Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 916 del 17/01/2011

Cassazione civile sez. lav., 17/01/2011, (ud. 17/11/2010, dep. 17/01/2011), n.916

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7880-2007 proposto da:

Z.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA

38, presso lo studio dell’avvocato PANARII BENITO, rappresentato e

difeso dall’avvocato MORDENTI SILVANO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.M.S.A. – AZIENDA MILANESE SERVIZI AMBIENTALI S.P.A., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA ANTONIO GRANISCI 14, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO

HERNANDEZ, rappresentata e difesa dall’avvocato GOFFREDO MASSIMO,

giusta, delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 540/2006 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 29/06/2006 R.G.N. 623/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/11/2010 dal Consigliere Dott. SAVERIO TOFFOLI;

udito l’Avvocato DINACCI GIAMPIERO per delega GOFFREDO MASSIMO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Milano confermava la sentenza di primo grado del Tribunale della stessa sede, con cui era stata rigettata la domanda proposta da Z.P. contro la AMSA s.p.a., di impugnativa del licenziamento adottato nei confronti del medesimo per superamento del periodo di comporto (cioè di conservazione del posto di lavoro in caso di malattia).

La Corte d’appello, premesso che in relazione a tale tipo di licenziamento, assimilabile piuttosto ad un licenziamento per giustificato motivo oggettivo che a un licenziamento disciplinare, non può propriamente parlarsi di “contestazione” delle assenze, e che il datore di lavoro può limitarsi ad indicare il numero complessivo delle assenze nel periodo e non deve necessariamente indicare i singoli giorni di assenza, riteneva che il giudice di primo grado aveva correttamente interpretato la norma contrattuale, escludendo dal computo i giorni di assenza per infortunio e determinando il cd. limite esterno del computo nel periodo di validità del contratto, di quattro anni. Più precisamente, ricordava che il CCNL (art. 38, commi 3 e 4) non prevede un limite esterno, che deve essere individuato facendo ricorso ad un criterio equitativo, al fine di applicare il periodo di 365 giorni a più malattie. In effetti, la previsione contrattuale di considerare continuazione della malattia quella che interviene non oltre 90 giorni dalla ripresa effettiva dell’attività lavorativa consentiva di sommare più malattie ai lini del raggiungimento del limite interno di 365 giorni, ma non di ripartire da zero quando il rientro avviene oltre i 90 giorni.

Nella specie il lavoratore, come risultava dal prospetto analitico prodotto dall’AMSA, era stato assente per 453 giorni, superando il periodo di 365 giorni nell’arco di tre anni (dal 31.5.1999 al 9.4.2001, senza considerare le assenze da infortunio). Rispetto alla comunicazione della società del (OMISSIS) circa il numero delle assenze, diretta a mettere in guardia il lavoratore rispetto al superamento del periodo di comporto e indurlo eventualmente a chiedere l’aspettativa, il lavoratore avrebbe dovuto semmai chiedere un aggiornamento, senza poter tare affidamento su un computo eseguito dall’azienda molto tempo prima e specificamene ad altri fini.

Lo Z. ricorre per cassazione con tre motivi. L’AMSA – Azienda milanese servizi ambientali resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo denuncia falsa applicazione dell’art. 416 c.p.c., comma 3 lamenta che la documentazione consistente nei certificati relativi ai giorni di assenza per malattia e infortunio sia stata depositata tardivamente dalla società convenuta, sulla base di autorizzazione non motivata del giudice, oltre un anno dopo la costituzione in giudizio, dopo che era intervenuta la decadenza dal diritto alla produzione, mentre precedentemente tale parte si era limitata a produrre il cd. contatore delle assenze, cioè la cartella nella quale sono annotate le assenze del lavoratore nel loro complesso.

formula il seguente quesito di diritto: “Secondo la Corte di cassazione il giudice del lavoro può decidere e fondare la propria decisione su un documento prodotto in violazione del disposto normativo ex art. 416 c.p.c., comma 3 e quindi oltre il termine della costituzione per mera inerzia processuale?”.

Il motivo è qualificabile come inammissibile, in quanto, come è riferito nello stesso ricorso, la produzione in questione avvenne sulla base di autorizzazione del giudice, al quale tale potere è conferito dall’art. 421 c.p.c., comma 2, con la conseguenza che le censure avrebbero dovuto eventualmente essere specificamente formulate rispetto alla legittimità del relativo provvedimento.

