Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 914 del 17/01/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 914 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: NAPOLETANO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso 16096-2008 proposto da:
– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del legale
rappresentante p_ro tempore, elettivamente domiciliato

±6
in ROMA, VIA DELLA FREZZA

0j-Ca- (4(?1 /

1)41 presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
2013
3.473

avvocati RICCIO ALESSANDRO, PATTERI ANTONELLA,
VALENTE NICOLA, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

BERTOLINI RITA C.F. BRTRT128L68H500D, elettivamente

Data pubblicazione: 17/01/2014

domiciliata in ROMA, PIAZZA MARTIRI DI BELFIORE 2,
presso lo studio dell’avvocato CONCETTI DOMENICO, che
la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

controricorrente

avverso la sentenza n. 508/2005 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 03/12/2013 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
NAPOLETANO;
udito l’Avvocato PREDEN SERGIO per delega PATTERI
ANTONELLA;
udito l’Avvocato CONCETTI DOMENICO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE ) che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

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di BOLOGNA, depositata il 07/06/2007 R.G.N. 936/2001;

RG 16096-08

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Bologna, pronunciando in sede di rinvio,
condannava l’INPS a riconoscere in favore di Bertolini Rita

stessa era titolare, nei limiti della prescrizione decennale ? da
computare con riferimento alla domanda amministrativa del 13
giugno 1996, nonché al pagamento dei maggiori corrispondenti
ratei di pensione, oltre accessori di legge.

A fondamento del

decisum la Corte del merito, premesso che la

Corte di Cassazione con sentenza n. 10570 del 2 giugno 2000 aveva
annullato la sentenza di appello del Tribunale di Modena in punto
d’intervenuta decadenza dell’azione, rinviando ad essa Corte al
fine di stabilire se la domanda concernente il pagamento del
trattamento integrativo sino al 30 settembre 1983, fosse o meno
antecedente al decennio rispetto al ricorso giudiziale, riteneva
ammissibile la domanda amministrativa diretta ad ottenere
l’integrazione al minimo della pensione cat. SO non integrata in
quanto non era trascorso il termine decennale di decadenza di cui
all’art. 47 del DPR n.239 del 1970 e della legge n. 166 del
1991.
Corte / tenuto
conto
Itzaz”dell’illegittimità costituzionale delle normapensionigaranh

Nel

merito,

poi,

la

predetta

gestita dall’INPS 1 che escludono il diritto all’integrazione al

l’integrazione al minimo sulla pensione superstiti, di cui la

minimo delle pensioni 1Z=== in caso di bititolarità delle
pensioni stesse e verificata l’esistenza dei presupposti
temporali della domanda d’integrazione al minimo della ulteriore
pensione categoria SO fruita dalla Bertolini, come richiesto
dalla Suprema Corte con la sentenza del 5 giugno 2000 che ha

domanda nei termini sopra indicati.

Avverso questa sentenza l’INPS ricorre in cassazione sulla base
di un’unica censura.

Resiste con controricorso la parte intimata che in via
pregiudiziale deduce l’inammissibilità dell’impugnazione sotto
diversi profili. La Bertolini,inoltre, deposita memoria
illustrativa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo del ricorso l’INPS, deducendo violazione a
falsa applicazione dell’art. 5 della Legge 12 agosto 1962 n. 1338
e dell’art. 7 della Legge 23 aprile 1981 n. 155, formula il
seguente interpello:”— -se alla pensione supplementare,
disciplinata dagli artt.5 della legge 12 agosto 1962 n. 1338 ( e
successive modifiche) e 7 della legge 23 aprile 1981 n. 155, non
si applichi l’istituto della integrazione al trattamento minimo”.

A tale

censura

la parte

resistente

replica deducendo

l’inammissibilità del ricorso in quanto l’INPS avrebbe dedotto

cassato la sentenza del Tribunale di Modena”, accoglieva la

per la prima volta solo in sede di legittimità la questione della
inapplicabilità della integrazione al minimo alla pensione
supplementare, ovvero che si tratta comunque di questione
introdotta solo nel giudizio di rinvio che implica una questione
di fatto mai dibattuta nelle pregresse fasi di merito. Né,

Modena è stata cassata ex art. 360 n. 5 cpc che solo consente il
riesame dei fatti accertati. Rileva, inoltre, la Bertolini che
comunque l’INPS doveva dedurre non il vizio di cui all’art. 360
n. 3 cpc, ma quello di cui al n. 5 del predetto art. 360 cpc
trattandosi di omessa pronuncia su fatto decisivo ovvero su
documento non prodotto. Assume, infine, la parte resistente che,
comunque, il quesito di diritto è inidoneo difettando
l’indicazione degli aspetti di fatto rilevanti del caso a
giudizio, del modo in cui il giudice li ha decisi e la diversa
regula luris

in base alla quale la controversia doveva essere

decisa.

