Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9170 del 23/04/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9170 Anno 2014
Presidente: DI BLASI ANTONINO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 24856-2009 proposto da:
DEMOCRATICI DI SINISTRA FEDERAZIONE LIVORNESE in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA PREMUDA 18,
presso lo studio dell’avvocato RICCI EMILIO NICOLA,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
LESSI MARIA PIA giusta delega in calce;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI PONTEDERA in persona
del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati
in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

Data pubblicazione: 23/04/2014

GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende
ape legis;
– controri corrente non chè contro

AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA, AGENZIA DELLE ENTRATE

– intimati –

avverso la sentenza n. 44/2008 della COMM.TRIB.REG.
di FIRENZE, depositata il 25/09/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/03/2014 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO TERRUSI;
udito per il ricorrente l’Avvocato RAIMONDI delega
Avvocati RICCI e LESSI, che si riporta agli scritti
difensivi;
udito per il controricorrente l’Avvocato MELONCELLI
che si riporta al controricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per il rinvio a nuovo ruolo per integrazione del
contraddittorio al primo Giudice.

UFFICIO DI ROMA;

24856-09

Svolgimento del processo
L’ufficio

di

Pontedera

dell’agenzia

delle

entrate

rettificò il valore di un terreno posto nel comune di
Rosignano Marittimo, acquistato dalla federazione
livornese dei Democratici di Sinistra (DS) con atto notar

D’Errico del 16 maggio 2002, rideterminando le maggiori
imposte di registro, ipotecaria e catastale.
L’atto, impugnato dalla federazione del partito politico,
venne annullato dalla commissione tributaria provinciale
di Pisa per l’asserita violazione dell’art. 7 della 1. n.
212 del 2000, posto che era mancata l’allegazione degli
atti e dei documenti richiamati, e che quelli indicati
erano stati parziali e generici.
La sentenza venne riformata dalla commissione tributaria
regionale della Toscana, sul rilievo che l’avviso aveva
richiamato una perizia di

stima dell’agenzia del

territorio, a sua volta indicativa degli atti presi come
riferimento della rettifica di valore, ai sensi degli
artt. 51 e 52 del d.p.r. n. 131 del 1986; mentre non era
richiesto, ai fini della validità dell’avviso, che gli
atti richiamati fossero anche allegati allo stesso,
essendosi trattato di atti pubblici di cui il privato
poteva conseguire la disponibilità in ogni momento.
La federazione dei DS ha proposto ricorso per cassazione
contro la sentenza d’appello, deducendo tre motivi.
L’amministrazione ha replicato con controricorso.
Motivi della decisione

1

I. – Col primo motivo, deducendo violazione e falsa
applicazione dell’art. 29 del d.lgs. n. 546 del 1992,
parte ricorrente si duole del non avere la commissione
tributaria regionale disposto la riunione della causa a
quella avente a oggetto il ricorso proposto avverso il
medesimo atto impositivo dalla parte venditrice; causa che

asseritamente si assume decisa con esito opposto.
Il motivo è inammissibile.
Va innanzi tutto osservato che non risulta dalla sentenza,
né in termini di autosufficienza emerge dal ricorso, che
un’istanza di riunione sia stata prospettata nel senso
indicato dalla federazione ricorrente, per cui in
definitiva non si rinviene la statuizione preliminare (di
rigetto di un’istanza di riunione) presupposta dal motivo
di censura.
A ogni modo è decisivo notare che la ricorrente non può
dolersi della omessa riunione dei giudizi, trattandosi di
provvedimento discrezionale ordinatorio del processo.
M – Col secondo motivo, deducendo violazione e falsa
applicazione dell’art. 7 della l. n. 212 del 2000 e
dell’art. 52 del d.p.r. n. 131 del 1986, la ricorrente
chiede di dire, nel predisposto quesito di diritto, se, a
norma dell’art. 7, gli atti richiamati nell’avviso di
rettifica debbono essere allegati o almeno riprodotti nei
loro elementi essenziali.
Con ciò la ricorrente implicitamente eccepisce che tale
riproduzione non vi era stata nel caso di specie.

2

Il motivo è inammissibile perché suppone un accertamento
di fatto in ordine al contenuto dell’avviso di rettifica,
che, in violazione del principio di autosufficienza, non
risulta trascritto nel corpo del ricorso per cassazione.
Può osservarsi che la commissione tributaria regionale ha
reso la decisione sul distinto presupposto che l’avviso di

rettifica aveva fatto riferimento a una stima dell’agenzia
del territorio a sua volta attestata sul contenuto di atti
pubblici specificamente indicati.
Poiché, in tema di imposta di registro, l’avviso di
rettifica non è atto processuale, ma amministrativo, la
cui legittimità è necessariamente integrata dalla
indicazione dei presupposti di fatto e dalle ragioni
giuridiche poste a suo fondamento, ne consegue che il
giudizio attinente alla completezza del contenuto è un
giudizio di fatto, rimesso esclusivamente al giudice del
merito.
Tale giudizio, da un lato è sindacabile in cassazione sul
solo versante della congruità e completezza della
motivazione, dall’altro suppone una critica comunque
incentrata sulla specifica indicazione del contenuto
dell’atto che ne costituisce oggetto.
Difatti costituisce orientamento assolutamente pacifico
che, quanto alle controversie in materia tributaria, in
base al principio sancito dall’art. 366 c.p.c., qualora il
ricorrente censuri la sentenza di una commissione
tributaria regionale sotto il profilo della congruità del
giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso

3

di accertamento è necessario, a pena di inammissibilità,
che il ricorso ne riporti testualmente i passi che si
assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine
di consentirne la verifica esclusivamente in base al
ricorso medesimo (v. tra le più recenti Cass. n. 9536-13;

Nel caso di specie, come s’è detto, è da constatare che i
tratti salienti del contenuto dell’avviso di rettifica non
sono stati dalla ricorrente riferiti.
III.

– Il terzo motivo denunzia la carenza e la

contraddittorietà della motivazione della sentenza ai
sensi dell’ art. 360, n. 5, c.p.c..
Anche il terzo motivo è inammissibile.
Risulta

omessa,

infatti,

in

apposita

sintesi,

la

specificazione del fatto controverso, decisivo per il
giudizio, con riguardo al quale la motivazione della
sentenza andrebbe ritenuta carente.
IV. – All’inammissibilità dei motivi consegue il rigetto
del ricorso.
Le spese processuali seguono la soccombenza.
p.q.m.

n. 8312-13; n. 1212-11).

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle
spese processuali, che liquida in euro 12.000,00 per
compensi, oltre le spese prenotate a debito.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta

iiiiPOOSTATO IN CANCELLERIA

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