Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9157 del 16/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 16/04/2010, (ud. 17/03/2010, dep. 16/04/2010), n.9157

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17551-2007 proposto da:

TUTTO LEGNO DI BADANO & C. SNC in persona del legale

rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE PARIOLI 43,

presso lo studio dell’avvocato D’AYALA VALVA FRANCESCO, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati ODINO LUIGI, MARONGIU

GIANNI, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI GENOVA in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIALE GIULIO CESARE 14 A-4, presso lo studio

dell’avvocato PAFUNDI GABRIELE, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ODONE EDDA, giusta delega a margine;

GEST LINE SPA, ora EQUITALIA POLIS SPA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA

CAVOUR, presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dagli avvocati CALISI GIOVANNI, GAVINO ERSILIO

con studio in GENOVA VIA MARAGLIANO 10/6, (avviso postale), giusta

delega in calce;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 49/2006 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA,

depositata il 12/03/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/03/2010 dal Consigliere Dott. SERGIO BERNARDI;

udito per il resistente l’Avvocato PAFUNDI, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Tutto Legno di Badano & C. s.n.c. ricorreva alla CTP di Genova avverso la cartella di pagamento della tassa di smaltimento rifiuti solidi urbani relativa all’anno 2002 notificatale per i locali utilizzati come laboratorio artigianale. Per quanto ancora rileva, deduceva che le deliberazioni del Comune di Genova che avevano approvato per l’anno in riferimento il regolamento di applicazione della Tarsu e le relative tariffe erano state impugnate davanti al TAR della Liguria, e che nell’area oggetto di imposizione erano prodotti rifiuti speciali al cui smaltimento provvedeva in proprio.

Gli enti intimati – Comune di Genova e Gest Line s.p.a. quale concessionario della riscossione – si costituivano e contestavano il ricorso, che era respinto. La CTR della Liguria ha deciso sull’appello proposto dalla contribuente con la sentenza qui gravata di ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. Il Comune ed il concessionario resistono con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In merito all’annullamento, da parte del TAR della Liguria, delle deliberazioni del consiglio comunale e della giunta municipale che avevano approvato il regolamento di applicazione della Tarsu e le relative tariffe per l’anno in riferimento (2002), la CTR ha osservato che, nell’incertezza circa l’esito finale del processo amministrativo, il Comune aveva legittimamente calcolato il tributo in base alle tariffe vigenti al momento dell’accertamento “non potendosi consentire che, a fronte di un servizio reso, chi ne ha goduto non sia tenuto a pagarne il corrispettivo. Nella fattispecie, data l’identità della ratio (che è appunto quella di evitare che un servi/io resti senza corrispettivo) trova applicazione analogica quanto dispone il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 69 per il caso di mancata emissione delle nuove tariffe, restando peraltro fermo che l’eventuale credito risultante dalla sentenza finale risultante dal processo amministrativo in corso, potrà trovare soddisfazione attraverso la domanda di sgravio o rimborso che l’interessato potrà avanzare ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 75”.

Col primo motivo di ricorso si denuncia violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 69 e L. n. 1034 del 1971, art. 33 nonchè vizio di motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Si censura l’affermazione che, nell’incertezza circa l’esito finale del processo amministrativo, potesse non tenersi conto della pronuncia del Tribunale Amministrativo Regionale, esecutiva per legge. Il motivo si conclude col quesito che invita la Corte di Cassazione a “chiarire se l’annullamento, con efficacia immediata ex tunc, della tariffa sulla base della quale il comune ha determinato nei confronti del contribuente, in forza dell’art. 69 cit., la propria pretesa tributaria a titolo di Tarsu, sia idonea ad inficiare la pretesa stessa facendo pertanto venir meno il relativo obbligo di pagamento”.

Col secondo motivo si deduce violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 69. Si sostiene che erroneamente la fattispecie sarebbe stata ricondotta alla stessa “ratio” della previsione dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 69 perchè presupposto di quella disposizione è che il Comune, nel termine del 31 ottobre, non abbia approvato le nuove tariffe da applicare per l’anno successivo mentre in questo caso l’approvazione è intervenuta, ma con atto invalido ed annullato dal giudice amministrativo. “Nel caso di annullamento per illegittimità delle tariffe approvate per un dato periodo nessuna norma prevede l’ultrattività di quelle approvate per periodi precedenti”. Il motivo si conclude col quesito che invita questa corte a “chiarire se l’art. 69 cit. nel prevedere, nel caso in cui per una data annualità non sia stata adottata la deliberazione tariffaria, la proroga dell’ultima tariffa approvata si estenda anche all’ipotesi in cui la tariffa Tarsu relativa da una data annualità sia stata annullata perchè illegittima”.

