Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9141 del 19/05/2020

Cassazione civile sez. I, 19/05/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 19/05/2020), n.9141

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18099/2015 proposto da:

Banca Popolare Pugliese, gruppo Bancario Banca Popolare Pugliese

Società Cooperativa P.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via C. Mirabello 23, Sc.

B, presso lo studio dell’avvocato Natale Michela, che la rappresenta

e difende unitamente agli avvocati Bernardini Alessandra, Dell’Anna

Misurale Giuseppe, Tavormina Valerio, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

Bello Carburanti Srl, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via G. Venticinque 6,

presso lo studio dell’avvocato Polimeno Laura, rappresentata e

difesa dall’avvocato Bruni Luca, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

Banca Popolare Pugliese, gruppo Bancario Banca Popolare Pugliese

Società Cooperativa P.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via C. Mirabello 23, Sc.

B, presso lo studio dell’avvocato Natale Michela, che la rappresenta

e difende unitamente agli avvocati Bernardini Alessandra, Dell’Anna

Misurale Giuseppe, Tavormina Valerio, giusta procura a margine del

ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 381/2014 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 03/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/01/2020 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Lecce – sezione distaccata di Maglie – con sentenza n. 307/09, nella domanda di ripetizione dell’indebito proposta dalla Bello Carburanti s.r.l. contro la Banca Popolare Pugliese avente ad oggetto la rideterminazione del saldo di dare-avere tra le parti del rapporto di apertura di credito in conto corrente (acceso dalla predetta società nel (OMISSIS) presso l’allora Cassa Rurale ed Artigiana di Otranto ed estintosi il (OMISSIS)) nonchè la restituzione delle somme indebitamente versate all’istituto di credito in conseguenza dell’applicazione degli interessi debitori con rinvio agli “usi piazza”, della capitalizzazione trimestrale dei medesimi interessi debitori e della illegittima applicazione di commissioni di massimo scoperto in difetto di contrattazione, ha condannato la Banca al pagamento della somma di Euro 596.001,35, oltre accessori, provvedendo alla capitalizzazione annuale degli interessi debitori in luogo di quella trimestrale.

La Corte d’Appello di Lecce, in parziale riforma della sentenza di primo grado, previo rinnovo delle operazioni peritali, ha condannato la Banca Popolare Pugliese al pagamento della minor somma di Euro 513.251,51 oltre accessori.

Il giudice di secondo grado ha accolto sia l’appello principale proposto dalla Banca, con riferimento alla sollevata eccezione di prescrizione delle rimesse effettuate dalla società correntista nel decennio anteriore alla notifica della domanda giudiziale (2006), sia l’appello incidentale della Bello Carburanti s.r.l., escludendo quindi, per effetto della ritenuta nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale, qualsiasi forma di capitalizzazione degli interessi.

Avverso la predetta hanno proposto ricorso per cassazione la Banca Popolare Pugliese “Capogruppo Gruppo Bancario Banca Popolare Pugliese” affidandolo ad unico articolato motivo.

La Bello Carburanti s.r.l. si è costituita in giudizio con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale.

La Banca Popolare Pugliese ha depositato controricorso al ricorso incidentale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo del ricorso principale la Banca Popolare Pugliese ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 2033 e 2946 c.c., nonchè degl iartt. 1815,1820, 1843, 1183, 1373, 1826 e 1857 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Lamenta la Banca ricorrente che la sentenza impugnata, nell’aderire integralmente alle valutazioni della CTU disposta in grado di appello, non ha correttamente applicato i principi della sentenza delle S.U. n. 24418/2010 ed ha commesso macroscopici errori di diritto nell’applicazione dell’art. 1194 c.c., ossia nell’individuare i crediti liquidi ed esigibili della Banca ai quali imputare i pagamenti intervenuti nel corso del rapporto.

In particolare, sono stati violati, in primo luogo, gli artt. 2033 e 2946 c.c., avendo la Corte di merito individuato i versamenti effettuati dal correntista nel corso del rapporto ed aventi natura solutoria sulla base del “legittimo saldo” rideterminato dal CTU e non sulla base delle (debite o indebite) annotazioni della banca.

Il CTU, in sostanza, avrebbe dovuto determinare i pagamenti indebiti effettuati dal correntista sulla base del “saldo banca” sul rilievo che “anche la pretesa di un pagamento di un credito non liquido e non esigibile, che si estrinseca con un’annotazione a debito illegittima, è una pretesa indebita e, se soddisfatta, il relativo pagamento è appunto un pagamento indebito che diventa irripetibile allo scadere del termine decennale di prescrizione nel caso, come quello in esame, in cui il debitore opponga la relativa eccezione”.

La banca ricorrente ha invocato, inoltre, le altre violazioni di legge sopra indicate per avere la sentenza impugnata, alla stregua degli accertamenti del CTU, ricalcolato gli interessi e competenze relativi al fido, insieme a quelli relativi al credito in extra-fido rimasti impagati, ricongiungendoli al saldo capitale “alla chiusura del conto o alla prima rimessa dopo la scadenza dell’affidamento”.

La Corte d’Appello è quindi incorsa nell’errore di non ritenere che gli interessi convenuti tra le parti per l’utilizzazione del finanziamento concesso nella forma dell’apertura di credito siano “dovuti e perciò esigibili nella misura ed alle scadenze pattuite (nella specie trimestralmente)…” e la diversa affermazione del CTU (recepita dalla sentenza impugnata) rappresenta una palese violazione sia dell’art. 1372 c.c., sia dell’art. 1183 c.c., che sancisce che se non è determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita, il creditore può esigerla immediatamente.