Ritiene il Collegio che il ricorso è inammissibile per violazione
dell’art. 366 bis cpc applicabile

ratione temporis alla causa in

esame trattandosi di sentenza di appello pubblicata in data 7
giugno 2007.
Il quesito di diritto è, infatti, nella specie, inidoneo ad
assolvere alla sua funzione ) risolvendosi in un’enunciazione di
carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione sul
tipo della controversia, sulla sua riconducibilità alla

aggiunge parte resistente la sentenza di appello del Tribunale di

fattispecie in esame e sulla diversa ratio decidendi posta a base
della sentenza impugnata, tale da non consentire alcuna risposta
utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, (Cass.
S.U. 11 marzo 2008 n. 6420 e Cass. S.U. 5 luglio 2011 n. 14661

La giurisprudenza di questa Corte, invero, ha chiarito che il
quesito di diritto, previsto dalla richiamata norma di rito, ha

cit.).

lo scopo precipuo di porre in condizione la Cassazione, sulla

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base della lettura del solo quesito -non potendosi desumere il

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quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il
secondo- di valutare immediatamente il fondamento della dedotta
violazione (Cass. 8 marzo 2007 n.5353) ed a tal fine è imposto al
ricorrente di indicare, nel quesito, anche l’errore di diritto
della sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie
(Cass. S.U. 9 luglio 2008 n. 18759), in modo tale che dalla
risposta – negativa od affermativa – che ad esso si dia, discenda
in maniera univoca l’accoglimento od il rigetto del ricorso (
Cass. S.U. 28 settembre 2007 n. 20360 e da ultimo Cass. S.U. 5
luglio 2011 n. 14661 cit.).

Pertanto questa Corte ha rimarcato che il quesito di diritto di
cui all’art. 366 bis cpc deve comprendere l’indicazione sia della
regula iuris

adottata nel provvedimento impugnato, sia del

diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si
sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo con la
conseguenza che la mancanza anche di una sola delle due suddette
4

indicazioni rende il ricorso inammissibile (Cass. SU 30 settembre
2008 n. 24339 e Cass. 19 febbraio 2009 n. 4044).

L’affermazione di un principio di diritto da parte di questa
Corte, del resto, non è fine a sé stessa, ma è necessariamente

meno del principio da asserire a determinare la cassazione della
sentenza impugnata. Conseguentemente se il principio di cui si
chiede l’affermazione non è correlato alla fattispecie concreta rectius

alla diversa

regola luris

applicata dal giudice del

merito- il relativo motivo è inidoneo al raggiungimento dello
scopo e come tale è inammissibile.

Applicando tali principi al caso di specie emerge che il
formulato quesito prescindendo dall’indicazione, e dell’errore
di diritto in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata
ovverosia della diversa

regula luris

posta a base della

decisione dei giudici di appello – e della fattispecie concreta
cui inerisce, si risolve in un interpello del tutto astratto che
come tale non consente alcuna risposta utile a definire la causa
nel senso voluto dal ricorrente.

può sottacersi che l’inammissibilità del ricorso appare

soluzione obbligata considerando, comunque, che la censura posta
a base dello stesso introduce una questione nuova/ implicante un
accertamento di fatto ( quello della natura supplementare della
pensione) che deve ritenersi, in difetto di diversa indicazione

5

strumentale, pur nella funzione nomofilattica, alla idoneità o

da parte dell’INPS, essere stata introdotta solo in sede di
giudizio di rinvio dove come è noto, trattandosi di un
procedimento “chiuso”- tendente ad una nuova pronuncia in
sostituzione di quella cassata -è inibito alle parti di ampliare
il

thema decidendum,

formulando nuove domande e nuove eccezioni

12 gennaio 2010 n. 327).
Sulla base delle esposte considerazioni, in conclusione, il
ricorso, va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte

dichiara inammissibile il ricorso e condanna l’INPS

ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità
liquidate in E. 100,00 per esborsi ed E. 3500,00 per compensi
oltre accessori di legge che attribuisce all’avv.to Domenico
Concetti antistatario.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 3 dicembre
2013

( per tutte V. per tutte Cass. 10 luglio 2002 n. 10046 e Cass.

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