Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9140 del 21/04/2011

Cassazione civile sez. III, 21/04/2011, (ud. 03/03/2011, dep. 21/04/2011), n.9140

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FILADORO Camillo – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato LIGUORI

MICHELE, che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

MILANO ASSICURAZIONI SPA (OMISSIS), in persona del suo Dirigente

Dr. C.I., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI

PROPAGANDA 16 P.ZZA DISPAGNA, presso lo studio dell’avvocato

FAMIGLIETTI GENNARO, rappresentata e difesa dall’avvocato SPERANZA

MICHELE giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

M.P., D.M.P., D.M.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 812/2008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, 4^

SEZIONE CIVILE, emessa il 10/01/2008, depositata il 03/03/2008;

R.G.N. 1611/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2011 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito l’Avvocato SPERANZA MICHELE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 6 febbraio 2007 il Tribunale di Napoli, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta da B. S. nei confronti di Milano Ass.ni s.p.a., di M. P., di D.M.G. e di D.M.P., quali eredi di D.M.V., in relazione al sinistro verificatosi il (OMISSIS), in (OMISSIS)), dichiarò improponibile la domanda.

Proposto dal soccombente gravame, la Corte d’appello lo ha rigettato in data 3 marzo 2008.

Secondo il decidente correttamente il giudice di prime cure aveva ritenuto inidonea la lettera di messa in mora inviata dal danneggiato ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 22, essendo entrato in vigore dal 1 gennaio 2006 il D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209 – Codice delle Assicurazioni private – che all’art. 145 aveva condizionato la proponibilità dell’azione risarcitoria alla messa in mora di cui all’art. 148 della stessa legge. Detta norma, che ne dettava una rigorosa disciplina all’evidente fine di favorire la definizione delle liti in via stragiudiziale, era applicabile anche al giudizio in oggetto, introdotto con citazione del marzo 2006, trattandosi di condizione di proponibilità della domanda, da valutarsi alla stregua dell’assetto normativo vigente nel momento in cui il giudizio era stato incardinato.

Ha anche aggiunto la Curia partenopea, a ulteriore supporto della scelta adottata in dispositivo, che la novella non poteva ritenersi applicabile ai soli sinistri verificatisi in epoca successiva alla sua entrata in vigore, in ragione della chiara volontà del legislatore di abrogare le norme preesistenti.

Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione B. S., formulando un unico, complesso motivo, articolato in vari profili e illustrato da memoria.

Resiste con controricorso Milano Assicurazioni s.p.a., mentre gli altri intimati, M.P., G. e D.M. P. non hanno svolto alcuna attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 Con l’unico motivo B.S. lamenta violazione della L. n. 990 del 1969, art. 22; artt. 138, 139, 141, 144, 145, 148, 149, 150 e D.Lgs. n. 209 del 2005, artt. 3, 54; artt. 11 e 14 preleggi, art. 1374 cod. civ., artt. 3, 24 e 111 Cost., art. 6 della Convenzione Europea dei. diritti dell’uomo; mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione. Sostiene che l’opinione del giudice di merito – secondo cui alla fattispecie dedotta in giudizio, concernente un sinistro verificatosi nel dicembre del 1988, andrebbe applicata la normativa vigente al momento della proposizione della domanda – sarebbe in contrasto con il principio generale della irretroattività della legge.

Richiama anche l’esponente il disposto del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 354, comma 7, in base al quale i contratti già conclusi restano regolati dalle norme anteriori, nonchè la teoria dei diritti quesiti, volta a salvaguardare, in caso di successione di leggi nel tempo, le posizioni soggettive perfezionatesi sotto la vecchia disciplina.

L’approdo ermeneutico del giudice a quo sarebbe infine smentito dalla natura sostanziale, piuttosto che processuale, delle nuove norme;

colliderebbe col principio costituzionale di tutela dell’affidamento del cittadino nella certezza delle situazioni giuridiche; violerebbe la regola dell’interpretazione costituzionalmente orientata, in ragione della irragionevole disparità di trattamento che verrebbe a determinarsi tra i danneggiati, a seconda che al 1 gennaio 2006 abbiano o meno proposto domanda giudiziale, pur avendo ottemperato a tutti gli adempimenti imposti dalla L. n. 990 del 1969.

2 Le critiche sono fondate.

Merita puntualizzare che l’impianto argomentativo della sentenza impugnata poggia tutto sulla valenza processuale della richiesta di risarcimento disciplinata olim dalla L. n. 990 del 1969, art. 22 e ora dal D.Lgs. n. 209 del 2005, artt. 145 e 148. La natura di condizione di opponibilità dell’azione – e quindi di presupposto processuale, che deve necessariamente preesistere alla domanda – della istanza rivolta all’assicuratore imporrebbe, nella prospettiva del giudice di merito, che il riscontro della sua conformità al modello legale debba avvenire, anche d’ufficio, con riferimento alle norme vigenti all’epoca della instaurazione della lite. In particolare la messa in mora, fermi gli effetti civilistici il interruzione della prescrizione, non varrebbe a costituire in capo al danneggiato un diritto autonomamente tutelabile all’azione, perchè la mera facoltà di agire, acquisita dall’istante con l’invio della raccomandata di cui alla L. n. 990 del 1969, art. 22, avrebbe un’efficacia meramente potenziale, idonea a concretizzarsi solo all’atto dell’instaurazione del giudizio. Di talchè, in ossequio al principio di cui all’art. 11 preleggi, la disciplina da applicarsi sarebbe quella vigente nel momento in cui il diritto al risarcimento viene giudizialmente azionato, in tale cotesto la raccomandata a suo tempo inviata dall’attore, il cui contenuto era sufficiente a soddisfare gli oneri infermativi imposti dalla L. n. 990 del 1969, art. 22, ma non quelli, ben più dettagliati, sanciti dal D.Lgs. n. 209 del 2005, artt. 145 e 148, avrebbe perso ogni utilità processuale.

