Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9147 del 16/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 16/04/2010, (ud. 10/03/2010, dep. 16/04/2010), n.9147

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2516/2008 proposto da:

AGENZIA GEMINI DI ENZO FERLITO & C. SAS in persona del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA

CAVOUR, presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato VIAGGIO Salvatore, giusta delega

a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA ENTRATE FISCALI DIREZIONE GENERALE DI ROMA, AGENZIA ENTRATE

FISCALI UFFICIO PERIFERICO DI GIARRE;

– intimati –

sul ricorso 3102/2008 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

AGENZIA GEMINI DI LORENZO FERLITO SAS;

– intimato –

avverso la sentenza n. 213/2006 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

CATANIA, depositata il 28/11/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10/03/2010 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Agenzia delle Entrate, Ufficio di Giarre, notificava in data 3/10/2001 avviso di accertamento alla s.a.s. Agenzia Gemini di Enzo Ferlito & c, esercente attività di agenzia per pratiche automobilistiche, con il quale accertava, per l’anno 1996, maggiori ricavi lordi rispetto a quanto emergente dalla contabilità aziendale, sulla base della presunzione di imponibilità a fini IVA di tutte le movimentazioni bancarie dell’anno, ritenute non iscritte in contabilità e non giustificate dalla contribuente.

L’atto impositivo era impugnato dalla società innanzi la Commissione Tributaria Provinciale di Catania, sul rilievo che i dati dei conti bancari erano stati annotati in contabilità e che le somme transitate sui conti erano in massima parte provviste fornite dalla clientela, non imponibili ai fini IVA, laddove le provvigioni costituivano il 10% del totale.

La Commissione Provinciale accoglieva il ricorso.

Avverso la sentenza proponeva appello l’Ufficio, sostenendo la infondatezza degli assunti della contribuente e la legittimità del proprio operato.

La Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, con sentenza n. 213/18/06 in data 14-2-06 depositata in data 28-11-06 in parziale accoglimento del gravame, determinava l’aumento del volume di affari dichiarato dalla società nella misura del 10% dell’ammontare dei versamenti emergenti dalle movimentazioni bancarie.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la società, con due motivi.

Il ricorso è iscritto al n. 2516/08 R.G..

Avverso la stessa sentenza propone ricorso per cassazione anche la Agenzia delle entrate, con tre motivi.

Il ricorso della Agenzia è iscritto al n. 3102/08 R.G..

Alla odierna udienza i ricorsi sono riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso iscritto al n. 2516/08 R.G., la società ricorrente deduce violazione o falsa applicazione di norma di diritto, nel senso che la presunzione di imponibilità ai fini IVA di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, punto 2, non opera laddove, come nel caso in esame ad avviso della ricorrente, i dati dei conti correnti bancari sono tutti transitati nelle scritture dell’imprenditore e per i prelevamenti, sono indicati i soggetti beneficiari degli stessi. Formula il seguente quesito di diritto:

“ai fini della rettifica della dichiarazione IVA i dati emergenti dai conti correnti bancari, se transitati nelle scritture contabili dell’imprenditore, non possono essere utilizzati al fine della ricostruzione presuntiva delle operazioni soggette all’imposta, per cui in tal caso non opera alcuna presunzione legale di imponibilità a favore del Fisco”.

Con il secondo motivo, deduce insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo, sotto un duplice profilo: 1) la Commissione non ha motivato sul fatto eccepito dalla contribuente che in una agenzia di pratiche automobilistiche non sono imponibili le provviste di cui all’art. 1719 c.c., nè gli oneri sostenuti in nome e per conto della clientela, ma soltanto le provvigioni; 2) la sentenza assume una inesatta registrazione dei movimenti bancari, contrariamente alle emergenze di causa, da cui emergerebbe che tali registrazioni furono effettuate, e conclude per un utilizzo degli stessi ai fini dell’aumento del volume di affari in misura del 10% dei versamenti sulla base della presunzione legale, in modo contraddittorio ed illogico.

Nel ricorso iscritto al n. 3102/08 la Agenzia con il primo motivo deduce nullità della sentenza per vizio di motivazione apparente, con violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Sostiene che la motivazione della sentenza è apodittica e non consente di cogliere la “ratio decidendi” alla base della pronuncia, concretando così la violazione di legge. Formula il seguente motivo di diritto:

“dica la Corte se incorra nel vizio di motivazione apparente la sentenza di merito che in una fattispecie in cui la rettifica dell’imponibile risulti fondata sulla operatività della presunzione D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 51, comma 2, si limiti ad escludere la legittimità della rettifica medesima sulla base di argomentazioni solo generiche, al di fuori del necessario approfondimento della circostanza se gli elementi di prova offerti dal contribuente consentano di ritenere estranee all’attività imponibile IVA le movimentazioni risultanti dai conti correnti bancari a lui intestati”.

Con il secondo motivo deduce omessa motivazione su un fatto controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Sostiene che la Commissione ha asserito che il contribuente ha assolto all’onere probatorio che gli competeva in ordine alla estraneità delle movimentazioni bancarie ad operazioni imponibili senza alcuna motivazione in ordine al fondamento di tali convincimenti.