2. Il ricorso principale non è fondato.

La banca ricorrente, nel censurare che la sentenza impugnata (alla luce delle conclusioni della CTU), ha individuato le rimesse solutorie sulla base del “legittimo saldo” rideterminato dal CTU, e non in relazione alle (debite o indebite) annotazioni della banca, ovvero sulla base del “saldo banca”, finisce, in sostanza, per contestare infondatamente la rideterminazione del saldo del conto corrente correttamente disposta dalla Corte d’Appello allo scopo di eliminare in ossequio a quanto disposto dalla sentenza delle S.U. n. 24418/2010 – ogni forma di capitalizzazione degli interessi debitori, e senza, peraltro, neppure aver proposto sul punto un motivo di gravame.

Proprio per sterilizzare l’effetto della capitalizzazione, la Corte d’Appello ha correttamente recepito il percorso ricostruttivo del CTU, il quale, dopo aver eliminato gli addebiti indebiti, ha ricalcolato separatamente sia gli interessi intrafido che quelli extrafido, ricongiungendoli “al saldo capitale alla chiusura del conto o alla prima rimessa dopo la scadenza dell’affidamento”.

La Banca ricorrente ritiene erroneamente che, per ottenere l’effetto della irripetibilità del pagamento indebito rispetto al quale è maturata la prescrizione, nel procedere alla rideterminazione del saldo del conto corrente ed alla individuazione delle rimesse solutorie, si debbano mantenere le indebite annotazioni effettuate dallo stesso istituto di credito.

E’, invece, evidente che per verificare se un versamento effettuato dal correntista nell’ambito di un rapporto di apertura di credito in conto corrente abbia avuto natura solutoria o solo ripristinatoria, occorre, all’esito della declaratoria di nullità da parte dei giudici di merito delle clausole anatocistiche, previamente eliminare tutti gli addebiti indebitamente effettuati dall’istituto di credito e conseguentemente determinare il reale passivo del correntista e ciò anche al fine di verificare se quest’ultimo ecceda o meno i limiti del concesso affidamento.

L’eventuale prescrizione del diritto alla ripetizione di quanto indebitamente pagato non influisce sulla individuazione delle rimesse solutorie, ma solo sulla possibilità di ottenere la restituzione di quei pagamenti coperti da prescrizione.

Inoltre, del tutto infondata è l’affermazione dell’istituto di credito formulata in termini puramente astratti – secondo cui gli interessi intrafido sarebbero esigibili “alle scadenze pattuite (nella specie trimestralmente)” e che l’inesigibilità del capitale finanziato non influirebbe sugli interessi pattuiti come corrispettivo dell’utilizzazione del finanziamento.

Non vi è dubbio che il debito per interessi, quale accessorio, debba seguire il regime del debito principale, salvo una diversa pattuizione tra le parti che dovrebbe, tuttavia, specificare una modalità di calcolo degli interessi (intrafido) idonea a scongiurare in radice il meccanismo dell’anatocismo.

Nel caso di specie, in difetto anche della mera allegazione da parte della banca dell’esistenza di una tale pattuizione, la Corte d’Appello ha correttamente individuato le rimesse solutorie eliminando dal conto corrente gli addebiti per la porzione di interessi maturati sul capitale intrafido.

3. Con il ricorso incidentale la Bello Carburanti s.r.l. ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 2935 c.c., nonchè la violazione dell’art. 2938 c.c., per avere la Corte d’Appello rilevato la prescrizione in assenza di valida eccezione.

E’ stata, inoltre, dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 167 c.p.c., per non aver la Corte d’Appello dichiarato la decadenza processuale dalla facoltà di proporre l’eccezione di prescrizione.

Lamenta la ricorrente incidentale che la Banca Popolare Pugliese si è limitata ad eccepire “l’intervenuta prescrizione del diritto alla ripetizione delle somme riscosse per essere decorso inutilmente il termine decennale da quanto il diritto poteva essere fatto valere”, mentre un’eccezione validamente proposta avrebbe richiesto l’esatta e puntuale indicazione delle singole rimesse aventi funzione solutoria effettuate dal correntista in costanza di rapporto nonchè l’allegazione del momento iniziale dell’inerzia del correntista.

4. Il ricorso incidentale è infondato.

Va osservato che, recentemente le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato, in tema di prescrizione estintiva, che l’onere di allegazione gravante sull’istituto di credito che, convenuto in giudizio, voglia opporre l’eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l’azione di ripetizione di somme indebitamente pagate nel corso del rapporto di conto corrente assistito da apertura di credito, è soddisfatto con l’affermazione dell’inerzia del titolare del diritto, unita alla dichiarazione di volerne profittare, senza che sia necessaria l’indicazione delle specifiche rimesse solutorie ritenute prescritte. (Sez. U. n. 15895 del 13/06/2019).

E’ stato, inoltre, condivisibilmente rilevato dalla predetta pronuncia che, come non si richiede ai fini della valida proposizione della domanda di ripetizione che il correntista specifichi una ad una le rimesse dallo stesso eseguite che, in quanto solutorie, si siano tradotte in pagamenti indebiti a norma dell’art. 2033 c.c., in modo simmetrico, la banca che eccepisca la prescrizione non può essere gravata dall’onere di indicare i versamenti solutori (vedi anche Cass. n. 18581/2017).

In ragione della reciproca soccombenza tra le parti sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese di lite del presente grado.

PQM

Rigetta il ricorso principale.

Rigetta il ricorso incidentale.

Compensa integralmente tra le parti le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte di entrambe le parti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2020

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