Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9126 del 15/04/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 9126 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: IANNIELLO ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 17985-2011 proposto da:
DI TOMMASO GIUSEPPE DTMGPP50S18B619V, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA SS. PIETRO E PAOLO 50, presso lo
studio dell’avvocato TOMASSINI CLAUDIO, rappresentato e difeso
dall’avvocato CASAMASSIMA DOMENICO giusta mandato a
margine del ricorso;

– ricorrente contro
ASL BA 06534340721, in persona del Commissario Straordinario,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA 2, presso lo
studio dell’avvocato ALFREDO PLACIDI, rappresentata e difesa
dall’avvocato TROTTA EDVIGE giusta procura speciale a margine
del controricorso;

– controricorrente –

CU

Data pubblicazione: 15/04/2013

avverso la sentenza n. 6367/2010 della CORTE D’APPELLO di
BARI del 20/10/2010, depositata il 17/01/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
24/01/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO IANNIELLO;

è presente il P.G. in persona del Dott. COSTANTINO FUCCI.

l
Ric. 2011 n. 17985 sez. ML – ud. 24-01-2013
-2-

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
La causa è stata chiamata alla adunanza in camera di consiglio del 24
gennaio 2013 ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione
redatta a norma dell’art. 380-bis c.p.c.:
“Con sentenza depositata in data 17 gennaio 2011, la Corte d’appello di
Bari, confermando la decisione di primo grado, ha respinto le domande svolte

da Giuseppe Di Tommaso nei confronti della propria datrice di lavoro ASL
BA, di pagamento di determinate somme a titolo di risarcimento danni, per
non avergli fatto fruire dall’ottobre 1990 al novembre 1998 e dal 17 dicembre
2002 in avanti del servizio mensa o per non avergli erogato un buono pasto
sostitutivo per ogni giornata di effettivo servizio.
Con ricorso notificato il 24-28 giugno 2011, il Giuseppe Di Tommasochiede ora, con un unico articolato motivo, la cassazione di tale sentenza, in
quanto violerebbe gli artt. 33 del D.P.R. 20 maggio 1987 n. 270, 68 D.P.R. n.
384/1990 e 55 C.C.N.L. di settore del 1995, in relazione agli artt. 228, 414,
420 c.p.c. e 2697 c.c. e in relazione agli artt. 1226 c.c., 112, 115 e 432 c.p.c. e
inoltre sarebbe viziata da omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione.
Resiste alle domande la ASL BA con controricorso.
Il procedimento è regolato dagli artt. 360 e segg. c.p.c. con le modifiche
e integrazioni successive, in particolare quelle apportate dalla legge 18 giugno
2009 n. 69.
Il ricorso è manifestamente infondato e va pertanto trattato in camera di
consiglio per essere respinto.
Nonostante la ridondante rubrica del motivo, la parte ricorrente censura
sostanzialmente il fatto che la Corte territoriale non abbia ammesso la prova
testimoniale dedotta già nel primo grado, non abbia comunque desunto dal
comportamento processuale della Azienda sanitaria e da altri elementi anche

i

presuntivi la prova dei fatti costitutivi del diritto azionato e non si sia neppure
avvalsa del proprio potere di emettere una sentenza equitativa.
In proposito, la Corte territoriale, accertato che il diritto alla mensa aziendale o al buono pasto sostitutivo spetta (ex art. 33 del D.P.R. n. 270/87, di
recepimento dell’accordo nazionale per il personale del comparto SSN, richiamato poi dagli accordi successivi) nei giorni di effettiva presenza al lavoro
e “in relazione alla particolare articolazione dell’orario” articolazione spe-

cificata poi nel successivo accordo 15 luglio 1998 (personale in servizio nei
turni antimeridiano e pomeridiano e per il restante personale se in servizio
nella fascia oraria dalle 12 alle 16) -, ha anzitutto rilevato che la parte ricorrente non aveva mai dedotto e chiesto di provare l’orario osservato nei periodi cui
è riferita la domanda, limitandosi a chiedere l’esibizione da parte della ASL
dei fogli di presenza relativi.
Disposta comunque dalla Corte territoriale la richiesta esibizione, la
ASL non aveva ottemperato al relativo ordine, sostenendo di non avere più la
disponibilità dei fogli richiesti.
Correttamente affermando che da ciò il giudice poteva trarre, ex art. 116
c.p.c., argomenti di prova, la Corte territoriale ha peraltro rilevato che dal giudizio non erano emersi elementi di riscontro tali da poterne desumere
l’osservanza, da parte della lavoratrice, dell’orario di lavoro che dava diritto al
beneficio richiesto. In particolare, quanto alla prova testimoniale dedotta, la
Corte ne ha escluso la pertinenza, concernendo essa il diverso dato di fatto pacifico – della mancata attivazione del servizio mensa o erogazione della prestazione sostitutiva nei periodi indicati.
Negando infine di poter formulare un giudizio equitativo in ordine alla
sussistenza del danno di cui è richiesto il risarcimento, la Corte ha pertanto
concluso nel senso del rigetto della domanda.
Tali valutazioni della Corte territoriale appaiono corrette in diritto
(l’interpretazione delle norme contrattuali non viene del resto specificatamente
2

contestata nel ricorso, così come le regole sull’onere della prova applicate; sugli effetti della mancata osservanza dell’ordine di esibizione, cfr., ad es. Cass.
18 settembre 2009 n. 20104; sul principio per cui la liquidazione equitativa del
danno presuppone che sia stato provato, anche avvalendosi di presunzioni,
l’esistenza del danno da risarcire, cfr., ex ceteris, Cass. 30 aprile 2010 n.

Per il resto, la Corte territoriale svolge valutazioni del materiale probatorio raccolto che rientrano nella sua esclusiva competenza e che non possono
essere contestate, in questa sede di legittimità, con la mera contrapposizione
ad esse di diverse e magari altrettanto logiche valutazioni, come viceversa effettuato nel caso in esame dalla parte ricorrente.
Concludendo, si chiede pertanto che il Presidente della sezione voglia
fissare la data dell’adunanza in camera di consiglio.”
Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in camera di consiglio.
Il Collegio condivide il contenuto della relazione, rigettando pertanto il
ricorso, con le normali conseguenze anche in ordine al regolamento delle spese di questo giudizio, effettuato, con la relativa liquidazione, in dispositivo.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla resistente le spese di questo giudizio, liquidate in € 50,00 per esborsi ed €
1.500,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013
Il Presidente

10607).

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