Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9137 del 02/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 02/04/2021, (ud. 20/10/2020, dep. 02/04/2021), n.9137

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 04932/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

C.D., elettivamente domiciliato in Roma, via Di Villa

Sacchetti, 9, presso lo studio dell’avv. Giuseppe Marini, che lo

rappresenta e difende con l’avvocato Carlo Amato, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 56/26/13 della Commissione tributaria

regionale del Veneto, depositata in data 15 luglio 2013;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 ottobre

2020 dal Consigliere Paolo Fraulini.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Commissione tributaria regionale del Veneto, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato applicabile l’imposta Irpef dovuta da C.D. nella misura del 40% dei ricavi a lui imputabili in conseguenza della sua partecipazione nel capitale sociale della Trasformazioni Tessili s.r.l., respingendo per il resto le doglianze che il contribuente aveva formulato impugnando gli avvisi di accertamento n. (OMISSIS), n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS), relativi rispettivamente agli anni di imposta 2006, 2007 e 2008.

2. Il giudice di appello ha rilevato che: a) la cancellazione della società Trasformazioni Tessili s.r.l. dal Registro delle imprese era successiva alla notifica degli avvisi di accertamento, e quindi irrilevante al fine di interrompere il nesso giuridico tra contribuenti e fisco; b) che gli utili accertati a carico della società, di natura extra-contabile, legittimamente potevano essere imputati al C. per trasparenza, essendo egli detentore del 99h delle quote della società nei cui confronti era stato accertato il reddito non dichiarato; c) che, ai sensi del D.Lgs. n. 917 del 1986, art. 47, comma 1, nella nozione di “utili distribuiti in qualsiasi forma”, andava compreso anche l’utile extra-bilancio, sicchè la sentenza di primo grado andava riformata e l’imposizione limitata al solo 40% del ricavato; d) che le sanzioni erano state legittimamente applicate al C., quale socio di società a ristretta base partecipativa, laddove la colpevolezza del contribuente poteva essere dedotta dal possesso pressochè integrale delle quote sociali.

3. Per la cassazione della citata sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso affidato a un motivo; C.D. ha resistito con controricorso contenente ricorso incidentale affidato a due motivi.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il ricorso principale lamenta “Violazione e falsa applicazione D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 44,45,47, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha ritenuto che la limitazione al 40% dell’importo dei redditi accertati a carico della società e distribuiti ai soci si applichi anche agli utili fuori bilancio.

2. Il controricorrente argomenta l’infondatezza dell’avverso ricorso, di cui chiede il rigetto e propone ricorso incidentale con cui lamenta:

a. Primo motivo: “In relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), violazione o falsa applicazione dell’art. 2495 c.c., e degli artt. 300 e 306 e ss. c.p.c.”, deducendo l’erroneità della sentenza impugnata per non aver interrotto il processo, dal momento che, stante l’avvenuta riunione dei giudizi aventi a oggetto gli avvisi di accertamento impugnati dalla società e dal socio, si era verificata un’ipotesi successoria di quest’ultimo, con conseguente necessità di consentire la riassunzione del processo da parte dei successori della società estinta.

b. Secondo motivo: “In relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), violazione o falsa applicazione dell’art. 2495 c.c.”. deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha ritenuto definitivo l’accertamento nei confronti della società estinta, posto che la circostanza che l’evento estintivo si sia verificato nel corso del giudizio di primo grado impediva il consolidamento di alcuna statuizione nei confronti della società e, per conseguenza, faceva venire meno la legittimità dell’estensione della presunzione di distribuzione del ricavo al socio.

3. In ordine logico va preliminarmente esaminato il ricorso incidentale del contribuente, che pone questioni di rito e pregiudiziali rispetto all’esame del merito del ricorso.

