Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 917 del 20/01/2021

Cassazione civile sez. I, 20/01/2021, (ud. 19/11/2020, dep. 20/01/2021), n.917

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9449/2019 proposto da:

S.M., rappresentato e difeso dall’avv. Uljana Gazidede;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso la sentenza n. 355/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 12/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/11/2020 da Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

S.M., cittadino del (OMISSIS), ha proposto ricorso per cassazione avverso sentenza della Corte d’appello di Bari, in data 12 febbraio 2019, che ha rigettato il gravame avverso l’impugnata sentenza di rigetto della sua domanda di protezione internazionale e umanitaria, che il cittadino straniero aveva motivato riferendo che i ribelli della Casamance avevano cercato di arruolarlo forzatamente per farlo partecipare all’attività di guerriglia.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

il primo motivo, con il quale il ricorrente lamenta la mancata audizione personale, avendo egli specificamente chiesto in appello di rinnovare l’istruttoria, è inammissibile, non confrontandosi con la ratio decidendi con cui la corte territoriale ha evidenziato il difetto di specificità del motivo di gravame con il quale l’appellante non aveva specificato “sotto quali aspetti vi sarebbe stata errata traduzione e quale sarebbe il diverso racconto non considerato” che, in tesi, avrebbe potuto determinare una decisione in senso diverso; nel motivo il richiedente si limita a riferire che mediante l’audizione personale senza l’ausilio di un interprete egli avrebbe potuto dimostrare la conoscenza della lingua italiana, ma si tratta di una asserzione astratta e inidonea a scalfire la ratio decidendi emergente dalla sentenza di primo grado (confermata dalla corte di appello) circa la inattenbilità del racconto e l’insussistenza di profili di vulnerabilità ai fini della protezione umanitaria;

il secondo motivo, che denuncia la violazione dei principi vigenti in tema di cooperazione istruttoria, è inammissibile, risolvendosi in una impropria richiesta di rivisitazione di apprezzamenti di fatto operati dai giudici di merito, a proposito del giudizio di inattendibilità del racconto del richiedente e della insussistenza in concreto, come risulta da fonte informativa citata, di rischi persecutori e di danno grave nel caso di rimpatrio nel paese di provenienza;

il ricorso è inammissibile;

non si deve provvedere sulle spese, non avendo il Ministero dell’interno svolto attività difensiva.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2021

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