Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9139 del 16/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 16/04/2010, (ud. 18/02/2010, dep. 16/04/2010), n.9139

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consiglie – –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Campra Geom. Cornelio &. Figlio s.p.a., con sede in

(OMISSIS), in

persona del legale rappresentante C.A.C.,

rappresentata e difesa per procura in calce ai ricorso dall’Avvocato

GENTILLI Giorgio, elettivamente domiciliata presso il suo studio in

Torino, via XX Settembre n. 62.

– ricorrente –

contro

Ministero delle Finanze e Agenzia delle Entrate.

– intimati –

avverso la sentenza n. 86/15/01 della Commissione tributaria

regionale del Piemonte, depositata il 31.1.2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dei

18.2.2010 dal consigliere relatore Dott. Mario Bertuzzi;

Viste le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SEPE Ennio Attilio, che ha chiesto il rigetto del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato a mezzo posta il 2.10.2004, la società Campra Geom. Cornelio & Figlio ricorre, sulla base di nove motivi, per la cassazione della sentenza n. 66/15/01 del 31.1.2002, con cui la Commissione tributaria regionale del Piemonte, in riforma della pronuncia di primo grado, aveva respinto il suo ricorso per l’annullamento della cartella esattoriale che le aveva intimato il pagamento di importi per mancato versamento dell’iva relativa all’annualità 1995, oltre sanzioni ed interessi, disattendendo il giudice di secondo grado le diverse eccezioni sollevate dalla società contribuente di inammissibilità dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate e ritenendo, nel merito, che la cartella opposta fosse legittima in quanto adeguatamente motivata ed essendo irrilevante che la sua emissione non fosse stata preceduta dall’invio di un avviso di pagamento. Nel proprio ricorso la società contribuente riferisce di avere presentato, in data 13.5.2003, domanda di condono ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16, effettuando il relativo pagamento, e dichiara di avere interesse alla proposizione del ricorso, pur in presenza di una causa di cessazione della materia del contendere, al line di ottenere la cassazione della sentenza di secondo grado in relazione alla statuizione che l’ha condannala al pagamento delle spese di giudizio.

Il Ministero delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate non si sono costituiti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e mancata applicazione della L. n. 289 dei 2002, art. 12 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, assumendo clic, avendo la società contribuente presentato domanda di condono, la sentenza impugnata deve essere cassata per intervenuta cessazione della materia del contendere, con compensazione delle spese dell’intero processo.

i mezzo appare manifestamente inammissibile, non sostanziandosi in alcuna censura avverso la sentenza impugnata.

la dichiarazione della parte contribuente di essersi avvalso della procedura di condono ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16, appare invece irrilevante ai lini del presente giudizio, non avendo la parte prodotto alcun atto o documento attestante la presentazione della domanda di definizione della lite.

Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione e mancata applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23, comma 3, dell’art. 34, comma 1, dell’art. 295 cod. proc. civ., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, ed omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata per non avere disposto la sospensione del giudizio in attesa della decisione del Tribunale amministrativo regionale su un ricorso presentalo dalla stessa contribuente.

Il motivo è manifestamente inammissibile per genericità.

Questa conclusione si impone in quanto il mezzo non contesta in modo specifico le ragioni del diniego di sospensione del giudizio opposto dal giudice a qua, motivato sulla base della circostanza che la società contribuente non aveva dimostrato di avere effettivamente proposto il ricorso davanti ai giudice amministrativo. A ciò si aggiunga che la ricorrente nemmeno precisa l’oggetto del ricorso che avrebbe presentato al Tar. nè documenta la pendenza del relativo giudizio, così ponendo il Collegio nella impossibilità di valutare la fondatezza della censura.

Il terzo motivo di ricorso denunzia violazione e mancata applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 1, commi 1 e 2, della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, periodo 1, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 52, ed omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata per avere respinto l’eccezione con cui la contribuente aveva dedotto l’inammissibilità dell’appello proposto dall’Agenzia per diletto di motivazione dell’autorizzazione de Direttore alla proposizione del gravame.

Il mezzo è manifestamente infondato.

