Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9145 del 21/04/2011

Cassazione civile sez. III, 21/04/2011, (ud. 22/03/2011, dep. 21/04/2011), n.9145

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FILADORO Camillo – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA SICILIA 169, presso lo studio dell’avvocato PLACIDI LELIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato PREZIOSI MICHELE giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

e contro

HERA SPA (OMISSIS);

– intimati –

Nonchè da:

HERA SPA Holding Energia Risorse Ambiente (già SEABO S.p.A.)

(OMISSIS), in persona della Dott.ssa M.F., elettivamente

domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE MICHELANGELO 9, presso lo studio

dell’avvocato MITTIGA ZANDRI PATRIZIA, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato COSENTINO ANTONELLA giusta delega in calce al

controricorso e ricorso incidentale condizionato;

– ricorrenti incidentali –

e contro

R.C. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1782/2008 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

Sezione 2 Civile, emessa il 12/02/2008, depositata il 29/10/2008;

R.G.N. 1589/2004.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/03/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito l’Avvocato RAFFAELE SPERATI (per delega Avvocato MITTIGA ZANDRI

PATRIZIA);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per inammissibilità in

subordine rigetto del ricorso.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

R.C. propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna del 29 ottobre 2008, che, riformando quella di primo grado, ha respinto la sua domanda nei confronti della HERA S.p.A. – in ordine ai danni subiti a seguito di caduta mentre percorreva in bicicletta la Via (OMISSIS), che la R. assume causata dall’insidiosità del manto stradale (buca non segnalata) – affermando che doveva escludersi il carattere insidioso della situazione del fondo stradale nel punto in cui la ricorrente afferma di essere caduta dalla bicicletta.

La società resiste con controricorso, illustrato con memoria, e chiede dichiararsi inammissibile e, comunque, rigettarsi il ricorso;

propone contestualmente ricorso incidentale condizionato sulla base di due motivi.

I ricorsi vanno riuniti, essendo stati proposti avverso la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).

Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2051 e 2697 c.c. nonchè illogica, contraddittoria e insufficiente motivazione e lamenta che la Corte territoriale avrebbe erroneamente escluso il carattere insidioso della situazione del fondo stradale sulla base delle foto prodotte dall’attrice, perchè sull’accertamento del nesso causale si sarebbe formato “il giudicato” per la mancanza di contestazioni della controparte e dato che, avendo dovuto la fattispecie essere disciplinata dall’art. 2051 c.c., come sempre invocato da essa ricorrente, sarebbe stato onere della P.A. liberarsi dalla responsabilità, provando il caso fortuito, essendo sufficiente per il danneggiato provare l’evento dannoso ed il nesso di causalità.

Il motivo, nelle sue varie articolazioni, ed i relativi quesiti – intrinsecamente formulati in modo inidoneo, mancando sia del richiamo alla fattispecie concreta, sia dell’indicazione delle regole che si assumono violate dal giudicante – si rivelano inammissibili. Le censure proposte muovono, infatti, da una ricostruzione non corretta della vicenda processuale e, quindi, si rivelano “non riferibili” alla sentenza impugnata. Anzitutto, non vi è stata l’ammissione di controparte (impropriamente definita “giudicato”) sull’evento dannoso e sul nesso di causalità: nell’esposizione della sentenza impugnata si legge chiaramente che la dante causa della società resistente aveva eccepito che non era stata definita la consistenza della buca, nè indicato il carattere insidioso di essa. Inoltre, la censura non è autosufficiente nella parte in cui non puntualizza se, quando ed in quali termini sia stata prospettata nei precedenti gradi la questione dell’applicabilità dell’art. 2051 c.c. non essendo a tal fine sufficiente il generico richiamo alla comparsa conclusionale innanzi al Tribunale.

