Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9148 del 06/05/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 9148 Anno 2015
Presidente: BUCCIANTE ETTORE
Relatore: SCALISI ANTONINO

SENTENZA

sul ricorso 6581-2007 proposto da:
GRECO SILVANO GRCSVN53C10D862E, D’AMICO IMMACOLATA
DMCMCL33P41D860Y, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA L.MANTEGAZZA 24, presso lo studio MARCO GARDIN,
rappresentati e difesi dall’avvocato LORENZO DURANO;
– ricorrenti contro

2015
383

SCHIRINZI

ADDOLORATA

PARTE

COST

CON

C/RIC

SCHDLR63L68B180I, SCHIRINZI COSIMA PARTE COST CON
C/RIC

SCHCSM68A60B180U,

SCHIRINZI

ORNELLA

SCHRLL65M64C336N, SCHIRINZI ANTONIA PARTE COST CON

Data pubblicazione: 06/05/2015

C/RIC SCHNTN69B51B180G, SCHIRINZI LUCIA PARTE COST CON
C/RIC SCHLCU72T51B180L, elettivamente domiciliati in
ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo studio
dell’avvocato STUDIO GREZ, rappresentati e difesi
dagli avvocati SANDRO MARCO STEFANELLI, GIANFRANCO

controricorrenti nonchè contro

SCHIRINZI MICHELE DECEDUTO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 19/2006 della CORTE D’APPELLO
di LECCE, depositata il 16/01/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/02/2015 dal Consigliere Dott. ANTONINO
SCALISI;
udito l’Avvocato CARLUCCIO Francesco, con delega
depositata in udienza dell’Avvocato DURANO Lorenzo,
difensore dei ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento
del ricorso;

STEFANELLI;

udito l’Avvocato STEFANELLI Sandro Marco, difensore
dei resistenti che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

..

Svolgimento del processo
Michele Schirinzi, con atto di citazione del 17 marzo 1988 conveniva in
giudizio davanti al Tribunale di Brindisi, Pantaleo Greco, e premettendo: di
essere proprietario di un fabbricato, sito in Brindisi, alla via San Luigi IX,

di proprietà del convenuto, quest’ultimo realizzato, per circa metà della sua
lunghezza, in aderenza a quello di esso attore, e per altri IO metri a distanza di
circa mi. 3; che il Greco aveva iniziato a realizzare una nuova costruzione in
sopraelevazione del preesistente terreno, che tale nuovo fabbricato veniva
eseguito a filo della preesistente costruzione a piano terra e quindi alla stessa
distanza (ml. 1,50) di quest’ultima dal confine comune; che tale nuova
realizzazione era compiuta in violazione delle norme regolamentari, vigenti
nel Comune di Brindisi, in materia di distanze ed in funzione integrativa della

7‘
I•

i

disciplina di cui al codice *Aie, chiedeva, pertanto, che il Greco venisse

i

condannato ad arretrare la costruzione, di cui si dice, nel rispetto delle norme
vigenti, ovvero, di metri 12 dalla costruzione dell’istante o almeno di metri 5
dal confine, nonché il risarcimento dei danni.
Si costituiva Greco Pantaleo rilevando che il primo piano era stato edificato
sulla stessa verticale del preesistente piano terra, a seguito del rilascio, in data
21 agosto 1987, di concessione edilizia in conformità del progetto approvato
dalla CEC il 31 luglio 1987, chiedeva, pertanto, il rigetto della domanda
attorea perché infondata.
Il Tribunale di Brindisi, espletata consulenza tecnica di ufficio, con sentenza
n. 713 del 2001, rigettava la domanda dell’attore rilevando che, nel caso di
specie, la norma applicabile era quella di cui all’art. 873 cod. civ., in virtù
..