Con il terzo, articolato motivo, la Agenzia deduce omessa motivazione su fatto controverso, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nonchè violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 15 e 51, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Espone che l’avere affermato la inosservanza da parte della contribuente degli obblighi di documentazione delle anticipazioni non imponibili, ai sensi dell’art. 15, n. 3 citato, avrebbe dovuto condurre la Commissione a considerare la imponibilità delle somme in questione, per mancanza di prova atta a vincere la presunzione posta a carico della medesima dall’art. 51 di cui sopra, concretando così sia il vizio di motivazione che la violazione di legge.

Formula il seguente principio di diritto:

“dica la Corte se violi l’art. 15 il giudice di merito che in una fattispecie come la presente ritenga non imponibili a fini IVA in quanto anticipazioni, le movimentazioni in dare ed in avere desunte dall’esame dei conti correnti bancari del contribuente pur ove non risulti osservato l’obbligo di documentazione dello stesso, indispensabile ai fini della loro sottrazione alla imposizione, e se ciò ridondi altresì nella violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51”.

Occorre prendere in considerazione in via preliminare, per motivi di carattere logico, il primo motivo della Agenzia.

Il mezzo non è fondato. La motivazione, sia pur soggetta a censura, ut infra, esiste ed è comprensibile, sia pure in parte motivata “per relationem” con gli assunti di parte, e consiste, previa constatazione che la società non aveva “del tutto osservato” gli obblighi di registrazione dei movimenti bancari, nell’accoglimento della tesi della contribuente che della somme versate in banca solo il 10% costituissero base imponibile a fine IVA in quanto provvigioni.

Il secondo motivo di ricorso della Agenzia, che riprende il primo e lo sviluppa sotto altro profilo, non è fondato.

Non corrisponde al vero che la Commissione abbia ritenuto raggiunta la prova da parte del contribuente della estraneità della operazioni bancarie rispetto alla materia imponibile. Ha infatti ritenuto in ordine all’onere di registrazione di detta movimentazione, reputato dalla stessa necessario a vincere la presunzione, che la prova offerta dalla società era parziale, concludendo che “non sembra che questi adempimenti siano stati del tutto osservati dalla parte contribuente”.

Il parziale accoglimento del gravame dell’Ufficio è fondato sul diverso opinamento della veridicità dell’assunto della società in ordine all’ammontare delle provvigioni, di cui sopra si è detto.

Il primo motivo del ricorso della società ed il secondo del ricorso della Agenzia possono essere trattati congiuntamente, in quanto aventi lo stesso oggetto, considerato da opposti punti di vista e su diversi presupposti di fatto.

Occorre infatti procedere dalla constatazione sopra esposta che la Commissione, con valutazione pur soggetta alle censure di cui infra, ha ritenuto che la società non avesse ottemperato all’obbligo di registrazione nelle scritture contabili delle somme attive e passive transitate nei conti bancari.

Ciò porta a ritenere la inammissibilità del motivo di ricorso della società, in quanto la violazione di legge contestata, ed il relativo quesito di diritto, si fondano su un dato di fatto escluso dal giudice di merito, ovvero che i dati dei conti correnti bancari siano tutti “transitati nelle scritture dell’imprenditore”. E’ ovvio che in questa sede non è possibile alcuna correzione del fatto come accertato dal giudice di appello.

Su tale ricostruzione fattuale è invece fondato il motivo di ricorso della Agenzia.

E’ infatti principio assodato di questa Corte che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 2, pone a favore dell’Ufficio la presunzione che le movimentazioni di denaro,sia attive che passive, non regolarmente registrate in contabilità, siano conseguenza di operazioni imponibili a fine IVA. Tale presunzione ammette la prova contraria, ma questa non può essere parziale o generica, dovendo invece essere specifica, e riguardare analiticamente i singoli movimenti bancari, essendo in grado di dimostrare che ciascuna delle operazioni effettuate è estranea a fatti imponibili (v. Cass. n. 1318 del 2007, n. 1739 del 2007).

Non è quindi consentito il ricorso a presunzioni semplici di carattere generale, o a valutazioni di ordine equitativo, del tutto inidonee a fondare la prova liberatoria.

La Commissione di appello ha invece fondato la decisione su un assunto di carattere generale, sulla natura dei versamenti in conto corrente come provviste date da terzi di cui solo il 10% costituivano provvigioni e quindi imponibili a fini IVA, senza idonea argomentazione di supporto ed in contraddizione con la asserzione precedente secondo la quale la società non aveva effettuato le dovute registrazioni contabili.

Al quesito di diritto deve quindi darsi risposta affermativa.

Il secondo motivo del ricorso della società risulta in parte inammissibile per mancanza di autosufficienza, in quanto assume una errata valutazione dei fatti concernenti la avvenuta registrazione dei movimenti bancari da parte della società, negata dalla Commissione e che invece si assume avvenuta, senza specificare o trascrivere i documenti da cui emergerebbe la ritualità e completezza di detta registrazione; ed in parte assorbito da quanto sopra esposto, per la palese erroneità in diritto del sistema di presunzioni di natura induttiva ed equitativa adottato dalla Commissione per individuare e calcolare la materia imponibile sottratta al Fisco, di cui la contribuente, per motivi opposti, si duole; e ciò anche in relazione al riferimento alla quota del 10% di imponibile imputato alle provvigioni sul totale dei versamenti.

La sentenza deve quindi essere cassata e rinviata per nuovo esame a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, che provvederà anche sulle spese di questa fase di legittimità.

PQM

La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il terzo motivo del ricorso della Agenzia delle Entrate, rigetta gli altri ed il ricorso della contribuente; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2010

 

 

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