4. Il ricorso incidentale va accolto. I due motivi di ricorso, che possono essere congiuntamente esaminati ponendo questioni giuridiche analoghe, sono fondati, nei limiti e per le considerazioni che seguono. La CTR (pag. 5) ha accertato che gli avvisi di accertamento impugnati sono stati notificati ai contribuenti (società Trasformazioni Tessili a r.l. e socio C.D.), in data (OMISSIS) e che la società si è cancellata dal Registro delle imprese durante il giudizio di primo grado, in data (OMISSIS). Tali circostanze non sono contestate dalle parti e debbono quindi considerarsi pacifiche in causa. Con tali premesse, debbono distinguersi gli effetti processuali da quelli sostanziali dell’estinzione della società. A livello processuale, va rilevato che l’estinzione della società che sia parte di un giudizio in un grado di merito, impone l’interruzione del processo (Cass. Sez. L, Sentenza n. 19580 del 04/08/2017; Sez. U, Sentenza n. 6070 del 12/03/2013), la cui riassunzione va curata da, o notificata nei confronti di, coloro che vantano la qualifica di “successori” della società, nel senso chiarito a far data dalla citata sentenza a Sezioni Unite. Ne consegue che la CTR ha errato allorquando (pag. 5), pur mostrando di ben avvedersi che la società si era estinta durante il giudizio di primo grado, ha ritenuto di avallare la soluzione della CTP che aveva dichiarato l'”improcedibilità” del giudizio di impugnazione degli avvisi da parte della società e che ben potesse proseguire il processo nei confronti del socio cui i ricavi societari erano stati imputati per trasparenza. E invero, da un lato, come detto, la conseguenza dell’estinzione della società nel corso del giudizio di merito non è l’improcedibilità del giudizio, ma la sua interruzione. Dall’altro, la CTR erra anche allorquando (pag. 6) afferma che l’effetto estintivo della cancellazione non si estenderebbe ai rapporti giuridici sorti “prima della cancellazione”. Al contrario, va evidenziato che nel giudizio tributario, accanto alla fase amministrativa (per la quale nel caso di specie il problema non si pone, posto che come rilevato all’epoca della notifica degli avvisi di accertamento la società era ancora esistente), vi è poi la (eventuale) fase giurisdizionale, nella quale l’effetto dell’estinzione della società esplica i suoi effetti. E tra gli effetti sostanziali dell’estinzione c’è la questione della legittimazione del socio derivante dalla quota di partecipazione riscossa in base al bilancio di liquidazione, nei cui limiti il socio di s.r.l. risponde come successore della società estinta (Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 23534 del 20/09/2019; Sez. 5, Ordinanza n. 13386 del 17/05/2019). Ne consegue che, data la pregiudizialità dell’accertamento del reddito conseguito dalla società a ristretta base partecipativa rispetto a quello nascente dalla successiva presunzione di distribuzione dell’utile nei confronti dei soci (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 33976 del 19/12/2019), la CTR non poteva procedere all’imputazione del reddito al socio per presunzione se non prima di aver accertato motivatamente le ragioni per le quali le difese del socio non erano idonee a contrastare l’operatività della presunzione medesima. E’ ben vero, infatti, che i giudizi di impugnazione dell’avviso alla società e al socio a ristretta base partecipativa sono autonomi (ord. ult. cit.). Ma è altrettanto vero che, per poter procedere all’imputazione al socio del reddito presumibilmente ricavato dalla società, il giudice ha l’onere di accertare che il reddito societario è stato effettivamente prodotto (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9519 del 22/04/2009; id. n. 29605 del 29/12/2011). E ciò può fare nel giudizio proposto dalla società o, in alternativa, anche sulla base della ritenuta inidoneità delle difese del socio nell’autonomo giudizio a contestare l’effettiva maturazione del reddito assoggettato a imposizione. Ma, nella specie, nessuna delle due condizioni si è verificata. Ed invero la CTR, da un lato ha confermato l’improcedibilità del giudizio nei confronti della società; dall’altro, erroneamente motivando come sopra rilevato, ha ritenuto automaticamente esteso al socio di società a ristretta base partecipativa il reddito contestato (solo in via amministrativa) alla società, senza minimamente motivare sull’idoneità o meno delle difese del predetto a paralizzare la presunzione di maturazione del reddito, come la citata giurisprudenza di questa Corte invece pretende. In conclusione, il ricorso incidentale va accolto; la sentenza va cassata e le parti rinviate innanzi al giudice di secondo grado che rinnoverà il giudizio sul punto, tanto in relazione alla sorte del giudizio proposto dalla società, avendo il socio lamentato correttamente la mancata interruzione, quanto in relazione all’eventuale autonomia di quello proposto dal C., secondo i criteri sopra individuati.

5. Il ricorso principale è parimenti fondato. E’ ben vero, come opina la CTR, che la norma di riferimento all’epoca dei fatti applicabile (D.Lgs. n. 917 del 1986, art. 47, comma 1) faceva riferimento agli “utili distribuiti in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione dalle società”; ma è altrettanto vero che la norma proseguiva citando, come fonti della presunzione reddituale, il bilancio dell’esercizio e le riserve non in sospensione di imposta; il chè, logicamente, conduce a interpretare la disposizione nel senso che la limitazione alla percentuale del 40% operava solo con riferimento ai redditi regolarmente dichiarati dalla società in un documento contabile, di talchè l’atipicità era riferita solo alla nomenclatura attribuita agli stessi dalla società, ma rimaneva condizionata al positivo riscontro della loro effettiva maturazione per effetto dell’inserimento nel bilancio. Tanto conduce a considerare erronea l’affermazione della CTR che ha ritenuto di poter estendere l’applicazione della disposizione in esame agli utili extra-bilancio che, per definizione, non consentono il riscontro sopra delineato e quindi, una volta accertati per altra via, vanno imputati in misura intera e non ridotta.

6. La sentenza impugnata va dunque cassata e le parti rinviate innanzi alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, che regolerà altresì le spese della presente fase.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale e quello incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia le parti innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, in diversa composizione, che provvederà anche a regolare le spese della presente fase di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2021

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