.

i

,

composto dal solo piano terra; che tale fabbricato confinava con altro edificio

delle deroghe alle diverse distanze previste dalle vigenti norme regolamentari
permesse alla luce della deliberazione n. 77 del 1985, con la quale, il
Commissario Prefettizio, aveva stabilito che ” nel caso di interventi
programmati nelle aree non (consentissero) il puntuale rispetto delle norme

confini o dal filo stradale (si sarebbe potuto ad esse) derogare, così come già
previsto dalla circolare regionale n. 344 del 1972.
Avverso tale sentenza, proponeva appello, Schirinzi, riproponendo la
domanda avanzata in primo grado e sostenendo che nessuna efficacia
normativa si sarebbe potuto riconoscere alla deliberazione del Commissario
prefettizio.
Silvana Greco e Immacolata D’Amico, eredi di Pantaleo Greco, resistevano al
gravame.
:

La Corte di Appello di Lecce, con sentenza n. 19 del 2006, accoglieva
l’appello e, dunque, la domanda proposta da Schirinzi, con la citazione
introduttiva del presente giudizio, condannava gli appellati ad arretrare la
parte di costruzione realizzata a distanza dal confine, sino al raggiungimento
di metri 5 dalla linea del confine stesso e a demolire le parti che erano state
costruite in violazione della distanza di metri cinque, condannava gli appellati
al risarcimento dei danni subiti da Schirinzi che liquidava in e. cinquemila,
oltre rivalutazione ed interessi, condannava, altresì, gli appellati al pagamento
delle spese giudiziali del doppio grado del giudizio. Secondo la Corte leccese,
la deliberazione prefettizia non aveva (e non poteva avere) alcuna efficacia
normativa, piuttosto, quella deliberazione andava intesa come segnalazione e

,

suggerimento agli organi comunali che curavano la redazione degli strumenti
2

regolamentari, vigenti ed in itinere, in materia di distanze tra fabbricati dai

i

urbanistici ad introdurre la possibilità della deroga al rispetto delle distanze in
materia urbanistica e per le ipotesi indicate nella stessa deliberazione.
Pertanto, secondo la Corte di Lecce, considerato che al momento del rilascio
della’concessione edilizia non era stato approvato il PGR., al caso in esame,
andavano applicate le norme contenute nel programma di fabbricazione,

secondo cui: per la costruzione in questione si sarebbe dovuto osservare la
distanza assoluta di metri cinque dal confine di proprietà.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da Greco Silvano ed
Immacolata D’Amico (eredi di Greco Pantaleo) con ricorso affidato a due
motivi. Gli eredi di Michele

Schirinzi (Schirinzi Addolorata, Ornella,

Cosima, Antonia, Lucia) hanno resistito con controricorso.
Con ordinanza interlocutoria, depositata in data 10 aprile 2013, questa Corte
ha ritenuto di riservare la decisione, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., su
questioni preliminari quanto all’ammissibilità del ricorso e del controricorso.
Assegnava alle parti e al pubblico ministero il termine di 60 giorni dalla
comunicazione dell’ordinanza per l’eventuale deposito di osservazioni. Greco
Silvana e D’Amico Immacolata hanno depositato memoria nei termini, mentre
la Procura Generale e i sigg. Schirinzi non si sono avvalse di tale facoltà.
Successivamente, questa Corte con ordinanza n. 23284 del 2013 rinviava la
causa a nuovo ruolo in attesa della decisione delle SU sull’ordinanza n.
10216 del 2013. Le Sezione Unite di questa Corte si sono pronunciate con
sentenza n. 15295 del 2014.
In prossimità dell’udienza pubblica, Greco e D’Amico, hanno depositato
memorie ex art. 387 cpc.
_

