Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9132 del 21/04/2011

Cassazione civile sez. III, 21/04/2011, (ud. 03/02/2011, dep. 21/04/2011), n.9132

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FILADORO Camillo – Presidente –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEL CORSO 504, presso lo studio dell’avvocato IELPO NICOLA,

che la rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

GROUPAN ASSICURAZIONI SpA già GAN ITALIA SPA (OMISSIS), in

persona del suo procuratore Dott. G.G.M.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 118, presso lo

studio dell’avvocato POSI MARIA PIA, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PLANTADE FRANCOISE MARIE giusta delega in

calce al controricorso;

CONDOMINIO VIA (OMISSIS) (OMISSIS), in persona

dell’Amministratore pro-tempore Dott. P.S., elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 67, presso lo studio

dell’avvocato BARBIERI ALFREDO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato TOSTI RENZO giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

e contro

EREDI COLLETTIVAMENTE M.F., M.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3412/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA, 4

Sezione Civile, emessa il 09/12/2005, depositata il 03/09/2008;

R.G.N. 3229/2001.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/02/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito l’Avvocato NICOLA IELPO;

udito l’Avvocato RENZO TOSTI;

udito l’Avvocato MARIA PIA POSI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per l’accoglimento del 4^ motivo di

ricorso, qualora non si ritenga di rimettere alle SS.UU.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Sulle cause riunite proposte l’una dalla sig. I.V. nei confronti del Condominio di via (OMISSIS), e l’altra dal sig. M.F. nei confronti della I., con la partecipazione, per chiamata in garanzia, del Condominio e della società Gan Italia s.p.a., di risarcimento dei danni lamentati in conseguenza di infiltrazioni idriche prodottesi nei rispettivi appartamenti nei mesi di giugno del 1988 e 1989, con sentenza n. 40357 del 2000 il Tribunale di Roma rigettava la domanda della I. e accoglieva quella del M..

Il gravame interposto dalla I. veniva successivamente respinto dalla Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 3/9/2008.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la I. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 6 motivi, illustrati da memoria.

Resistono con separati controricorsi il Condominio e la società Groupama Assicurazioni s.p.a. (già Gan Italia s.p.a.), che hanno entrambi presentato anche memoria.

Il M. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1^ motivo la ricorrente denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Con il 2^ motivo la ricorrente denunzia violazione dell’art. 669 quater c.p.c., art. 112 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Con il 3^ motivo la ricorrente denunzia violazione degli artt. 183, 184 c.p.c., L. n. 353 del 1990, art. 90, R.D. n. 1443 del 1940, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Con il 4^ motivo la ricorrente denunzia violazione degli artt. 1223, 1226, 2043, 2051 c.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 5^ motivo la ricorrente denunzia “difetto totale di motivazione”, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 6^ motivo la ricorrente denunzia “difetto assoluto di motivazione”, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorso è, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, artt. 366 bis e 375, comma 1, n. 5, inammissibile.

L’art. 366 bis c.p.c. dispone che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo deve, a pena di inammissibilità, concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108)-, e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.

Cass., 17/7/2007, n. 15949).

Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c. deve comprendere l’indicazione sia della regula iuris adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e da applicarsi in sostituzione del primo, sicchè la mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile, non potendo considerarsi in particolare sufficiente ed idonea la mera generica richiesta di accertamento della sussistenza della violazione di una norma di legge (v. Cass., 28/5/2009, n. 12649).

Orbene, nel non osservare i requisiti richiesti dallo schema delineato in giurisprudenza di legittimità (cfr. in particolare Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), i quesiti risultano formulati in termini dal medesimo difformi, non recando la riassuntiva ma puntuale indicazione degli aspetti di fatto rilevanti, del modo in cui i giudici del merito li hanno rispettivamente decisi, delle diverse regole di diritto la cui applicazione avrebbe condotto a diversa decisione, e si palesano astratti e generici, privi di riferibilità al caso concreto in esame e di decisività, tali cioè da non consentire, in base alla loro sola lettura (v. Cass., Sez. Un., 27/3/2009, n. 7433; Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519; Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., 7/4/2009, n. 8463), di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr.

Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), nonchè di poter circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), senza che essi debbano richiedere, per ottenere risposta, una scomposizione in più parti prive di connessione tra loro (cfr. Cass., 23/6/2008, n. 17064).

L’inidonea formulazione del quesito di diritto del resto equivale alla relativa omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine formale la norma incide anche sulla sostanza dell’impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con il quesito l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass., 7/4/2009, n. 8463; Cass. Sez. un., 30/10/2008, n. 26020; Cass. Sez. un., 25/11/2008. n. 28054), (anche) in tal caso rimanendo invero vanificata la finalità di consentire a questa Corte il miglior esercizio della funzione nomofilattica sottesa alla disciplina del quesito introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006 (cfr., da ultimo, Cass. Sez. un., 10/9/2009, n. 19444).

La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v, Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

Tanto più che nel caso il motivo risulta formulato in violazione del principio di autosufficienza, atteso che la ricorrente fa richiamo ad atti e documenti del giudizio di merito (es. alla “espletata C.T.U.”;

agli “atti di causa”; alla “relazione del 21.5.90 (doc. n. 5) del fascicolo di parte I. di 1^ grado”; alle “delibere condominiali”, alle “relazioni del perito nominato”; al “contratto d’appalto”; al “verbale d’assemblea del 24/10/91 (doc. n. 3 fase. 1^ grado da parte I.)”, limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente riprodurli nel ricorso e/o puntualmente indicare in quale sede processuale, pur individuati in ricorso, risultino prodotti e, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, se siano stati prodotti anche in sede di legittimità (v. Cass., 23/9/2009, n. 20535; Cass., 3/7/2009, n. 15628; Cass., 12/12/2008, n. 29279).

Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366 bis c.p.c.).

Al riguardo, si è precisato che l’art. 366 bis c.p.c. rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione “specificamente destinata” (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).

Orbene, nel caso i motivi (5 e 6″) con i quali si denunzia vizio di motivazione non recano la “chiara indicazione” delle relative “ragioni”, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, con interpretazione che si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (cfr.

Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), a fortiori non consentita in presenza di formulazione come detto nella specie altresì carente di autosufficienza.

I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo.

All’inammissibilità dei motivi consegue l’inammissibilità del ricorso.

Le spese del giudizio di cassazione in favore di ognuno dei controricorrenti, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Non è invece a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore del M., non avendo il medesimo svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione in favore dei controricorrenti Condominio di via (OMISSIS) e società Groupama Assicurazioni s.p.a. (già Gan Italia s.p.a.), che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per onorari, per ciascuno.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2011

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