Col terzo motivo si denuncia vizio di motivazione su punto decisivo.

Si osserva che la CTR ha affermato la sopravvivenza della tariffa che era in vigore prima della approvazione di quella annullata dal TAR senza considerare che il giudice amministrativo aveva annullato anche la deliberazione comunale concernente l’approvazione del nuovo regolamento di applicazione della Tarsu, che conteneva i criteri si assimilazione dei tributi speciali non tossici agli ordinari rifiuti solidi urbani. Sussisteva quindi un diverso autonomo motivo di illegittimità della pretesa tributaria sul quale la sentenza impugnata non avrebbe motivato.

Col quarto motivo si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c.. Si osserva che il Comune non aveva invocato, nelle conclusioni di causa, la declaratoria di sopravvivenza della tariffa precedentemente approvata e la sua applicazione all’annualità in contestazione, sicchè il giudice, affermandolo, avrebbe violato il divieto di estrapetizione.

Col relativo quesito di diritto “Si chiede pertanto a codesta Ecc.ma Corte di chiarire se, in tema di Tarsu, il giudice tributario abbia il potere di applicare alla fattispecie impositiva una tariffa diversa da quella approvata per l’anno in contestazione, pur in assenza di una specifica domanda in tal senso da parte dell’ente impostore”.

Col quinto motivo si deduce violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3 ed omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Si rileva che col ricorso si era contestata la assimilazione a quelli solidi urbani dei rifiuti speciali prodotti nei locali adibiti ad attività di produzione, e si lamenta che al CTR abbia ritenuto tale assimilazione prescindendo dalla verifica della legittimità della deliberazione comunale con la quale quella assimilazione era stata disposta, recepita nel regolamento di applicazione della tassa dichiarato invalido dalla sentenza del Tar della Liguria.

1 motivi sono intimamente connessi, e si prestano ad una trattazione unitaria. Essi sono inammissibili prima che infondati, perchè non colgono il senso della sentenza che criticano e muovono da una premessa erronea.

La CTR ha affermato che, poichè l’esito del giudizio amministrativo era incerto, legittimamente l’amministrazione ha calcolato il tributo in base alle tariffe vigenti al momento dell’accertamento. Non ha pertanto affermato l’applicabilità di “una tariffa diversa da quella approvata per l’anno in contestazione”, come il ricorrente sostiene.

La osservazione circa la possibile “applicazione analogica” di “quanto dispone il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 69 per il caso di mancata emissione delle nuove tariffe” non si inserisce nella logica della motivazione (che è stata di integrale rigetto del ricorso de contribuente) ma aggiunge ai motivi della decisione una considerazione ulteriore, espressa in relazione all’ipotesi (inattuale) che la tariffa dichiarata applicabile fosse stata successivamente annullata. Considerazione affatto condivisibile, giacchè una volta eliminata retroattivamente l’efficacia della nuova tariffa si sarebbe inevitabilmente tornati alla situazione di mancata approvazione di essa, con conseguente applicazione della disposizione dell’ultima parte del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 69, comma 1. Sul piano degli effetti giuridici non v’è invero ragione di distinguere l’ipotesi di mancata adozione di un atto amministrativo da quella di eliminazione retroattiva, a seguito di annullamento, dell’atto invalidamente emesso. Ma, nella specie, “l’annullamento, con efficacia immediata ex tunc, della tariffa” (affermato dal contribuente) non sussisteva, perchè la pronuncia del Tar non era passata in giudicato, e l’efficacia di una sentenza provvisoriamente esecutiva non si estende all’effetto di accertamento, che non può essere provvisorio. L’anticipazione dell’efficacia della sentenza rispetto al suo passaggio in giudicato ha invero riguardo soltanto al momento della esecutività della pronuncia, e trova attuazione soltanto per le sentenze di condanna, mentre manca sia nelle pronunce di natura costitutiva che in quelle di accertamento (Cass. 1037/1999). Nè sussiste la lacuna motivazionale denunciata col terzo motivo, perchè le considerazioni svolte dalla CTR per affermare la permanente vigenza della tariffa valevano anche per il regolamento di applicazione del tributo. La conclusione era necessaria e di immediata evidenza, sicchè ogni ulteriore, specifico riferimento al regolamento appariva superfluo, anche con riferimento alla disposizione regolamentare che aveva confermato la assimilazione dei rifiuti speciali prodotti dalla società contribuente a quelli solidi urbani ordinari.

Va dunque respinto il ricorso, e condannata la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna la contribuente al rimborso delle spese del giudizio, liquidate in Euro 1.000,00, di cui 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2010

 

 

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