Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9146 del 06/05/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 9146 Anno 2015
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: MAZZACANE VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso 11165-2009 proposto da:
BIANCALE TAGLIORETTI ANTONELLA BNCNNL21D70A323A,
TAGLIORETTI FORTUNATO TGLFTN51S07B300E, TAGLIORETTI
JOLANDA MARIA TGLLDM54469B300E, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA PASQUALE STANISLAO MANCINI 2,
presso lo studio dell’avvocato PIETRO CICERCHIA, che
2015

li rappresenta e difende;

310

ricorrenti

contro

COLOMBO

MARIA

CLMMRA30R56B300U,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE G. MAZZINI 146, presso lo

Data pubblicazione: 06/05/2015

studio dell’avvocato

EZIO SPAZIANI TESTA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato
NICOLETTA STAUDER;
controricorrente

avverso la sentenza n. 15212009 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della

causa svolta nella pubblica

udienza del 17/02/2015 dal Consigliere Dott. VINCENZO
MAZZACANE;

udito l’Avvocato CICERCHIA PIETRO, difensore deli
ricorrenti che si riporta agli atti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott.

LUCIO CAPASSO che ha concluso per il

rigetto del ricorso.

di MILANO, depositata il 20/01/2009;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 14-12-2000 Maria Colombo, comproprietaria per 1/2, quale
erede del marito Aristide Aldo Taglioretti, con Antonietta Biancale Taglioretti, Jolanda Taglioretti e
Fortunato Taglioretti, a sua volta eredi di Annibale Taglioretti, di terreni vari in Morazzone e

scioglimento della suddetta comunione.

Costituendosi in giudizio i convenuti non contestavano né il diritto alla divisione né l’entità delle
quote di spettanza dei condividenti, e chiedevano soltanto una “corretta” formazione delle quote
nel rispetto di eventuali diritti di prelazione dei confinanti coltivatori diretti.

Con sentenza non definitiva del 5-9-2005 il Tribunale adito, definitivamente pronunciando sulla
suddetta domanda e rimettendo le parti davanti a sé per il sorteggio dei lotti tra i condividenti,
ordinava la divisione dei beni in comunione con assegnazione delle porzioni mediante estrazione a
sorte dei lotti come formati dal CTU geometra Malnati nel progetto divisionale dell 1 8-11-2002 e
relativo supplemento del 9-1-2003, dichiarava interamente compensate tra le parti le spese di
giudizio, e poneva le spese di CTU, e relativo supplemento, a carico della massa.

Proposto gravame da parte di Antonietta Biancale Taglioretti, Jolanda Tagtioretti e Fortunato
Taglioretti cui resisteva Maria Colombo la Corte di Appello di Milano con sentenza del 20-1-2009
ha rigettato l’impugnazione ed ha condannato gli appellanti al rimborso delle spese del grado.

Il giudice di appello ha anzitutto ritenuto infondata l’istanza degli appellanti di sospensione della
divisione ai sensi degli artt. 717 e 1111 c.c., sia perché non ricorreva alcuna delle situazioni che
avrebbero potuto giustificare, in base alle norme anzidette, l’esercizio da parte del giudice del
potere discrezionale di proroga dello stato di indivisione (atteso che il pregiudizio paventato dagli

1

Casteiseprio (VA), conveniva in giudizio questi ultimi dinanzi al Tribunale di Varese chiedendo lo

:

appellanti, collegato alla occupazione “sine titulom da parte di terzi di alcune porzioni del mappale
1779 in Comune di Morazzone, non derivava dalla divisione immediata, bensì da altre circostanze
da essa del tutto indipendenti e non ovviabili con il semplice prolungamento dello stato di
indivisione), sia perché comunque il termine di cinque anni oltre il quale non è consentita la

del giudizio senza che alcuno dei condividenti avessero intrapreso alcuna iniziativa giudiziale per
ottenere dai terzi occupanti il rilascio delle porzioni immobiliari oggetto della domanda di
divisione.