Con il secondo motivo, il ricorrente deduce violazione degli artt. 2043 e 2697 c.c. nonchè omessa motivazione su punto decisivo e formula i seguenti quesiti:

1. se sia vero che ai sensi dell’art. 2697 c.c., è chi vuoi far valere una circostanza in giudizio a dover fornire la prova della stessa e dunque era la HERA a dover fornire la prova che il ripristino del manto di asfalto non era stato ancora effettuato per validi motivi;

2. se sia vero che ai sensi dell’art. 2697 c.c. era la HERA a dover fornire la prova che l’illuminazione nel punto in cui ebbe a verificarsi il sinistro era sufficiente perchè la danneggiata potesse rendersi conto della buca esistente nel manto stradale;

3. se sia vero che l’affermazione “non mi sembra che la strada fosse illuminata” non può ragionevolmente essere interpretata nel senso che la strada fosse illuminata;

4. se sia vero che l’affermazione “l’incrocio era illuminato ma non il punto … ove cadde la ciclista” deve essere interpretato nel senso che quel “punto” non era illuminato e il giudice non può, senza averne gli elementi, ritenere che l’illuminazione posta a venti metri di distanza fosse sufficiente a consentire alla ciclista l’avvistamento della buca;

5. se sia vero che la HERA S.p.A. non è un ente pubblico;

6. se sia vero che chi ha l’incarico di effettuare lavori su un ben determinato tratto di strada, come la HERA, non può invocare la caratteristica della “notevole estensione” della cosa;

7. se sia vero che chi utilizza, come nella specie la HERA, un “materiale di per sè incoerente” per ricoprire uno scavo, può e deve prevedere che lo stesso possa facilmente sgretolarsi, aprendo, imprevedibilmente, buche nella sede stradale, con immanente pericolo per gli utenti della medesima, soprattutto per i ciclisti.

La censura non coglie nel segno sotto ogni profilo. A parte l’inidoneità, anche in questo caso, della formulazione dei quesiti – solo apparentemente analitici, ma anche qui mancanti di un preciso riferimento alla fattispecie e della chiara indicazione delle regole che il giudicante avrebbe violato. Inoltre, le censure di cui ai quesiti numeri 5 e 6 sono formulate in violazione del canone di autosufficienza del ricorso per cassazione, dato che non è specificato se, dove ed in quali termini le relative questioni siano state proposte in sede di merito, non essendo esse “riferibili” alla sentenza impugnata che non si è occupata delle stesse; quelle di cui ai numeri 1, 2 e 7, riguardanti l’onere probatorio, sono inammissibili per le ragioni espresse in relazione alla parte finale del primo motivo (mancata autosufficienza sulla proposizione nei precedenti gradi della questione dell’applicabilità dell’art. 2051 c.c.); mentre le censure di cui ai quesiti 3 e 4 prospettano un’inammissibile rivalutazione delle risultanze processuali. Rispetto a quest’ultimo profilo, la censura pone in discussione solo alcuni degli elementi e delle circostanze considerati dal giudice di appello nella ricostruzione dei fatti per escludere l’insidiosità della situazione del manto stradale. Infatti, nella sentenza impugnata, si afferma che dalle foto prodotte dalla ricorrente emergeva che lo scavo eseguito dalla dante causa dell’odierna resistente attraversava totalmente la sede stradale e in corrispondenza dei tagli del rivestimento asfaltati correnti in parallelo da un lato all’altro della strada e che esso, dopo la posa della condotta del gas, era stato riempito con materiale inerte di tipo terroso e ghiaioso.

Questo motivato apprezzamento delle risultanze di causa non è stato specificamente impugnato.

Senza contare che secondo il consolidato orientamento di questa S.C., il concetto di “insidia o trabocchetto” è caratterizzato da una situazione di pericolo occulto connotato dalla non visibilità (elemento oggettivo) e dalla non prevedibilità (elemento soggettivo) e l’indagine relativa alla sussistenza di tale situazione e della sua efficienza causale nella determinazione dell’evento dannoso è demandata al giudice del merito ed è insindacabile in sede di legittimità ove la relativa valutazione sia sorretta da congrua ed adeguata motivazione (Cass. n. 20953/06; 366/00; v. anche Cass. n. 24428/09).

L’inammissibilità del ricorso principale determina l’assorbimento di ogni decisione in ordine ai due motivi del ricorso incidentale della società resistente, esplicitamente condizionato all’accoglimento dell’impugnazione principale.

Le spese del presente giudizio possono essere compensate, ricorrendone giusti motivi, in considerazione della peculiarità delle questioni innanzi trattate.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi. Dichiara inammissibile il ricorso principale, assorbito l’incidentale. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 22 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2011

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