Motivi della decisione
T.
3

/

9

In via preliminare, va qui osservato che le Sezioni Unite di questa Corte con la
sentenza n. 15295 del 2014 hanno espresso il principio secondo cui “la morte
o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo
stesso non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano, giusta
la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che: a) la notificazione della

sentenza fatta a detto procuratore, ex art. 285 cod. proc. civ., è idonea a far
decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti della parte deceduta o
del rappresentante legale di quella divenuta incapace; b) il medesimo
procuratore, qualora originariamente munito di procura alla lite valida per gli
ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione – ad
eccezione del ricorso per cassazione, per cui è richiesta la procura speciale – in
rappresentanza della parte che, deceduta o divenuta incapace, va considerata,
,

nell’ambito del processo, tuttora in vita e capace; e) è ammissibile la
_

notificazione dell’impugnazione presso di lui, ai sensi dell’art. 330, primo
comma, cod. proc. civ., senza che rilevi la conoscenza “aliunde” di uno degli
eventi previsti dall’art. 299 cod. proc. civ. da parte del notificante”.
Pertanto, nel caso concreto, la circostanza che la notifica del presente ricorso
per cassazione fosse stato indirizzata ad un soggetto ormai defunto (Schirinzi
Michele),

tuttavia,

presso

il

procuratore

domiciliatario,

non

rende

inammissibile il ricorso e, comunque, la costituzione, in giudizio, degli eredi
ha sanato il vizio di che trattasi.

_

1.= Con il primo motivo, Silvano Greco ed Immacolata D’Amico, denunciano
un’omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato
dalle parti o, comunque, rilevabile d’ufficio, nonché la violazione e falsa
,

applicazione dell’art. 873 cc., in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 cpc. Secondo i

:
4

k

,

ricorrenti la decisione con la quale la Corte di merito ha disposto
l’arretramento della costruzione dei Greco sarebbe frutto di un’errata
valutazione dei fatti di causa che, nonostante, emersi nella loro completezza,
nel corso del giudizio, non sarebbero stati considerati o, comunque, sarebbero
stati mal interpretati. Al caso in esame, secondo i ricorrenti, non andavano

essenzialmente, perché

applicate le norme di attuazione del Piano di Fabbricazione, allora vigente,
la costruzione del Greco faceva parte di un unico

fabbricato pur diviso in due distinte costruzioni di proprietà rispettivamente
dei ricorrenti e dei resistenti. Tale unicità risulterebbe da un progetto unico

_

presentato congiuntamente dai confinanti e approvato dalla CEC il 26 ottobre
1963. A sua volta, l’area che si interponeva tra le due costruzioni (quella dei
sigg. Schirinzi e quella dei sigg. Greco) avrebbe dovuto esser considerata alla
.,

stregua di un mero vano racchiuso da due lati di un medesimo edificio, come
nel caso in cui l’unico edificio appartenga ad un unico proprietario o
costituisca

un

l’edificazione

condominio.

In

particolare,

sostengono

i

ricorrenti,

del primo piano da parte del Greco non costituiva

sopraelevazione di una nuova costruzione con obbligo di rispetto delle
distanze dalla diversa costruzione insistente su fondo finitimo quanto,
piuttosto, il naturale completamento (a norme urbanistiche ed edilizie
invariate) di un fabbricato unitario attraverso la realizzazione del primo piano
in conformità ad un progetto predisposto e presentato congiuntamente da
entrambi i proprietari (Schirinzi Michele e Greco Pantaleo) delle aree sulle
quali la costruzione è stata poi eseguita.
1.1.= Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
,
: .
5

kt

,
..
Intanto, la tesi dell’unitarietà della costruzione di cui si dice con applicazione
delle norme relative alle opere interne è stata sostenuta per la prima volta con
il ricorso in esame e non risulta sia stata sottoposta all’esame della Corte di
merito. E, comunque, si tratta di un’eccezione che non avrebbe potuto essere
rilevata d’ufficio, soprattutto, perché tutti gli elementi presenti nel giudizio di

merito e che, secondo i ricorrenti, comporterebbero l’unitarietà della
costruzione di cui si dice, ovvero, della costruzione insistente a cavallo dei
fondi di Schirinzi e Greco, non erano in grado di identificare un fabbricato in
condominio e/o come se appartenesse ad un unico proprietario. A) L’edificio
risultava essere composto da due corpi autonomi, ciascuno insistenti su lotti di
terreno separati ed autonomi, catastalmente rappresentati in particelle
appartenenti a soggetti diversi, ciascuno realizzato in parte in aderenza e in
parte ad una distanza dal confine di ml. 1,50. 13) Le distanze dei due corpi del

i
.

