Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9150 del 16/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 16/04/2010, (ud. 10/03/2010, dep. 16/04/2010), n.9150

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20140-2005 proposto da:

OLIP ITALIA SPA (già calzaturificio OLIP SPA), in persona

dell’Amministratore delegato pro tempore, elettivamente domiciliato

in ROMA VIA NIZZA 45, presso lo studio dell’avvocato – FIORENTINI

STEFANO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CHIAVEGATTI GIANANDREA, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 954/2004 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 04/06/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/03/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO DI DOMENICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’Appello di Venezia con sentenza dep. il 14/06/2004 ha accolto parzialmente il gravame della Amministrazione Finanziaria avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva condannato la stessa a restituire alla s.p.a. Calzaturificio Olip la somma di L. 63.000.000 oltre accessori a titolo di restituzione dell’imposta annuale di concessione governativa sulle società per contrasto con la direttiva CEE 17/07/1969, escludendo il rimborso delle annualità 1988,1989 e 1990 perchè non provata dalla contribuente la ricezione da parte dell’Ufficio della relativa richiesta di restituzione.

La società contribuente ha proposto ricorso per cassazione avverso la predetta sentenza dolendosi della violazione e falsa applicazione della L. n. 448 del 1998, art. 11 e D.P.R. n. 1199 del 1971, comma 2 per avere la Corte ritenuta recettizia la richiesta di restituzione, laddove era rilevante solo la data di spedizione, oltre che di vizio motivazionale.

L’Amministrazione non ha resistito.

La causa già rimessa rimessa alla decisione in camera di consiglio veniva rinviata alla pubblica udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Questa Corte (Cass. n. 12447/2004) ha ritenuto che in tema di rimborso della tassa di concessione governativa per l’iscrizione delle società nel registro delle imprese e al fine di verificare la tempestività della relativa istanza in riferimento al termine di decadenza triennale di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, art. 13, comma 2, sono applicabili il principio per il quale, nell’ambito dei rapporti con la Pubblica Amministrazione, anche di natura fiscale, i termini stabiliti per la presentazione dei ricorsi da parte dei privati sono osservati qualora gli stessi siano spediti in tempo utile a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, e il principio generale secondo cui, poichè gli atti impeditivi della decadenza vengono in considerazione in funzione delle conseguenze che sono chiamate a determinare a carico del diritto che deve essere esercitato, per legge o per contratto, entro un dato termine, il verificarsi di tale effetto non può essere subordinato alla ricezione di tali atti da parte del destinatario, essendo la qualifica di atti recettizi correlata ad esigenze di tutela del destinatario, non sussistenti in caso di decadenza. Ne consegue che la tempestività dell’istanza di rimborso va ancorata alla data della presentazione per la spedizione ai servizi postali, come espressamente confermato dalla L. n. 448 del 1998, art. 11, commi 2 e 3, fermo restando che l’obbligo della Pubblica amministrazione di provvedere sorge soltanto con la effettiva ricezione della istanza.

Il Collegio ritiene di fare propria tale giurisprudenza non essendo state dedotte valide ragioni contrarie.

Essendo non contestata la spedizione nei termini, ed essendo l’atto non recettizio, di conseguenza deve dedursi che nessuna decadenza s’è verificata.

La prova della ricezione, che, secondo la prospettazione della società ricorrente, non sarebbe necessaria proprio in ragione della superiore non recettizietà della richiesta, è invece necessaria non tanto per il verificarsi dell’effetto impeditivo della decadenza (per il quale è sufficiente il solo invio) ma per la considerazione, anche ovvia, che fin quando l’Amministrazione non riceve e, pertanto, non conosce la richiesta, certo non può provvedere al rimborso (si consideri per es. il caso di smarrimento della richiesta prima della consegna dell’ufficiale postale all’Amministrazione, caso in cui non potrebbe negarsi la necessità di altra richiesta, fermi gli effetti impeditivi della prima richiesta come sopra visti).

La consegna pertanto non può, ai presenti fini, considerarsi quale requisito di efficacia degli effetti impeditivi della decadenza della spedizione, perchè tale tesi sarebbe in contraddizione con il principio (giusto non potendo al mittente addebitarsi fatti successivi, quale la effettiva consegna, su cui non può influire) che la spedizione tempestiva salva dalla decadenza.

La società non ha provato la consegna (anzi, secondo la sua prospettazione, l’ha ritenuta non necessaria) onde non può, in base alle superiori premesse ritenersi l’attualità dell’obbligo restitutorio.

Nè potrebbe, infine, ritenersi che l’esercizio dell’azione giudiziaria abbia, comunque, reso edotta l’Amministrazione della richiesta,in quanto tratterebbesi di richiesta del tutto autonoma e non certo equipollente alla ricezione della richiesta originaria di cui qui si discute.

Il ricorso deve essere pertanto, rigettato.

Non si provvede sulle spese no essendosi l’Amministrazione difesa.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 10 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2010

 

 

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