Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9134 del 07/04/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 07/04/2017, (ud. 08/03/2017, dep.07/04/2017),  n. 9134

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7092-2016 proposto da:

POSTE ITALIANE SPA, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE

EUROPA 190, presso l’avvocato ROSSANA CLAVELLI dell’AREA LEGALE

CENTRO di Poste Italiane, rappresentata e difesa dall’avvocato

SALVATORE CASTELLESE giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

G.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ARCHIMEDE 116

00197, presso lo studio dell’avvocato FULVIO NERI, rappresentata e

difesa dagli avvocati MARIA ANTONIETTA SACCO, GIUSEPPA CANNIZZARO

giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7322/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 30/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/03/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede, dichiarava la nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato tra Poste italiane s.p.a. e G.S. per il periodo dal 1.12.2003 al 14.2.2004 con la causale “per ragioni di carattere sostitutivo correlate alla specifica esigenza di provvedere alla sostituzione del personale inquadrato nell’area operativa addetto al servizio di recapito presso l’ufficio di recapito di (OMISSIS) assente con diritto alla conservazione del posto nel periodo dal 1.12.2003 al 14.2.2004”, dichiarava la giuridica continuità del rapporto, ancora in atto, e condannava Poste a corrispondere alla lavoratrice un importo corrispondente a n. 5 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre interessi di legge e rivalutazione monetaria dalla data della sentenza.

2. La Corte d’appello, rigettata l’eccezione di risoluzione del rapporto per mutuo consenso tacito, riteneva che la causale apposta a giustificazione del termine non rispettasse i requisiti di specificità previsti dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 in quanto il riferimento alle esigenze di sostituire personale assente in un ambito organizzativo molto ampio, senza altra specificazione relativa all’ufficio di prestazione dell’attività lavorativa, non consentiva di individuare il numero dei lavoratori da sostituire, le loro mansioni, il loro diritto alla conservazione del posto ed in generale non presentava elementi idonei a consentire al lavoratore la riconoscibilità e verificabilità della motivazione addotta già al momento della stipula del contratto.

2. Per la cassazione di tale sentenza Poste italiane S.p.A. ha proposto ricorso, affidato a quattro motivi, cui ha resistito con controricorso G.S., che ha depositato anche memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

3. Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

RILEVATO

che:

1. con il primo motivo, Poste italiane s.p.a. denuncia la violazione dell’art. 1372 c.c., comma 1, artt. 1175, 1375 e 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., per avere la Corte territoriale negato che la prolungata inerzia del lavoratore prima di attivarsi in sede giudiziaria per mantenere in vita il vincolo contrattuale (oltre sette anni) dimostrasse che il rapporto si era risolto per mutuo consenso.

2. Il secondo motivo attinge la sentenza della Corte di merito laddove ha ritenuto la genericità della clausola appositiva del termine, che viene censurata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 11, art. 12 preleggi, artt. 1362 e 1363 c.c..

3. Come terzo motivo, Poste deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, dell’art. 12 preleggi, dell’art. 1362 c.c., dell’art. 1419 c.c., nella parte in cui il collegio di merito ha ritenuto che l’illegittima apposizione del termine determini la conversione del contratto a tempo indeterminato.

4. Come quarto motivo, censura la quantificazione dell’indennità risarcitoria per violazione e falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, della L. n. 604 del 1966, art. 8 e dell’art. 12 disp. gen..

5. Il secondo motivo, che va esaminato per primo secondo l’ordine logico, è fondato, sulla base degli arresti resi sulla materia dalla giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte (Cass. 04/07/2016 n. 13587 e Cass. 23/06/2016 n. 13055).

Si è ivi ribadito che nel quadro normativo che emerge a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001, il venir meno del sistema delle fattispecie legittimanti impone che il concetto di specificità sia collegato a situazioni aziendali non più standardizzate ma obiettive, con riferimento alle realtà specifiche in cui il contratto viene ad essere calato. Il concetto di specificità in questione risente, dunque, di un certo grado di elasticità che, in sede di controllo giudiziale, deve essere valutato dal giudice secondo criteri di congruità e ragionevolezza. Con riferimento alle ragioni di carattere sostitutivo, è stato in particolare precisato che il contratto a termine, se in una situazione aziendale elementare è configurabile come strumento idoneo a consentire la sostituzione di un singolo lavoratore addetto a specifica e ben determinata mansione, in una situazione aziendale complessa è configurabile come strumento di inserimento del lavoratore in un processo in cui la sostituzione può essere riferita ad una funzione produttiva specifica che sia occasionalmente scoperta. In quest’ultimo caso, anche tenendo conto della sentenza della Corte Costituzionale n. 107/2013, si è affermato che il requisito della specificità può ritenersi soddisfatto, a prescindere dall’ indicazione nominativa del lavoratore o dei lavoratori sostituiti, con la verifica della corrispondenza quantitativa tra il numero dei lavoratori assunti con contratto a termine per lo svolgimento di una data funzione aziendale e le scoperture che per quella stessa funzione si sono realizzate per il periodo dell’assunzione. L’apposizione del termine per ragioni sostitutive è legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali, l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando in ogni caso la verifica circa la sussistenza effettiva del presupposto di legittimità.

6. Tanto premesso, la decisione impugnata non risulta conforme alle indicazioni di questa Corte di legittimità: la Corte territoriale, pur richiamando preliminarmente la necessità, al fine di valutare la specificità della causale “sostitutiva”, di avere riguardo all’ indicazione nella causale degli elementi ulteriori sopra indicati, ha nella sostanza omesso di fare conseguente applicazione di tale regola, che, come già detto, consente di ritenere assolta l’esigenza di specificità attraverso la indicazione degli elementi menzionati (ambito territoriale, luogo della prestazione lavorativa, mansioni dei lavoratori da sostituire, diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro). Disapplicando il “criterio elastico” dettato da questa Corte, ha quindi ritenuto generica l’indicazione delle ragioni sostitutive contenuta nel contratto de quo.

7. Il secondo motivo va pertanto accolto, con conseguente assorbimento degli altri motivi, successivi in ordine logico (tenuto conto che anche la risoluzione per mutuo consenso può eventualmente configurarsi solo in relazione ad un rapporto di lavoro divenuto a tempo indeterminato per effetto di conversione).

8. Segue la cassazione della sentenza gravata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, cui compete anche la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri motivi. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la regolamentazione della spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2017

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