La Corte territoriale ha inoltre rilevato l’infondatezza delle censure sollevate dagli appellanti alla
sentenza del Tribunale, considerato che, alla luce dei documentati chiarimenti forniti dal CTU nella
sua relazione integrativa nonché negli elaborati grafici alla stessa allegati, doveva confermarsi che
le porzioni del mappale 1779 abusivamente occupate da terzi, ancorché in assoluto di non
modeste dimensioni, erano certamente da qualificare di dimensioni modeste in rapporto alla
estensione complessiva del terreno, che inoltre dette porzioni interessavano in misura
sostanzialmente equivalente i due lotti (A e B) indicati nei progetto divisionale elaborato dal CTU
(circa 111 mq. quanto al lotto A, e circa 111 mq. quanto al lotto 8), e che erano comunque tali da
non incidere sulla rispettiva edificabilità; pertanto doveva escludersi che gli sconfinamenti
accertati nel giudizio potessero avere una incidenza significativa sul valore dei due lotti oggetto di
sorteggio tra i condividenti.

Avverso tale sentenza Antonella Biancale Taglioretti, iolanda Maria Taglioretti e Fortunato
Taglioretti hanno proposto un ricorso affidato a quattro motivi seguito successivamente da una
memoria cui Maria Colombo ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

2

sospensione giudiziale dello scioglimento della comunione era ampiamente trascorso nelle more

W

~P .11.1•111PRIIRIMI~

Con il primo motivo i ricorrenti, denunciando violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., premesso che
gli esponenti avevano impugnato la sentenza di primo grado deducendo l’erroneità della stessa
per non aver tenuto conto del fatto che alla divisione giudiziale si frapponeva l’ostacolo costituito
dalla presenza di casi di occupazioni abusive rilevanti e che non gravavano sui lotti in modo

moltiplicazione nella quantificazione delle aree formalmente occupate (111 mq. e 111 mq. invece
di 121 mq. e 111 mq.), e soprattutto senza calcolare la percentuale delle aree formalmente
occupate rispetto all’intero, che le occupazioni erano modeste e che gravavano in modo
sostanzialmente uguale sui due lotti, laddove il lotto B era abusivamente occupato per l’intero,
mentre il lotto A era caratterizzato da occupazioni abusive di più modesta rilevanza; ebbene in tal
modo il giudice di appello nella sostanza si è astenuto dal pronunciarsi su tale motivo.

Il motivo è infondato.

i

La sentenza impugnata, contrariamente all’assunto dei ricorrenti, si è espressamente pronunciata
sulle questioni oggetto del motivo in esame, affermando che le occupazioni degli immobili oggetto
di divisione da parte di terzi erano di dimensioni modeste, che esse comunque interessavano in
misura sostanzialmente equivalente i due lotti indicati nel progetto divisionale redatto dal CTU, e
che non incidevano sulla edificabilità degli stessi (richiamandosi a tal proposito agli elaborati grafici
allegati alla relazione integrativa del CTU stesso), cosicché era da escludere che gli sconfinamenti
accertati potessero avere una incidenza significativa sul valore dei due suddetti lotti; non sussiste
quindi la denunciata violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato, avendo
il giudice di appello esaurientemente esaminato le censure mosse al riguardo dagli appellanti alla
sentenza di primo grado.

3

equivalente, assumono che la Corte territoriale si è limitata ad affermare, sbagliando la

:

Con il secondo motivo i ricorrenti, deducendo omessa e/o insufficiente motivazione, in via
subordinata sostengono che la sentenza impugnata è priva di argomentazioni da cui sia desumibile
l’iter” logico seguito per disattendere completamente le osservazioni degli esponenti fondate su
circostanze di fatto evidenti ad una attenta disamina della

“scheda ad integrazione delle

territoriale, a fronte di specifiche censure formulate anche come motivo di impugnazione, avrebbe
dovuto illustrare le ragioni per le quali era stata acriticamente recepita la CTU espletata nel
giudizio di primo grado, senza considerare che le conclusioni ivi formulate erano state smentite
dalla circostanza evidenziata negli elaborati grafici 3-4 e 5 del supplemento peritale.

Il motivo è infondato.

