Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9144 del 02/04/2019

Cassazione civile sez. VI, 02/04/2019, (ud. 10/10/2018, dep. 02/04/2019), n.9144

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26071-2017 proposto da:

P.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUDOVISI 35,

presso lo studio dell’avvocato MASSIMO LAURO, rappresentato e difeso

dall’avvocato SIUSI CASACCIA;

– ricorrente –

contro

A.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL BANCO DI

SANTO SPIRITO 48, presso lo studio dell’avvocato AUGUSTO D’OTTAVI,

rappresentato e difeso dall’avvocato RENATO CODIGLIA;

– controricorrente –

contro

T.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1091/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 01/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/10/2018 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO

MARCHEIS.

Fatto

RITENUTO

CHE:

1. Con atto di citazione del 18/6/2003 P.F. proponeva opposizione avverso il decreto n. 476/2003 emesso in favore di A.L., titolare dell’omonima ditta individuale, che gli ingiungeva il pagamento di Euro 30.707,08 a titolo di residuo dell’importo del corrispettivo dovuto per i lavori di risanamento dell’immobile di proprietà dell’opponente. In via riconvenzionale, l’opponente domandava inoltre, previo accertamento dell’avvenuta risoluzione del contratto a causa delle inadempienze della ditta A., la condanna dell’opposto alle restituzioni nonchè al risarcimento del danno.

Il Tribunale di Ancona, con sentenza n. 555/2011, revocava il decreto opposto, rigettava la domanda riconvenzionale proposta da P. e, in accoglimento della domanda subordinata proposta dalla ditta A., condannava l’opponente al pagamento della somma di Euro 26.730,18.

2. Avverso tale sentenza proponeva appello P.F. e la Corte d’appello di Ancona, con sentenza n. 1091/2017, dichiarava l’impugnazione inammissibile per carenza di specificità dei motivi.

3. Contro la sentenza ricorre per cassazione P.F..

Resiste con controricorso A.L..

L’intimato T.A. non ha proposto difese.

Il ricorrente ha proposto memoria ex art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

I. Il ricorso è articolato in due motivi.

A) Il primo motivo lamenta violazione e falsa applicazione di norma in diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 342 c.p.c., per avere la Corte d’appello dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione per mancata specificazione dei motivi.

Il motivo è manifestamente infondato. Il giudice d’appello ha affermato che non sono state formulate specifiche doglianze nei confronti della sentenza impugnata relative alla esclusione della risoluzione del contratto per inadempimento della ditta appaltatrice e del risarcimento del danno richiesti dall’appellante e alla riconosciuta fondatezza, anche se in termini ridotti, della pretesa di pagamento fatta valere dalla ditta A., essendosi l’appellante limitato a riproporre le ragioni già esposte durante il giudizio di primo grado. Le affermazioni del giudice – che ha fatto espresso richiamo all’orientamento di questa Corte secondo cui la specificità dei motivi esige che, alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, vengano contrapposte quelle dell’appellante volte a incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime (cfr. Cass., sez. un., n. 16/2000, menzionata nella sentenza impugnata) – sono corrette in quanto manca nell’atto di appello (seguito da un “atto integrativo”) la specifica critica alle argomentazioni sviluppate nella sentenza impugnata, cfr. in particolare le pp. 6-7 e 8-11, ove manca il confronto critico con gli argomenti che hanno portato il giudice di primo grado a rigettare la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento e ad accogliere la domanda di pagamento (cfr., rispettivamente le pp. 3-5 e 5-6 della sentenza di primo grado).

B) Il secondo motivo – che denuncia omesso esame circa un fatto decisivo perchè il giudice d’appello, “fermandosi sulla soglia del giudizio, ha evidentemente omesso di entrare nella valutazione di ciò che il giudizio stesso ha prodotto in termini di accertamento istruttorio” – è assorbito dal rigetto del primo e in ogni caso infondato perchè l’omesso esame contestato è il merito dell’appello, non esaminato dal giudice a seguito della dichiarazione di inammissibilità dell’appello stesso.

II. Il ricorso va pertanto rigettato.

La liquidazione delle spese, effettuata nel dispositivo, segue la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente che liquida in Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-bis, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta-2 sezione civile, il 10 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2019

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