3 Ritiene il collegio che siffatto iter motivazionale sia corretto nelle premesse, ma sbagliato nello snodo centrale e, quindi, nelle conclusioni.

Non è qui in discussione la natura giuridica di presupposto processuale dell’adempimento di cui si discute. E sufficiente al riguardo considerare che la preesistenza alla proposizione della domanda della richiesta all’assicuratore di risarcimento del danno, con annesso spatium deliberano. di sessanta (o novanta giorni, in caso di danno alle persone, secondo la nuova disciplina), è congruente alla trasparente ratio legis di favorire la liquidazione stragiudiziale dell’indennizzo e, quindi, di prevenire la lite, evitando spese improduttive e limitando il contenzioso in materia. Ed è altresì pacifico che la mancanza di siffatta istanza, in quanto causa di improponibilità dell’azione, è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo (Cass. civ. 2 luglio 2010, n. 15733;

Cass. civ. 25 agosto 2006, n. 18493; Cass. civ. 5 dicembre 2003, n. 18644).

4 Ma, se così è, l’errore in cui è caduto il giudice di merito è di non considerare che la richiesta non può, proprio in forza del principio tempus regit actum, essere regolata dallo ius superveniens.

Dirimente è, invero, da un lato, che, nel momento in cui è entrata in vigore la nuova disciplina, tutti gli elementi necessari alla maturazione del presupposto processuale in discorso si erano già realizzati; dall’altro, che tale presupposto consiste, a ben vedere, in una fase preprocedimentale in sè conchiusa, di talchè l’obbligo di reiterarla nel rispetto delle prescrizioni della normativa sopravvenuta, in assenza di specifiche norme transitorie che lo impongano, si tradurrebbe in una non consentita applicazione retroattiva di quest’ultima.

Valga al riguardo considerare che il principio dell’immediata applicabilità delle leggi di rito non implica che esse azzerino gli atti già compiuti, o che si inseriscano tout court in una sequenza in atto, sconvolgendone la progressione (confr. Cass. civ. 7 ottobre 2010, n. 20811), dovendo di volta in volta la praticabilità delle soluzioni ipotizzate confrontarsi con i principi, costituzionalmente presidiati, di tutela del contraddittorio e del diritto di difesa, di eguaglianza e di ragionevole durata del processo (artt. 3, 24, 111 Cost.).

Ciò comporta che la correttezza dell’adempimento, che è si condizione di proponibilità della domanda, ma che si colloca fuori del giudizio vero e proprio, va apprezzata con riguardo alle disposizioni vigenti nel momento in cui osso è stato posto in essere, a nulla rilevando la rivisitazione degli obblighi informativi, a carico del danneggiato, e valutativi, a carico dell’assicuratore, imposti dalla nuova disciplina, al fine di rendere più stringenti ed effettive le possibilità di definizione bonaria della controversia, scongiurando il ricorso alla tutela giurisdizionale. Di talchè, una volta rispettati i requisiti di forma e di contenuto nonchè lo spatium deliberandi in vigore al momento dell’invio della messa in mora, ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 22, non assumono alcuna rilevanza nel processo le nuove prescrizioni relative alla stessa messa in mora e al nuovo spatium deliberandi dettate dal D.Lgs. n. 209 del 2005. Del resto, sul piano sostanziale, non par dubbio che, anche a fronte di una richiesta redatta in base alla normativa previgente, l’impresa di assicurazione è stata comunque posta in condizioni di formulare un’offerta, ovvero di motivare il proprio diniego alla definizione stragiudiziale della vertenza, laddove esigere dal danneggiato che, al 1 gennaio 2006 non abbia ancora agito in giudizio, di ripercorrere l’iter preprocessuale conformandosi al disposto del D.Lgs. n. 209 del 2005, artt. 145 e 148, significherebbe ostacolare il suo diritto alla tutela giurisdizionale, irragionevolmente discriminandolo, altresì, dai danneggiati che a quella data abbiano fatto in tempo ad adire il giudice.

5 Non è poi superfluo evidenziare che questa Corte – sia pure con riguardo a fattispecie in cui il soggetto leso da sinistro stradale, riproposta la domanda di risarcimento, originariamente avanzata in un giudizio conclusosi con una pronuncia di estinzione, per trasferimento dell’azione civile in sede penale, se l’era vista dichiarare improponibile dai giudici di merito, i quali avevano ritenuto necessario l’inoltro di una nuova richiesta, ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 22 – ha già avuto modo di statuire che il danneggiato, una volta inoltrata la messa in mora e atteso lo spatium deliberandi, non è soggetto ad alcun termine di decadenza per l’introduzione della domanda, mancando una norma che lo vincoli ad agire in giudizio entro determinati limiti di tempo (confr. Cass. civ. 25 novembre 2010, n. 23907).

6 Deriva da tanto che, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione, che, nel decidere, si atterrà al seguente principio di diritto: in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli, una volta rispettati i requisiti di forma e di contenuto nonchè lo spatium deliberandi in vigore al momento dell’invio della messa in mora, ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 22, nessuna rilevanza assumono, ai fini della proponibilità della domanda risarcitoria, le nuove prescrizioni relative alla stessa messa in mora e allo spatium deliberandi dettate dal D.Lgs. n. 209 del 2005, artt. 145 e 148, di talchè il danneggiato, ancorchè agisca in giudizio dopo il 31 dicembre del 2005, non è tenuto a reiterare la richiesta nel rispetto della nuova normativa.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2011

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