Come già esposto in sede di esame del precedente motivo, il giudice di appello in relazione alle
doglianze sollevate dagli appellanti ha fatto espresso riferimento alla relazione integrativa del CTU
nonché agli elaborati grafici alla stessa allegati, giungendo alle valutazioni sopra già espresse;
avendo quindi la sentenza impugnata indicato puntualmente le fonti del proprio convincimento, si
è in presenza di una accertamento di fatto sorretto da congrua e logica motivazione, come tale
immune dai profili di censura sollevati dai ricorrenti, che tendono inammissibilmente a
prospettare una diversa valutazione delle risultanze peritali.

Con il terzo motivo i ricorrenti, denunciando violazione degli artt. 718 e 1114 c.c., rilevano che nel
procedimento di divisione il giudice, dovendo attribuire i beni in natura a ciascuna parte in
proporzione alle rispettive quote, deve prima accertare in modo rigoroso l’esatta misura di tutti i
pesi gravanti su ciascuna delle singole porzioni dei beni nelle quali gli stessi vengono suddivisi;
orbene nella fattispecie erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto che le accertate
occupazioni abusive da parte di terzi erano di modeste dimensioni, avendo sbagliato la
4

osservazioni tecniche” del 2-5-2003 e del supplemento di perizia; in particolare la Corte

:

quantificazione delle aree occupate, e non avendo calcolato la percentuale delle occupazioni
rispetto all’intero.

La censura è infondata.

Deve anzitutto ritenersi l’insussistenza nella fattispecie della denunciata violazione delle norme di

natura dei beni mobili ed immobili dell’eredità, ed il secondo la divisione in natura, se la cosa può
essere comodamente divisa in parti corrispondenti alle quote dei partecipanti; invero è
incontestato che il progetto divisionale elaborato dal CTU ha previsto la formazione di due lotti
comprendenti entrambi dei terreni, cosicché non è in discussione la divisione in natura degli
immobili oggetto di comunione tra le parti.

Tanto premesso, è agevole osservare che la Corte territoriale ha accertato, sempre sulla base della
CTU, che le porzioni del mappale 1778 abusivamente occupate da terzi, ancorché in assoluto di
non modeste dimensioni, erano certamente qualificabili di dimensioni modeste in rapporto alla
estensione complessiva del terreno, con un accertamento di fatto sorretto da logica e congrua
motivazione, come tale incensurabile in questa sede.

Con il quarto motivo i ricorrenti, deducendo violazione dell’art. 91 c.p.c. ed omessa e/o
insufficiente motivazione, censurano la sentenza impugnata per aver condannato gli appellanti al
pagamento delle spese di giudizio in quanto soccombenti, laddove gli stessi avevano avanzato
richieste pienamente legittime e giustificate, con la conseguenza che dette spese avrebbero
dovuto essere poste a carico della massa; in ogni caso il giudice di appello ha applicato in modo
automatico il principio della soccombenza senza valutare se gli appellanti avessero avanzato
eccessive pretese, se essi avessero attuato inutili resistenze, e quindi se avessero tenuto o meno
un ingiustificato comportamento processuale.
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cui agli artt. 718 e 1114 c.c., prevedendo il primo il diritto di ciascun coerede ad una parte in

La censura è infondata.

Premesso che la sentenza impugnata ha condannato gli appellanti alle spese di giudizio in quanto
soccombenti, deve rilevarsi che nei procedimenti di divisione giudiziale le spese occorrenti allo
scioglimento della comunione vanno poste a carico della massa, in quanto effettuate nel comune

di disporre la compensazione soltanto con riferimento alle spese che siano conseguite ad
eccessive pretese o inutili resistenze (vedi da ultimo in tal senso Cass. 8-10-2013 n. 22903); orbene
nella fattispecie il giudice di appello ha qualificato sia pure implicitamente come soccombente il
comportamento processuale degli appellanti che, sollevando dopo la formazione del progetto
divisionale una serie di doglianze rivelatesi tutte infondate, hanno determinato una ingiustificata
protrazione della controversia.

In definitiva il ricorso deve essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate
come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento di euro 200,00 per spese e di euro
3.500,00 per compensi.

Così deciso in Roma il 17-2-2015

Il Presidente

interesse dei condividenti, trovando invece applicazione il principio della soccombenza e la facoltà

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