Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9149 del 21/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 21/04/2011, (ud. 04/10/2010, dep. 21/04/2011), n.9149

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe V. A. – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.M.A. s.r.l., elettivamente dom.ta in Roma, piazza di Priscilla 4,

presso lo studio dell’avvocato C.S., dal quale è

rappresentata e difesa, unitamente all’avvocato Carlo Bottoli, per

procura speciale conferita con atto notar Ponzi di Monselice n.

125683 del 31 marzo 2006;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

generale dello Stato, presso cui è domiciliata in Roma, via dei

Portoghesi 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1/26/02 della Commissione tributaria regionale

di Venezia, emessa il 28 febbraio 2002, depositata il 12 marzo 2002,

R.G. 2065/99;

udita la relazione della causa svolta all’udienza del 4 ottobre 2010

dal Consigliere Dott. Giacinto Bisogni;

udito l’Avvocato Stefano Coen per la ricorrente;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso che ha concluso per la dichiarazione di

inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Ufficio delle imposte dirette di Treviso notificava alla s.r.l.

T.M.A. un avviso di accertamento per l’anno di imposta 1990 con il quale elevava di L. 40.000.000 il reddito imponibile in conseguenza del recupero a tassazione di due fatture ritenute fittizie. Proponeva opposizione la società contribuente deducendo l’avvenuto pagamento delle fatture contestate e l’effettività delle relative prestazioni.

La C.T.P. accoglieva il ricorso della T.M.A. Tale decisione è stata riformata parzialmente dalla C.T.R. che ha ridotto il maggior reddito imponibile in L. 34.286.000.

Ricorre per cassazione la s.r.l. T.M.A. deducendo in primo luogo l’ammissibilità, ai sensi dell’art. 327 c.p.c., comma 2, del ricorso per cassazione, proposto dopo il decorso del termine annuale di impugnazione per effetto dell’inesistenza della notifica dell’atto di appello e chiedendo l’accertamento della nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360 c.p.c., n. 4.

Si difende con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La società ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata perchè resa all’esito di un procedimento nullo per vizio di notificazione dell’atto di appello. Ciò in quanto l’avviso di ricevimento della notifica a mezzo posta dell’atto di appello, effettuata presso il domicilio eletto dal procuratore in primo grado della odierna ricorrente, reca le firme illeggibili tanto di colui che ha dichiarato di aver ricevuto la raccomandata indirizzata a “T.M.A. s.r.l. presso Studio Pierobon – via della (OMISSIS) – 35100 PD”, tanto dell’incaricato alla distribuzione. Secondo la ricorrente l’illeggibile firma apposta dal soggetto che ha dichiarato di aver ricevuto il plico sigillato non è infatti nè quella del rag. P.G. nè quella di qualsivoglia dipendente o collaboratore dello studio stesso e nel caso di specie manca la specificazione della qualità rivestita dal consegnatario. La ricorrente chiede pertanto che, autorizzata la presentazione della querela di falso e accertato il vizio di notificazione dell’atto di appello, previa sospensione del presente giudizio con fissazione del termine perla riassunzione della causa in ordine alla falsità dinanzi al Tribunale di Roma, la sentenza impugnata sia cassata con ogni consequenziale statuizione. Tale richiesta della ricorrente non può essere accolta. Infatti la querela di falso è proponibile anche nel giudizio di cassazione ma limitatamente ad atti del relativo procedimento, come il ricorso o il controricorso, ovvero a documenti producibili ai sensi dell’art. 372 c.p.c.. Non può invece riguardare atti o documenti in forza dei quali il giudice del merito abbia pronunciato la decisione impugnata, potendo la falsità di tali atti e documenti essere fatta valere dinanzi a tale giudice come motivo di revocazione (cfr., in fattispecie identica, Cass. civ. sezione 5^ n. 21657 del 9 ottobre 2006). Nel caso in esame la C.T.R, ha esplicitamente valutato nella motivazione la notifica dell’atto di appello dopo aver ordinato la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento che ha ritenuto validamente sottoscritto (cfr. su questo specifico punto, Cass. civ. S.U. n. 9962 del 27 aprile 2010 secondo cui nel caso di notifica a mezzo del servizio postale, ove l’atto sia consegnato all’indirizzo del destinatario a persona che abbia sottoscritto l’avviso di ricevimento con grafia illeggibile, nello spazio relativo alla firma del destinatario o di persona delegata, e non risulti che il piego sia stato consegnato dall’agente postale a persona diversa del destinatario, tra quelle indicate dalla L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 2, la consegna deve ritenersi validamente effettuata a mani proprie del destinatario, fino a querela di falso, a nulla rilevando che sull’avviso non sia stata sbarrata.

La relativa casella e non sia altrimenti indicata la qualità del consegnatario non essendo integrata alcuna delle ipotesi di nullità ex art. 160 c.p.c.).

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e, compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2011

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