Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9156 del 10/04/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 10/04/2017, (ud. 15/12/2016, dep.10/04/2017),  n. 9156

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2320-2015 proposto da:

D.C.N. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE PARIOLI 79/H, presso lo studio dell’avvocato MARIA CRISTINA

BELLO, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCO FERRANTE, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

HONDA ITALIA INDUSTRIALE S.P.A. P.I. (OMISSIS), in legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA POMPEO MAGNO,

23/A, presso lo studio dell’avvocato GIAMPIERO PROIA, rappresentata

e difesa dall’avvocato FRANCO DI TEODORO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 652/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 04/07/2014 R.G.N. 714/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2016 dal Consigliere Dott. SPENA FRANCESCA;

udito l’Avvocato FRANCO FERRANTE;

udito l’Avvocato MAURO PETRASSI per delega verbale Avvocato FRANCO DI

TEODORO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI FRANCESCA che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso,

in subordine rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso al Tribunale di Lanciano del 26.7.2010 D.C.N., già dipendente della società HONDA ITALIA INDUSTRIALE spa (in prosieguo, per brevità, HONDA spa) impugnava il licenziamento disciplinare intimatogli in data 19-21.10.2009 chiedendo accertarsene la illegittimità e condannarsi il datore di lavoro alla sua reintegra ed al risarcimento del danno.

Il giudice del lavoro, con sentenza del 10.12.2012 (nr. 664/2012), rigettava la domanda.

La Corte di Appello di L’Aquila, con sentenza del 3.7- 4.7.2014 (nr. 652/2014), rigettava l’appello del lavoratore.

La Corte territoriale osservava che al D.C. era stata contestata la condotta tenuta in data 5.10.2009, consistita nel rifiuto di ricevere le istruzioni del capo turno – sig. P.M. – e del supervisore del controllo qualità della divisione motori – sig. R.A. – a seguito della riattivazione del sistema informatico, sulle modalità operative del controllo dei motori nonchè nella offesa, con espressioni volgari e provocatorie, nei confronti dei superiori e nella irrisione del supervisore in presenza di altri dipendenti.

Il rifiuto si era protratto per i successivi due giorni ed i motori erano stati classificati come in regola in assenza del controllo, costringendo il datore di lavoro a distogliere altri dipendenti dalle mansioni per la corretta individuazione delle anomalie.

Il comportamento configurava grave insubordinazione verso i superiori passibile di licenziamento ai sensi dell’art. 10, lett. B), punto a) del CCNL METAMECCANICA PRIVATA 2008.

La istruttoria aveva confermato il fondamento della contestazione.

La valutazione complessiva della condotta, in cui non poteva non ravvisarsi intenzionalità, integrava giusta causa di licenziamento.

Il licenziamento era proporzionato alla pregnanza dell’elemento intenzionale ed al carattere non lieve della violazione, che denotava un sostanziale e prolungato disinteresse del laVOratore al rispetto delle gerarchie aziendali e dei principi generali di correttezza e buona fede.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso D.C.N., articolato in tre motivi.

Ha resistito HONDA spa con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Si dà atto che il collegio ha autorizzato l’estensore a redigere motivazione semplificata.

1. Con il primo motivo il ricorrente ha denunziato- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c..

Ha assunto la carenza di proporzionalità della sanzione, lamentando il mancato esame da parte del giudice del merito dell’ origine della discussione nonchè dei suoi modi, luoghi, e circostanze di tempo.

Ha altresì dedotto la mancata verifica della attendibilità dei testi e contestato l’addebito.

2. Con il secondo motivo il ricorrente ha allegato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa, insufficiente contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Ha indicato quale fatto non esaminato la gravità della infrazione disciplinare alla luce del danno cagionato al datore di lavoro.

Ha assunto che la ricostruzione dei fatti era stata fondata su deposizioni testimoniali de relato senza tenere in alcun conto le deposizioni dei testi di parte -signori M. ed A.- e senza considerare che per lui era il primo giorno di lavoro nel reparto e che il caporeparto -signor S.- non gli aveva dato istruzioni.

Ha altresì lamentato la mancanza di prova circa la posizione gerarchica dei signori P. e R..

3. Con il terzo motivo il lavoratore ha dedotto- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c.. Ha denunziato la mancanza di proporzionalità della sanzione e la mancata considerazione della assenza di precedenti disciplinari e delle circostanze oggettive e soggettive dell’accaduto.

I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati in quanto connessi, sono in parte inammissibili, in parte infondati.

Sono inammissibili nel punto in cui sottopongono a questa Corte una nuova valutazione delle circostanze di fatto o comunque lamentano il mancato esame di circostanze di fatto, in particolare quanto ad antefatti, modalità della condotta, posizione aziendale dei signori R. e P..

Il giudizio di ricostruzione del fatto storico compiuto dalla Corte di merito nell’esercizio del suo potere discrezionale non è sindacabile dinanzi a questa Corte di legittimità sotto il profilo dell’errore di diritto, che attiene all’interpretazione ed all’applicazione delle norme giuridiche e non all’ accertamento degli accadimenti materiali.

Peraltro nella fattispecie neppure è deducibile il vizio della motivazione, sussistendo la preclusione di cui all’art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5, applicabile ratione temporis (il ricorso d’appello è dell’anno 2013), per la conformità dell’accertamento di fatto compiuto nei due gradi di merito.

Il motivo è infondato per quanto attiene alla dedotta violazione dell’art. 2119 c.c..

La Corte territoriale nel valorizzare la oggettiva gravità della condotta di insubordinazione, sotto il profilo della patente violazione dell’obbligo di obbedienza e della intensità del dolo, in quanto protrattasi per più giorni tanto da costringere il datore di lavoro all’impiego di altri dipendenti ed accompagnata dall’aperta offesa ed irrisione dei superiori, non è incorsa nell’errore di diritto denunziato.

Nè il giudizio è condizionato alla previa verifica della entità del danno; questa Corte ha reiteratamente affermato (ex plurimis, Cass. nr. 3168/2015 Cass. n. 19684/14, Cass. n. 16864/06 e Cass. n. 16260/04) che la tenuità del danno non è da sola sufficiente ad escludere la lesione del vincolo fiduciario e che ai fini della valutazione della proporzionalità tra fatto addebitato e recesso viene in considerazione non già l’assenza o la speciale tenuità del danno patrimoniale ma la ripercussione sul rapporto di lavoro di una condotta suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento, in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi del dipendente rispetto agli obblighi assunti.

Le spese seguono la soccombenza.

Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, (che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 100 per spese ed Euro 3.500 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 aprile 2017

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