Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9174 del 16/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 16/04/2010, (ud. 03/03/2010, dep. 16/04/2010), n.9174

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3975-2007 proposto da:

SOCIETA’ EDILIZIA VENAFRANA S.R.L., in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’Avvocato BIASIELLO CARMINE, giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario

della Società di Cartolarizzazione dei crediti INPS, S.C.C.I.

S.p.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17,

presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi

dagli avvocati CORETTI ANTONIETTA, CORRERA FABRIZIO, CALIULO LUIGI,

giusta delega in calce al controricorso;

– I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE N. 144,

presso lo studio degli avvocati ZAMMATARO VITO, PIGNATARO ADRIANA,

che lo rappresentano e difendono giusta mandato in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

e contro

INAIL CARTOLARIZZAZIONE S.P.A., S.R.T. S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 169/2006 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 21/09/2006 R.G.N. 245/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2010 dal Consigliere Dott. GABRIELLA COLETTI DE CESARE;

uditi gli avvocati CALIULO LUIGI per INPS, DAMIANI LAURA per INAIL;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per: inammissibilità del ricorso e

in subordine rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Edilizia Venafrana s.r.l. conveniva davanti al Tribunale di Isernia l’INPS , la SCCI spa (società di cartolarizzazione crediti INPS) – l’INAIL, nonchè l’INAIL società di cartolarizzazione p.a. e la SRT s.p.a. (concessionaria della riscossione dei tributi) deducendo la insussistenza dei crediti contributivi (e relative somme accessorie) da tali enti azionati con cartella esattoriale.

Il Tribunale dichiarava l’opposizione inammissibile per inosservanza del termine di quaranta giorni previsto dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5.

Con ricorso in appello la Edilizia Venafrana contestava che l’azione da essa svolta fosse soggetta al suddetto termine, essendo quello instaurato un giudizio di accertamento negativo del credito e valendo l’opposizione solo ad evitare l’esecuzione forzata.

La Corte d’appello di Campobasso, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l’impugnazione osservando che l’azione proposta dalla Edilizia Venafrana integrava un’opposizione sul merito della pretesa di riscossione oggetto della cartella esattoriale e, pertanto, andava proposta nel termine – nella specie, non rispettato – di quaranta giorni dalla notifica della cartella, come prescritto dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5.

Per la cassazione della sentenza d’appello la Edilizia Venafrana s.r.l. ha proposto ricorso fondato su due motivi. Resistono l’INPS e l’INAIL con propri controricorsi. Le società di cartolarizzazione non si sono costituite.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la società ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, in relazione all’art. 152 c.p.c. e conseguente nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, assume che ha errato il giudice di appello a ritenere il carattere perentorio del termine di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24. Sostiene che l’artt. 152 c.p.c., comma 2 esclude che possano essere ritenuti perentori i termini non qualificati come tali espressamente dalla legge e l’art. 24, comma 5, cit. non commina alcuna decadenza per la tardiva impugnazione del ruolo. Aggiunge che, essendo il ruolo esattoriale un provvedimento privo di qualsiasi effetto per ciò che riguarda l’accertamento della sussistenza del credito contributivo, il decorso del ripetuto termine può incidere, semmai, sulla esecuzione forzata ma non preclude la possibilità di verificare la fondatezza, nel merito, della pretesa contributiva.

2. Nel secondo motivo,con deduzione di omessa motivazione su punto decisivo, si contesta al giudice di appello di non aver effettuato l’accertamento di merito che gli veniva richiesto, in ragione della (errata) declaratoria di improponibilità dell’opposizione e si richiamano gli argomenti svolti per sostenere l’insussistenza del rapporto di lavoro subordinato cui si riferiva la pretesa contributiva degli enti previdenziali.

3. Il primo motivo è infondato.

4. La giurisprudenza di questa Corte è assolutamente costante nel ritenere che qualora l’opposizione alla cartella esattoriale avente ad oggetto il pagamento di contributi previdenziali sia stata proposta non per vizi di forma ma come nella specie per contestare nel merito la pretesa di riscossione, il termine per la relativa proposizione è quello, di natura perentoria, previsto nel D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, (vedi, fra tante, Cass. nn. 4506 e 14692 del 2007, nn. 6674 e 17978 del 2008; n. 25208 del 2009).

