Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9149 del 06/05/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 9149 Anno 2015
Presidente: BURSESE GAETANO ANTONIO
Relatore: MATERA LINA

SENTENZA

sul ricorso 20411-2009 proposto da:
GIOVANNIANDREA ORLANDO GVNRND51C221921X,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 267, presso lo
studio dell’avvocato RICCARDO CARNEVALI,

rappresentato

e difeso dall’avvocato EDOARDO TORLINI;
– ricorrente contro

2015

408

GIOVANNIANDREA ANGELO GVNNGL330081921E, GIOVANNIANDREA
ANNAMARIA GVNNMR41M531921T, GIOVANNIANDREA DOMENICA
GVNDNC51C621921M,
GVNVCN48E531921I,

GIOVANNIANDREA
GIOVANNIANDREA

VINCENZA
AGATA

Data pubblicazione: 06/05/2015

GVNGTA44C481921S, ALBERT ELSE ELISE LBRLLS37E56Z110M,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BASSANO DEL
GRAPPA 24, presso lo studio dell’avvocato MICHELE
COSTA, rappresentati e difesi dall’avvocato DOMENICO
BENEDETTI VALENTINI;

nonchè contro

GIOVANNIANDREA

ALESSANDRA,

SILVANI

MARIA,

GIOVANNIANDREA GIANNINO;

intimati

avverso la sentenza n. 274/2008 della CORTE D’APPELLO
di PERUGIA, depositata il 25/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/02/2015 dal Consigliere Dott. LINA
MATERA;
udito l’Avvocato EDOARDO TORLINI, difensore del
. ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato DOMENICO BENEDETTI VALENTINI,
difensore dei resistenti, che ha chiesto il rigetto
del ricorso e deposita nota spese;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
– Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso ‘per
l’inammissibilità del ricorso.

– controricorrenti –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 3-10-1997 ì fratelli Angelo, Anna
Maria,

Agata,

Alessandra,

Vincenza,

Domenica

e

Sante

Giovanniandrea convenivano dinanzi al Tribunale di Spoleto

Silvani, per sentir pronunciare la divisione dei beni ereditari del
padre Bernardino Giovanniandrea, secondo le disposizioni dal
medesimo dettate con i testamenti pubblici dell’8-5-1989 e 18-101993, “a modo che” venissero rispettate le quote di legittima, con le
conseguenti assegnazioni.
Costituitisi

separatamente

in

giudizio,

i

convenuti

dichiaravano di aderire allo scioglimento della comunione ereditaria
sulla base delle disposizioni testamentarie, ma, in via
riconvenzionale, chiedevano che venisse dichiarato simulato l’atto dì
vendita di un terreno, stipulato tra Bernardino Giovanniandrea e il
figlio Angelo il 18-12-1964, per rogito notaio Vinci, con il
conseguente conferimento del bene alla massa ereditaria ed
imputazione dello stesso nella quota di Angelo, salvo conguagli.
Orlando Giovanniandrea chiedeva, inoltre, in via
riconvenzionale, il rimborso, con prededuzione, della complessiva
somma di lire

32.599.600,

maggiorata degli interessi, da lui

anticipata al de cuius per la ristrutturazione della comune abitazione
in San Gragorio Ocenelli e per ulteriori incombenze. Sia Orlando che

fratelli Orlando e Giannino Giovanniandrea e la madre Maria

Giannino Giovanniandrea chiedevano altresì l’assegnazione in loro
favore dei beni già oggetto di legato Maria Silvani chiedeva, inoltre,
in via riconvenzionale, l’attribuzione di una quota pari a un quarto
del patrimonio del de cuius, nonché il diritto di abitazione nella casa

A Sante Giovanniandrea, deceduto dopo la notifica dell’atto di
citazione, succedeva la moglie Else Elise Albert, istituita erede
universale dal marito con testamento olografo.
All’udienza del 23-6-1998 Maria Silvani depositava atto di
intervento per chiedere, nei confronti di Else Elise Albert, il
riconoscimento dei suoi diritti sull’eredità del figlio, quale
legittimaria, nel caso di riconosciuta validità del testamento del
figlio stesso, o quale erede legittima, nel caso di riconosciuta
invalidità di tale testamento, con attribuzione dell’ulteriore quota
corrispondente al suo diritto di coerede.
Il Tribunale adito, con sentenza non definitiva del 26-5-1999,
dichiarava inammissibile la domanda proposta da Maria Silvani per
la riduzione delle disposizioni testamentarie del figlio Sante,
riconoscendo la validità del testamento da questi redatto e la
legittimazione di Else Elise Albert a proseguire il giudizio; rigettava
la domanda dei convenuti di collazione degli immobili oggetto
dell’atto pubblico stipulato in data 18-12-1964 tra Bernardino ed
Angelo Giovanniandrea, respingendo la tesi della simulazione della

familiare.

