Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9144 del 16/04/2010
Cassazione civile sez. trib., 16/04/2010, (ud. 10/03/2010, dep. 16/04/2010), n.9144
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. BOGNANNI Salvatore – rel. Consigliere –
Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –
Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –
Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 8651/2005 proposto da:
C.M., C.O., C.S., nella qualità di ex
soci della Società CA’ D’ORO fallita, elettivamente domiciliati in
ROMA VIA PACUVIO 34, presso lo studio dell’avvocato ROMANELLI Guido,
che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato LATINI GUSTAVO
ANTONIO, giusta delega a margine;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro
tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope
legis;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 24/2003 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA,
depositata il 01/04/2003;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
10/03/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE BOGNANNI;
udito per il ricorrente l’Avvocato ERMETES, per delega dell’Avvocato
ROMANELLI, che ha chiesto l’accoglimento;
udito il P.M., in persona del Sostitutò Procuratore Generale Dott.
CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso alla commissione tributaria provinciale di Imperia S., M. e C.O. impugnavano l’avviso di accertamento, relativo a maggiorazione dell’imposta Ilor per l’anno 1992, fatto notificare alla società “Cà d’Oro di Massimo Sarnataro & C.” snc, di cui erano pure soci, e con il quale l’amministrazione comunicava di avere appurato ricavi in misura rilevante, a fronte di quanto dichiarato; il tutto con riferimento all’attività di gestione dell’Albergo (OMISSIS), come accertato nel corso di verifica compiuta da agenti della Guardia di finanza nei riguardi di quella compagine sociale. I contribuenti esponevano che l’atto impositivo era irregolari, perchè privo della necessaria motivazione; nel merito eccepivano l’infondatezza della pretesa fiscale, posto che essi erano stati di fatto estromessi dalla gestione dell’azienda da parte di altri soggetti, tali N. e Sa., e ciò sin dal mese di maggio di quell’anno. Inoltre il metodo induttivo seguito aveva determinato risultati errati, sicchè i presupposti per la rettifica erano carenti nei loro riguardi, tanto che il fallimento della società, nel frattempo dichiarato, non era stato loro esteso;
perciò chiedevano l’annullamento o quanto meno declaratoria di inefficacia di quell’avviso nei loro confronti.
Instauratosi il contraddittorio, l’ufficio eccepiva l’infondatezza dell’opposizione, atteso che si trattava di accertamento preceduto da puntuale verifica dei militari della finanza, per cui il pvc. richiamato per “relationem” costituiva elemento sufficiente ai fini della motivazione; quanto al merito deduceva che i verificatori avevano accertato tutti i dati e le indicazioni enunciati nel processo verbale di constatazione, con un volume di affari notevolmente maggiore di quanto dichiarato, trattandosi di posti letto più numerosi di quelli indicati nella licenza dell’autorità, senza che essi fossero stati riportati nella prescritta contabilità.
Il giudice adito, in accoglimento del ricorso in opposizione, annullava l’avviso di accertamento con sentenza n. 420 del 2000.
Avverso tale decisione l’agenzia delle entrate proponeva appello, cui gli appellati resistevano, dinanzi alla commissione tributaria regionale della Liguria, la quale, in parziale riforma di quella impugnata, determinava il reddito netto d’impresa, riducendo quello accertato del 50% con la pronuncia n. 24 del 2003, osservando che in realtà la società aveva avuto un volume di affari maggiore di quanto dichiarato.
Contro questa sentenza i tre C. hanno proposto il ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi.
Il Ministero dell’economia e delle finanze e l’agenzia delle entrate hanno resistito con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via pregiudiziale va osservato che le censure proposte non possono essere delibate, atteso che non era stato integrato il contraddittorio nei confronti anche della società e degli altri soci, trattandosi di compagine di persone, che comportava litisconsorzio necessario tra tutti i soggetti interessati.
Invero in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di loro.
Infatti tale controversia non ha ad oggetto una singola posizione debitoria dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta negli atti autoritativi impugnati dai C., con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente il ricorso proposto dai soggetti interessati imponeva l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio, come nella specie (Cfr. anche Sezioni Unite Sentenze n. 14815 del 04/06/2008, n. 1052 del 2007).
Ne deriva che la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTP di Imperia, altra sezione, per nuovo esame, atteso che il contraddittorio doveva essere integro tra tutte le parti interessate sin dal primo grado.
Quanto alle spese dell’intero giudizio, sussistono giusti motivi per compensarle.
P.Q.M.
LA CORTE Pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza impugnata; rinvia la causa alla CTP di Imperia, altra sezione, per nuovo esame, e compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, il 10 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2010