Questa Corte ha invero già avuto modo di precisare l’orientamento, che qui va confermato, secondo cui la disposizione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 52, comma 2, secondo la quale gli uffici periferici del dipartimenti) delle entrate del Ministero delle finanze e gli uffici del territorio devono essere previamente autorizzati alla proposizione dell’appello principale, rispettivamente, dal responsabile del servizio del contenzioso della competente direzione generale delle entrate e dal responsabile del servizio del contenzioso della competente direzione compartimentale del territorio, non è più suscettibile di applicazione Lina volta divenuta operativa la disciplina recata dal D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, art. 57, che ha istituito le Agenzie fiscali, attribuendo ad esse la gestione della generalità delle funzioni in precedenza esercitate dai dipartimenti e dagli uffici del Ministero delle finanze, e trasferendo alle medesime i relativi rapporti giuridici, poteri e competenze, da esercitarsi secondo la disciplina dell’organizzazione interna di ciascuna agenzia; a seguito della soppressione di tutti gli uffici ed organi ministeriali ai quali fa riferimento il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 52, comma 2, infatti, da tale norma non possono farsi discendere condizionamenti al diritto delle Agenzie di appellare le sentenze ad esse sfavorevoli delle Commissioni tributarie provinciali (Cass. S.U. n. 504 del 2005; Cass. n. 10943 del 2007).

Il quarto motivo di ricorso denunzia violazione e mancata applicazione dell’art. 125 cod. proc. civ., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, art. 18, comma 3, e art. 53, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 52, comma 2, ed omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata per avere respinto l’eccezione con cui la contribuente aveva dedotto l’inammissibilità dell’appello proposto dall’Agenzia per difetto di sottoscrizione in originale del provvedimento autorizzativi del Direttore.

I motivo è infondato per le medesime ragioni per cui è stato rigettalo il mezzo precedente.

Il quinto motivo di ricorso denunzia violazione e mancata applicazione dell’art. 2697 cod. civ., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1, e art. 22, comma 3, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 52, comma 2, ed omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata per avere respinto l’eccezione con cui la contribuente aveva dedotto l’inammissibilità dell’appello proposto dall’Agenzia per mancata attestazione di conformità tra la copia notificata e quella depositata presso la segreteria della Commissione regionale.

Il mezzo è infondato.

Questa forte ha invero già chiarito, e l’indirizzo è pienamente condiviso dal Collegio, che. in tema di contenzioso tributario, non è causa d’inammissibilità dell’appello la mancanza di attestazione da parte dell’appellante della conformità dell’atto d’impugnazione notificato rispetto a quello depositato presso la segreteria, bensì la sua effettiva difformità, precisando, altresì, che la conformità si presume in mancanza di eccezioni sul punto (Cass. n. 6780 del 2009; Cass. n. 17180 del 2004).

Il sesto motivo di ricorso denunzia violazione e mancata applicazione del D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 67, comma 1, e art. 72, del R.D. n. 1611 del 1933, art. 43, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11, comma 2, e art. 12, ed omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata per avere respinto l’eccezione con cui la contribuente aveva dedotto l’inammissibilità dell’appello proposto dall’Agenzia in quanto sottoscritto dal solo direttore dell’Agenzia periferica e non da un difensore abilitalo o in alternativa, da un avvocato dello Stato.

Il motivo è manifestamente infondato.

Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12, pone l’obbligo dell’assistenza tecnica, per quanto concerne il giudizio di merito, soltanto a carico delle parti privale – salvo il disposto di cui al comma 5 -, ammettendo le parti pubbliche alla difesa diretta. Tale disposizione si applica anche all’Agenzia delle Entrate, che e soggetto di diritto pubblico e che, come già si è detto, è succeduta nei rapporti giuridici, poteri e competenze in materia tributaria prima facenti capo al Ministero delle Finanze.

Il settimo motivo di ricorso (ivi erroneamente enumerato come ottavo) denunzia violazione e mancata applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60, comma 5 bis, periodo 2 e del D.P.R. n. 43 del 1988, art. 67, comma 2, lett. a), ed omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, lamentando che la sentenza impugnata abbia disatteso il motivo di ricorso che denunziava l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo perchè non preceduta dall’invio dell’invito di pagamento.

Il motivo è infondato.