I secondo motivo denuncia falsa ed erronea applicazione dell’art. 38 del CCNL per i lavoratori delle aziende municipalizzate di igiene urbana. Nello svolgimento del motivo sono ravvisabili varie doglianze: accertamento del superamento del limite di 365 gg. senza precisazione del criterio utilizzato; errore di calcolo nel computo dei giorni di malattia, visto che essi risultavano essere 351 nel periodo dal 31.5.1999 al 13.9.2000 e 44 nel periodo dal 20.12.2000 al 9.4.2002, mentre non avrebbe potuto farsi la somma di tali due numeri in relazione al tenore della norma contrattuale, essendo trascorsi oltre 90 giorni senza malattia dopo il primo periodo; motivazione non condivisibile circa la non rilevanza dell’errore indotto nel lavoratore dalla erronea comunicazione aziendale del (OMISSIS).

Viene formulato il seguente quesito di diritto: “Secondo la Corte di cassazione la ripresa effettiva dell’attività lavorativa per un periodo di oltre 90 giorni di calendario consente di azzerare i giorni di assenza a causa di precedente malattia?”.

li motivo deve quindi ritenersi focalizzato solo sulla censura della valorizzazione da parte del giudice di merito di un comporto per sommatoria di due gruppi di assenze distanziati di oltre 90 giorni.

La censura in effetti è qualificabile come inammissibile, in quanto, mentre il giudice di appello ha sinteticamente ma sufficientemente chiarito le ragioni giuridiche del suo operato, specificando in sostanza che la norma contrattuale equipara la malattia ripresa entro 90 giorni a una malattia continuativa, ma non regola l’ipotesi di malattie da considerare distinte, rispetto alle quali devono trovare applicazione i principi sulla individuazione in via equitativa (ex art. 2110 c.c.) dei limiti della conservazione del posto di lavoro, il ricorso non precisa le ragioni della sua contestazione, che potrebbero ricollegarsi tanto alla tesi che il contratto collettivo escluderebbe positivamente la rilevanza ai fini del licenziamento di morbilità di tipo diverso da quelle da esso previsto, tanto alla esclusione della possibilità di integrare ex art. 2110 c.c. un disciplina non esauriente dettata dalla contrattazione collettiva. E’ opportuno peraltro ricordare che questa Corte ha ritenuto che l’art. 38 del CCNL per le imprese multiservizi e di igiene urbana regoli solo due ipotesi di “comporto secco” (malattia continuativa di oltre 365 giorni e malattia di oltre 365 considerando a ripresa dell’infermità sopravvenuta entro i 90 giorni dalla ripresa del servizio) mentre sia estranea alla previsione collettiva l’ipotesi di ricaduta nella malattia dopo più di 90 giorni, e sia regolata da principi sul “comporto per sommatoria”, con valutazione secondo equità ex art. 2110 c.c. (Cass. 6341/2009), così come affermato dal giudice di appello.

Il terzo motivo denuncia violazione della L. n. 604 del 1966, art. 2 per inadeguata indicazione della causale del licenziamento nella relativa lettera di intimazione. Al riguardo si sostiene che tale lettera non contiene alcuna indicazione circa il numero dei giorni di assenza, nè tanto meno alcun riferimento al periodo di maturazione del superamento del comporto.

Il motivo è qualificabile come inammissibile, in quanto deduce la violazione di regole di diritto, mediante una doglianza generica, non suffragata da dati di fatto ricavabili dalla sentenza impugnata e neanche correlata a una censura di vizio di motivazione.

Il quarto motivo deduce contraddittorietà ed erroneità della motivazione su punti decisivi. Il motivo inammissibile in quanto si limita a riproporre in maniera generica ed apodittica le doglianze di mancato rispetto del CCNL nel computo dei giorni di assenza per malattia e di valutazione di idoneità della comunicazione del licenziamento.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio vengono regolate facendo applicazione del criterio legale della soccombenza (art. 91 c.p.c).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente le spese del giudizio determinate in Euro 16,00 oltre Euro tremila per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA secondo legge.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2011

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