causa C-788/18, relativa alla Stanleybet Malta Limited), che è stato richiamato dalla ricorrente con la memoria, ma che non è pertinente in relazione al presente giudizio; per cui non vi è ragione per rimettere la limitata questione relativa al presente giudizio alla udienza pubblica, apparendo invece preferibile la scelta del procedimento camerale, funzionale alla decisione di questioni di diritto di rapida trattazione non caratterizzate da peculiare complessità (sulla medesima falsariga, si veda Cass. 20 novembre 2020, n. 26480).

2. Ciò posto, con un unico motivo la ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49, in relazione all’art. 112 c.p.c., per avere la CTR erroneamente ritenuto non fondata la eccezione di ultrapetizione sollevata in sede di appello, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la sentenza di appello aveva ritenuto che i giudici di primo grado avessero affermato la responsabilità in solido della Stanleybet con il ricevitore senza indicare da dove avrebbero tratto tale assunto ed aveva altresì omesso di dichiarare la nullità della sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., pur riconoscendo che era carente di qualsiasi motivazione in merito al lamentato difetto di legittimazione passiva della ricorrente.

3. La Agenzia delle Dogane – premesso che dall’unitario originale accertamento relativo alla annualità 2012, che era stato notificato alla attuale ricorrente, ma anche alla capofila internazionale ed al ricevitore CORI, erano scaturiti, per scelta dei debitori, tre diversi ricorsi separati, conclusi conformemente nei gradi di merito con il rigetto quanto al tributo e l’annullamento, invece, in relazione alle sanzioni per incertezza obiettiva sulla norma di riferimento – con il controricorso oppone la inammissibilità del ricorso per cassazione della Stanleybet Malta per difetto di autosufficienza e comunque la infondatezza nel merito poichè l’accertamento unitario era basato sulla solidarietà fra le parti ed inoltre nel giudizio di merito era emerso, attraverso precise produzioni documentali, che il contratto stipulato nel 2004 tra la capofila internazionale e la società CORI era stato trasferito a decorrere dal settembre 2007 alla Stanleybet Malta nell’ambito del trasferimento a quest’ultima del ramo di azienda relativo alla gestione delle scommesse.

4. Il motivo di ricorso presenta in primo luogo ampi profili di inammissibilità in base alla giurisprudenza consolidata di questa Corte – alla quale si ritiene di dare continuità in questa sede – per cui, qualora una questione giuridica, implicante un accertamento di fatto, non risulti trattata nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, anche mediante trascrizione della censura, quale risposta abbia avuto da parte del giudice di primo grado e quale sia stato il preciso contenuto della impugnazione in appello, per consentire alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (v., per tutte, da ultimo, Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 32804 del 13/12/2019 Rv. 656036 – 01); il che è quanto avvenuto nel caso in esame, considerato che il ricorrente sostiene che i giudici di merito avrebbero deciso ultra petita, ma non riporta il contenuto del ricorso iniziale e delle difese della controparte e neppure trascrive il contenuto della sentenza e del successivo atto di appello così da consentire di comprendere che cosa avesse dedotto in quella sede.

5. Le questioni poste con il ricorso per cassazione sono peraltro anche palesemente infondate poichè la sentenza di appello indica, da un lato, che i giudici di prime cure – al contrario di quanto sostenuto dalla ricorrente con il ricorso per cassazione – avevano affermato la responsabilità in solido fra la ricorrente e la società CORI (v. parte relativa allo svolgimento del processo) ed anche nella motivazione ribadisce che le due società erano state ritenute responsabili in solido dai giudici di primo grado, per cui non è vero che la sentenza di appello non indichi il dato su cui fonda il giudizio di responsabilità solidale che era costituito dagli accertamenti svolti dalla sentenza di primo grado di cui quella di appello era integralmente confermativa, il che consente di escludere qualsiasi vizio di ultrapetizione su tale punto, anche con riguardo al parziale annullamento dell’accertamento quanto alle sanzioni che poi aveva riguardato tutti e tre i giudizi di impugnazione dell’originario accertamento unitario. In secondo luogo non è vero che la sentenza di appello avrebbe riconosciuto che quella di primo grado non aveva pronunciato sulla eccezione della Stanleybet di difetto di legittimazione passiva, poichè al contrario afferma di confermare la statuizione dei primi giudici anche su tale punto e quindi svolge pure una doppia motivazione autonoma, che non è stata oggetto di ricorso per cassazione, ampiamente dimostrativa della legittimazione passiva delle Stanleybet Malta con la quale la società CORI aveva stipulato uno specifico contratto – mai contestato dalla ricorrente prima del periodo di imposta oggetto dell’accertamento; in ogni caso, se pure fosse stato vero che i primi giudici non si erano pronunciati sulla eccezione di difetto di legittimazione passiva, la sentenza impugnata avrebbe fatto applicazione di corretti principi giuridici per cui, in caso di difetto di pronuncia del primo giudice su un motivo di ricorso, spettava al giudice di appello decidere nel merito, al di fuori dei casi in cui il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 59, impone il rinvio al primo giudice, fra cui non rientra quello in esame.

6. In conclusione il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente deve essere condannata alla rifusione delle spese del presente giudizio liquidate come in dispositivo. Sussistono, ratione temporis, i presupposti per il cd. raddoppio del contributo unificato a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1 bis e 1 quater, essendo stato il ricorso notificato in data 13 aprile 2017.

PQM

La Corte:

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore della Agenzia delle Dogane, che liquida in Euro 2.300,00 oltre le spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2021

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