vendita; dichiarava inammissibile la domanda proposta dagli attori
nei confronti di Orlando Giovanniandrea con note autorizzate del 287-1998, intesa ad ottenere che agli effetti della divisione si tenesse
conto del godimento esclusivo, da parte del medesimo, di buona

Con successiva sentenza in data 3-3-2003 il Tribunale,
dichiarata aperta la successione di Bernardino Giovanniandrea,
determinava le effettive spettanze di ciascuna delle parti, recependo
la ripartizione stabilita nell’elaborato redatto dal C.T U
Avverso entrambe le predette pronunce proponeva appello
Orlando Giovanniandrea, chiedendo che in riforma delle stesse
venisse dichiarata la simulazione dell’atto di vendita stipulato in
data 18-12-1964 tra Bernardino ed Angelo Giovanniandrea e,
conseguentemente, che tale atto fosse dichiarato inefficace nei
confronti della massa ereditaria, con imputazione dell’immobile
oggetto di vendita nella quota di spettanza di Angelo
Giovanniandrea, con ogni conseguente conguaglio. L’appellante
chiedeva, inoltre, che l’usufrutto di Maria Silvani fosse limitato ai
soli terreni, e che gli venissero assegnati i beni già fatti oggetto di
legato in suo favore, salvo conguaglio in danaro in favore dei
legittimari.
A seguito di espletamento di indagini tecniche suppletive, con
sentenza non definitiva del 17-5-2007 la Corte di Appello di Perugia,

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parte dei beni caduti in successione.

in parziale riforma delle sentenze impugnate, determinava il valore
dell’intero compendio ereditario in curo 242.114,99; determinava le
quote “di diritto” di spettanza di Maria Silvani e di Else Elise Albert
e procedeva all’attribuzione dei beni alle parti, riservando la

dell’ulteriore incarico al C.T.U., che disponeva con separata
ordinanza. La Corte territoriale, per quanto rileva in questa sede,
riteneva infondato l’assunto dell’appellante, secondo cui l’atto di
vendita stipulato in data 18-12-1964 tra Bernardino ed Angelo
Giovanniandrea dissimulava una donazione. Pur dando atto
dell’indubbia valenza del contenuto del testamento dell’8-5-1989,
con il quale il de cuius aveva escluso il figlio Angelo dalla
disposizione testamentaria

( – a mio figlio Angelo avendogli già

trasferito gratuitamente una quota consistente della mia proprietà
non lascio alcun bene, in quanto ciò che egli ha preso è superiore a
quanto gli spetta per legge”), il giudice di appello rilevava che tra i
due contraenti era stata stipulata, in data 22-3-1962, una scrittura
privata avente ad oggetto la cessione degli stessi immobili fatti poi
oggetto di vendita con atto pubblico, nella quale veniva premesso
che Bernardino Giovanniandrea era debitore del figlio per “oltre lire
1.000.000)”, somma (ricevuta in prestito) che il padre non era in
grado di restituire con mezzi ordinari di pagamento; di qui la
decisione di trasferire al figlio, “a tacitazione stralcio”, complessivi

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determinazione dei conguagli all’esito dell’espletamento

ettari 2.23.60 di terreno “per il prezzo già pagato di lire 600.000”
Ciò posto, il giudice del gravame, in considerazione delle univoche
proposizioni contenute nella citata scrittura, escludeva che si fosse
trattato di una attribuzione gratuita e, in particolare, di una

trasferimento da prendere in considerazione era quello indicato nella
scrittura privata (lire 600.000) e non quello indicato, a fini
meramente fiscali, nel rogito (lire 450.000); e riteneva tale prezzo
adeguato, in considerazione della data dell’atto e della qualità dei
terreni ceduti. La Corte territoriale, inoltre, escludeva che il
Tribunale, nell’affermare che “l’atto era sì simulato ma dissimulava
una da/io in solutum e non già una donazione”, fosse incorso nel
vizio di ultrapetizione denunciato dall’appellante.
Con sentenza definitiva in data 25-6-2008 la Corte di Appello
determinava i conguagli in denaro.
Per la cassazione di entrambe le sentenze di appello ha
proposto ricorso Orlando Giovanniandrea, sulla base di due motivi.
Hanno resistito con controricorso Angelo, Anna Maria, Agata,
Vincenza, Domenica Giovanniandrea ed Else Elise Albert, mentre
Maria Silvani e Alessandra e Giannino Giovanniandrea non hanno
svolto attività difensive.
In prossimità dell’udienza il ricorrente ha depositato una
memoria ex art. 378 c.p.c.