_

fabbricato rispetto al confine rispondevano alla normativa di cui all’art. 873
cc. al momento della realizzazione (sia pure limitatamente al piano terreno),
non derogato dagli strumenti urbanistici e dai regolamenti edilizi locali. C) La
costruzione di ciascun corpo del fabbricato veniva autorizzata con licenze
edilizie diverse e ciascuno di quei corpi era stato realizzato autonomamente ed
in tempi diversi. D) La progettazione unitaria dei due corpi di fabbricato,
approvata dalla C.E.C. (Commissione edilizia comunale) risaliva al 26 ottobre
1963, e, pertanto, dopo circa 24 anni, aveva perduto, comunque, efficacia
Pertanto, dai dati presenti nel giudizio, emergeva che le parti (Schirinzi e
Greco) congiuntamente, avevano progettato una costruzione composta da due
corpi separati e insistenti rispettivamente su terreno di loro proprietà, secondo

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t .

una visione unitaria di sviluppo edilizio del territorio, escludendo, tuttavia,
6

At

_
una comunione dei terreni su cui sarebbero sorti i due corpi di fabbrica ed
escludendo

anche

la necessità che

la costruzione

fosse

realizzata

congiuntamente, come se appartenesse ad un unico proprietario o identificasse
un condominio.

sopraelevazione e come tale doveva sottostare —come correttamente ha
indicato la Corte di Lecce, con la sentenza impugnata, al regime delle norme
vigenti al momento della sopraelevazione e non al regime legislativo vigente
all’epoca della sottostante originaria costruzione. Come è orientamento
pacifico nella giurisprudenza di questa Corte: nel caso di sopraelevazione di
un fabbricato preesistente deve essere osservata la distanza prescritta dalla
normativa di cui agli strumenti urbanistici locali, a nulla rilevando che il
.

,

fabbricato preesistente sia posto ad una distanza inferiore a quella prescritta.
2.2.= D’altra parte, come evidenzia la Dottrina più attenta, le norme contenute
negli strumenti urbanistici e nei regolamenti edilizi locali contrariamente a
quelle contenute nel codice civile, essendo dettate, essenzialmente, a tutela
dell’interesse generale, non tollerano deroghe convenzionali, in nessun caso
(e, dunque, neppure se le costruzioni insistono su fondo appartenente ad unico
proprietario): le quali se concordate sono invalide anche nei rapporti interni
tra i proprietari confinanti, salvo per questi ultimi la possibilità di accordarsi
sulla ripartizione tra i rispettivi fondi del distacco da osservare”. Sono, invece,
derogabili le norme sulle distanze di cui all’art. 873 c.c., che sono dettate a
tutela dei reciproci diritti soggettivi dei singoli, e che mirano sostanzialmente
ad evitare la creazione di intercapedini antigieniche o pericolose. In queste
ipotesi, le convenzioni tra privati si traducono in veri e propri atti costitutivi di

I .
7

2.1.= A sua volta, la situazione concreta, integrava gli estremi di una

_

,
_
servitù, in quanto comportano un sacrificio per gli immobili che avrebbero
diritto alla distanza legale.
2.— Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione e falsa
applicazione dell’art. 2909 cc. in relazione all’art. 360 n. 3 cpc. Secondo i
ricorrenti, la Corte di merito non avrebbe tenuto conto che su alcune

questioni, esplicitamente investite dalla decisione del Tribunale, nella misura
in cui ne hanno formato logica premessa, non essendo state contestate con i
motivi di appello, si era formato il giudicato. in particolare, la sentenza di
primo grado, sempre a dire dai ricorrenti, avrebbe indicato le questioni di fatto
che hanno costituito per il Tribunale il presupposto per il rigetto della
domanda attorea e quei fatti si fondavano sulla tesi dell’unitarietà del
fabbricato costruito dai sigg. Greco e Schirinzi, tanto è vero che il Tribunale
affermava” (…) dagli atti risulta quindi che le parti concordemente avevano