Il Collegio ritiene sul punto di dover dare continuità all’indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, che in più occasioni ha affermato che in tema di iva la potestà dell’Amministrazione finanziaria di iscrivere direttamente nei ruoli l’imposta non versata dal contribuente, così come risultante dalla dichiarazione annuale, non trova ostacolo nella mancata emissione e/o notificazione dell’invito al versamento delle somme dovute di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60 (invito cui l’ufficio risulta tenuto ex lege al fine di consentire al contribuente il versamento di quanto addebitatogli entro trenta giorni dal ricevimento dell’avviso, con applicazione della soprattassa – oggi sanzione amministrativa ex D.Lgs. n. 471 del 1997 – pari al sessanta per cento della somma non versata), atteso che l’unica l’unzione dell’avviso predetto è quella di consentire al contribuente di attenuare le conseguenze sanzionatorie della realizzata omissione, fermo restandone S’obbligo di corresponsione integrale del tributo (e degli interessi sul medesimo, medio tempore maturati) (Cass. n. 18022 del 2006; Cass. n. 907 del 2002).

Corretta pertanto appare la soluzione data alla questione dalla Commissione tributaria regionale che. nella premessa che la cartella, com’è pacifico, era stata emessa per il mancato versamento dell’iva risultante dalla dichiarazione, ha affermalo che in tale situazione la formazione del ruolo non richiedeva nè avviso ne liquidazione quanto al tributo, mentre per le sanzioni non necessitava di alcun avviso stante la loro riduzione legislativa, al 30%, ad opera del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13.

L’ottavo motivo di ricorso (ivi erroneamente enumerato come nono) denunzia violazione e mancata applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, comma 1, della L. n. 241 del 1990, art. 3, della L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 8, lett. b), dell’art. 24 Cost., del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, comma 1, del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 5, comma 1, e art. 6, comma 1, ed omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata per avere rigettato il motivo con cui la contribuente aveva eccepito il diletto di motivazione delle sanzioni irrogate, per omessa indicazione delle attenuanti, esimenti e continuazione, e ferrata quantificazione delle stesse. Sostiene in particolare il ricorso che dalla lettura dell’iscrizione a ruolo non emerge alcuna indicazione degli oneri accessori nè delle sanzioni.

Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.

Inammissibile con riferimento alla denunzia di violazione di legge, la quale. per il principio di autosufficienza, avrebbe dovuto essere sorretta dal riproduzione del testo integrale della cartella opposta, e non solo dal richiamo di alcune indicazioni in essa contenute, dal momento che il vizio denunciato, non avendo natura processuale, non consente alla Corte accesso agli atti del fascicolo di merito (Cass. n. 18506 del 2006; Cass. n. 3004 del 2004).

Costituisce diritto vivente di questa Corte infatti il principio che il ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza – deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la vai ut azione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass. n. 15952 del 1997; Cass. n. 14767 del 2007; Cass. n. 12362 del 2006).

il motivo è invece infondato con riferimento al denunziato vizio di motivazione, avendo il giudice a qua spiegato in modo completo ed esauriente le ragioni della propria decisione sul punto, mediante l’esame delle singole voci indicate nella cartella e rilevazione della loro specifica imputazione ed assumendo la corretta quantificazione delle sanzioni nella misura, prevista dalla legge, del 30% dei versamenti omessi (pag. 6 e 7 della sentenza).

Il nono motivo di ricorso (ivi erroneamente enumerato come decimo) denunzia violazione e mancata applicazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 12, comma 2, ed omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata per non essersi pronunciata sul motivo con cui la contribuente aveva eccepito la mancata applicazione delle attenuanti previste dalla legge e comunque per la violazione dell’art. 12 citato in materia di continuazione.

Il motivo appare inammissibile in quanto denunzia come violazione di legge sostanziale ed omessa motivazione il vizio di omessa pronuncia, denunziabile ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 4, per violazione del disposto di cui all’art. 112 c.p.c., (Cass. n. 1701 del 2006: Cass. n. 12952 del 2007) e comunque perchè non precisa, riproducendone il testo, in omaggio al principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, il motivo del ricorso introduttivo che sarebbe stato indebitamente trascurato e le ragioni di fatto e di diritto esposte a suo sostegno, limitandosi sul punto soltanto ad un generico richiamo.

In conclusione, il ricorso è rigettato.

Nulla si dispone sulle spese di lite, non avendo le Amministrazioni intimate svolto attività difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2010

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