In particolare, quanto alla ritenuta perentorietà, le riferite decisioni sottolineano che si tratta di caratteristica intrinseca al termine in esame (perchè diretto a rendere non più contestabile dal debitore il credito contributivo dell’ente previdenziale in caso di omessa tempestiva impugnazione ed a consentire così una rapida riscossione del credito medesimo) e che a una sua qualificazione in tal senso non è di ostacolo nè la mancanza di una espressa previsione legislativa, nonostante la previsione dell’art. 152 c.p.c., posto che il giudice deve pur sempre indagare se, indipendentemente dal dettato normativo, un termine, per lo scopo che persegue e per la funzione che adempie, debba essere rigorosamente osservato a pena di decadenza, nè il fatto che l’iscrizione a ruolo avvenga senza un preventivo accertamento giudiziale, non ignorando l’ordinamento titoli esecutivi formati sulla base di un mero procedimento amministrativo dell’ente impositore.

5. In conclusione, secondo il consolidato indirizzo di cui si è riferito e che questo Collegio condivide il termine di cui si controverte ha carattere perentorio e riguarda l’opposizione sul merito della pretesa di riscossione, non già (come sostiene la società ricorrente) il procedimento di esecuzione, per il quale dispone espressamente il citato D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 29, comma 2, nel senso che :” le opposizioni all’esecuzione ed agli atti esecutivi si propongono nelle forme ordinarie”, e quindi nei termini e con le modalità previsti dall’art. 615 (per le controversie relative all’esistenza ed alla validità del titolo esecutivo nonchè alla pignorabilità dei beni) e art. 617 (per le controversie relative alla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto ed alla regolarità dei singoli atti di esecuzione) del codice di rito.

6. Si aggiunga che la ricostruzione del sistema di impugnazione del ruolo esattoriale in materia di crediti previdenziali nei sensi appena precisati neppure fa sorgere (vedi Cass. n. 14692/07 citata) dubbi di legittimità costituzionale per asserito contrasto con l’art. 24 Cost., poichè il diritto di difesa del debitore è previsto e tutelato dalle norme di legge in esame, mentre rientra nelle facoltà discrezionali del legislatore la previsione dei termini di esercizio del diritto di impugnazione. Del resto, la stessa Corte Costituzionale, con ord. n. 111/07 ha ritenuto, in riferimento all’art. 111 Cost., manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 46 del 1999 cit., art. 24 laddove attribuisce agli enti previdenziali il potere di riscuotere i propri crediti attraverso un titolo (il ruolo esattoriale, da cui scaturisce la cartella di pagamento) che si forma prima e al di fuori del giudizio e in forza del quale l’ente può conseguire il soddisfacimento della pretesa a prescindere da una verifica in sede giurisdizionale della sua fondatezza, osservando, da un lato, che non è irragionevole la scelta del legislatore di consentire ad un creditore, attesa la sua natura pubblicistica e l’affidabilità derivante dal procedimento che ne governa l’attività, di formare unilateralmente un titolo esecutivo, e, dall’altro lato, che è rispettosa del diritto di difesa e dei principi del giusto processo la possibilità, concessa al preteso debitore, di promuovere, entro un termine perentorio ma adeguato, un giudizio ordinario di cognizione nel quale far efficacemente valere le proprie ragioni, sia grazie alla possibilità di ottenere la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo e/o dell’esecuzione, sia grazie alla ripartizione dell’onere della prova in base alla posizione sostanziale (e non già formale) assunta dalle parti nel giudizio di opposizione.

7. Sulla base degli indicati principi, nessuna censura può muoversi alla sentenza impugnata e alla relativa declaratoria di inammissibilità, per tardività, della opposizione proposta dalla Edilizia Venafrana s.r.l.; rimando assorbita, per l’effetto, la deduzione di mancata considerazione del merito della vicenda di cui al secondo motivo di ricorso.

8. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 10,00 per esborsi e in Euro duemila per onorari in favore di ciascuna delle parti costituite nel giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2010

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