_

..

progettato la costruzione nei lotti di rispettiva proprietà nel rispetto delle
norme sulle distanze prescritte dal codice civile, procedendo, in un primo
tempo, all’esecuzione solo del piano terra e che a distanza di molti anni, il
convenuto, necessariamente, per completare la costruzione prevista nell’antico
progetto unitario, ha chiesto relativa concessione edilizia (…)”.

Pertanto, il

Giudice d’appello nel valutare la fondatezza della domanda proposta da
Schirinzi dovendo, necessariamente, muovere da quegli accertamenti di fatto
(coperti da giudicato) che hanno rappresentato il fondamento giuridico della
pronuncia di merito avrebbe dovuto ritenersi vincolato ai criteri seguiti dal
primo giudice, cosicché, giammai, avrebbe potuto applicare alla fattispecie in
esame la disciplina delle distanze previste per le nuove diverse costruzioni
.

dovendo, viceversa, inevitabilmente, far riferimento a quella prospettata dal

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8

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_

í

regolamento edilizio comunale per i vani interni (quali pozzi luce, chiostrine o
cortili interni) facente parte di un unico fabbricato.
2.1.= Il motivo è infondato.
A ben vedere, il Tribunale di Brindisi ha ritenuto che, al caso di specie,

(alle diverse distanze indicate dalle vigenti norme regolamentari) prevista
dalla deliberazione del Commissario Prefettizio n. 77 del 1985 e, non, invece,
perché andava applicata la normativa che prevedeva le distanze tra vani
interni ad uno stesso fabbricato. Il Tribunale, cioè, non ha affermato, né ha
presupposto, l’unitarietà della costruzione di cui si dice, che, cioè, la
costruzione costituita dai due corpi di fabbrica insistenti su terreni
rispettivamente di proprietà di Schirinzi e di Greco, identificasse un fabbricato
.i

in condominio o come se fosse di un unico proprietario, ma, al contrario, ha

.

riconosciuto che la situazione di fatto andava ricondotta alla disciplina delle
distanze “tra edifici” e, dunque, presupponendo che nel caso in esame fossero
esistenti due edifici, tanto è vero che affermava: “allo stato, pertanto, il
sottoscritto GOA può solo prendere atto della suddetta accordata deroga e
quindi ritenere applicabili alla fattispecie la norme del Codice Civile che
disciplinano le distanze “. A sua volta, il riferimento ad

_

un’unica progettazione di due corpi di fabbrica su fondi finitimi non comporta
di per sé l’identificazione di un unico fabbricato o di un fabbricato in
condominio o come se, entrambi i corpi di fabbrica, appartenessero ad uno
stesso proprietario, almeno tutte le volte in cui —come nel caso di specie- i
corpi di una costruzione, unitariamente progettati, possono essere considerati
autonomi e strutturalmente separati e, comunque, insistenti su lotti di terreno
à

.

9

andava applicata la normativa di cui all’art. 873 cod. civ. in virtù della deroga

,

i

finitimi ma autonomi anche catastalmente.
In definitiva, il ricorso va ri gettato e i ricorrenti condannati al pa gamento delle
spese del presente giudizio che verranno li quidate con il dispositivo.
P.Q.M

presente giudizio di cassazione che li quida in

e. 5.200,00 di cui E. 200,00 per

esborsi oltre spese g enerali ed accessori come per le gge.
Cosi deciso nella Camera di consi g lio della Seconda Sezione Civile della
Corte di Cassazione il 25 febbraio 2015

-.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pa gamento delle spese del

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