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donazione remuneratoria. Esso rilevava, infatti, che il prezzo di

MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e
falsa applicazione degli artt. 99, 112, 329 e 442 c.p.c., nonché
l’insufficiente e contraddittoria motivazione. Deduce che con il

simulazione dell’atto di compravendita, in quanto dissimulante una
donazione a favore di Angelo, mentre gli appellati hanno chiesto il
rigetto della domanda, con ciò sostenendo che l’atto non era
simulato. Sostiene che il giudice di merito, nell’affermare che il
contratto di vendita stipulato in data 18-12-1964 tra Bernardino ed
Angelo Giovanniandrea era sì simulato, ma dissimulava una dallo in
solutum e non una donazione, è incorso nella violazione del principio

di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l’omessa, carente,
insufficiente e contraddittoria motivazione. Deduce che la Corte di
Appello, ripercorrendo l’errore del Tribunale, ha attribuito piena
validità alla scrittura privata del 22-3-1962, assumendo come prezzo
l’importo di lire 600.000 in essa indicato, mentre nell’atto pubblico
di vendita del 18-12-1964 si parla di lire 450.000. Sostiene che il
prezzo da considerare ai fini della valutazione della sua congruità è
quest’ultimo e che, in ogni caso, anche assumendo come parametro il
prezzo indicato nella scrittura privata, una corretta valutazione delle

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primo motivo di appello l’appellante ha chiesto l’accertamento della

risultanze processuali avrebbe dovuto condurre a conclusioni diverse
rispetto a quelle assunte dal giudice di appello.
2) Rileva il Collegio che, pur avendo il ricorrente dichiarato di
impugnare sia la sentenza non definitiva in data 14-6-2007 che

investono esclusivamente la prima di tali pronunce. E’ stata la
sentenza non definitiva, infatti, ad esaminare e definire ogni
questione in ordine alla validità ed efficacia dell’atto di
compravendita stipulato in data 18-12-1964 tra Bernardino
Giovanniandrea e il figlio Angelo, disattendendo l’assunto
dell’appellante, secondo cui tale atto avrebbe dissimulato una
donazione in favore dell’apparente acquirente, con conseguente
necessità di conferimento del bene alla massa ereditaria ed
imputazione dello stesso nella quota di Angelo; laddove la sentenza
definitiva si è limitata a determinare la misura dei conguagli tra i
condividenti.
Ciò posto, si osserva che i contoricorrenti hanno eccepito in
limine la mancanza di una valida dichiarazione di riserva facoltativa
di ricorso avverso la sentenza non definitiva.
L’eccezione, che investe una questione comunque rilevabile
d’ufficio, appare fondata, avendo lo stesso ricorrente dato atto, nella
memoria ex art. 378 c.p.c., che nel verbale di udienza collegiale del
5-7-2007 non risulta verbalizzata alcuna dichiarazione di riserva di

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quella definitiva in data 25-6-2008, entrambi i motivi di ricorso

ricorso contro la sentenza non definitiva del 14-6-2007 da parte del
procuratore dell’appellante.
A fronte di tale dato pacifico, nessuna rilevanza può essere
attribuita all’affermazione del ricorrente, secondo cui per mero

sola dichiarazione di riserva degli appellati e non anche quella resa
dall’appellante. Il verbale d’udienza, infatti, costituisce atto pubblico
che fa piena prova della sua provenienza dal giudice che lo forma,
quale pubblico ufficiale, e delle dichiarazioni rese dalle persone che
risultano intervenute; sicché la parte che lamenti l’omessa
verbalizzazione di dichiarazioni e richieste, per vincere l’efficacia
probatoria di tale atto, ha l’onere di proporre querela di falso (Cass.
9-3-1996 n. 1884; Cass. 18-4-2011 n. 8874).
Chiarito, dunque, che nel caso in esame non vi è stata, da parte
dell’odierno ricorrente, alcuna riserva di gravame avverso la
sentenza non definitiva della Corte di Appello, si rammenta che,
secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, in tema di
impugnazioni civili ed in ipotesi di sentenza non definitiva
pronunciata ai sensi dell’art. 279 comma 2, n. 4, c.p.c., l’effetto
riconducibile all’omessa riserva di impugnazione nel termine fissato
dall’art. 361 c.p.c., non è quello della decadenza del soccombente dal
potere di impugnare la sentenza, ma quello più limitato della
preclusione circa la facoltà di esercizio dell’impugnazione differita

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errore nel predetto verbale d’udienza sarebbe stata verbalizzata la

Ne consegue che la sentenza non definitiva può essere correttamente
impugnata entro gli ordinari termini di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c.
(tra le tante v. Cass. 8-4-2004 n. 6951; Cass. 9-1-2007 n. 212; Cass.
10-10-2014 n. 21417).

data 14-6-2007, in relazione alla quale è mancata la riserva di
gravame, è stata impugnata unitamente alla sentenza definitiva nel
settembre del 2009 e, quindi, ben oltre la scadenza del termine lungo
previsto dall’art. 327 c.p.c.
Per le ragioni esposte deve dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle
spese sostenute dai controricorrenti nel presente grado di giudizio,
liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in euro 2.700,00, di
cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 27-2-2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

Nella specie, la sentenza non definitiva di appello emessa in

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