Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9125 del 06/05/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 9125 Anno 2015
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: LAMORGESE ANTONIO PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 25804 2009 proposto da:

BUSCEMI IMPIANTI S.R.L.

(c.f.

02107050797),

in

persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE B. BUOZZI

Data pubblicazione: 06/05/2015

99, presso l’avvocato ANTONIO D’ALESSIO,
rappresentata
2015

e

difesa

dall’avvocato

MARIO

FIACCAVENTO, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

454

contro

COMUNE DI AVOLA, in persona del Sindaco pro

1

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
TARO 56, presso l’avvocato NUNZIATA MONELLO,
rappresentato e difeso dall’avvocato FELICE CLAUDIO
ZUCCALA’, giusta procura a margine del
controricorso;
controricorrente

avverso la sentenza n. 1161/2008 della CORTE
D’APPELLO di CATANIA, depositata il 30/09/2008;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 11/03/2015 dal Consigliere
Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

i

2

Svolgimento del processo
La società Buscemi Impianti convenne in giudizio, dinanzi
al Tribunale di Siracusa, il Comune di Avola e ne chiese la
condanna al pagamento di varie somme relative
all’esecuzione di lavori dati in appalto alla Sirmeccanica,

cui essa era subentrata, per la realizzazione della tribuna
ovest del campo sportivo comunale Meno Di Pasquale. Il
Comune di Avola eccepì il difetto di legittimazione ad
agire della Buscemi Impianti e il Tribunale accolse la
suddetta eccezione, ritenendo inefficace la cessione del
ramo d’azienda effettuata dalla Sirmeccanica, in mancanza
degli adempimenti previsti dall’art. 35 della legge
11.2.1994 n. 109 (cioè delle apposite comunicazioni
previste dall’art. l d.p.c.m. 11 maggio 1991 n. 187 e del
documentato possesso dei requisiti richiesti in capo alla
cessionaria), ai fini della sua efficacia nei confronti del
Comune.
In sede di gravame la Buscemi dedusse l’inapplicabilità del
citato art. 35, il quale presupponeva che il contratto di
appalto fosse ancora in corso, mentre nella specie non lo
era, poiché l’Amministrazione lo aveva unilateralmente
dichiarato rescisso, e comunque la comunicazione della
cessione era stata effettuata con la notifica dell’atto di
citazione.
Il gravame è stato rigettato dalla Corte d’appello di
Catania, con sentenza 30.9.2008, che ha ritenuto la
3

mancanza di prova del titolo posto a sostegno della
legittimazione ad agire della Buscemi Impianti, non essendo
stato prodotto l’atto pubblico e non essendo quindi
possibile valutare se vi fosse stata la cessione del ramo
d’azienda invocata dall’appellante.

La Buscemi Impianti ricorre per cassazione sulla base di
due motivi, cui si oppone il Comune di Avola.
Motivi della decisione
Nel primo motivo è denunciata violazione e falsa
applicazione degli artt. 2909 c.c. e 112, 434 e 436 c.p.c.,
addebitandosi alla sentenza impugnata di avere violato il
giudicato interno formatosi sulla qualificazione (e quindi
sull’esistenza) del contratto di cessione che il Tribunale,
con statuizione non impugnata, aveva considerato come
cessione di ramo d’azienda (seppur inefficace), sicché la
Corte d’appello, affermando di non poter valutare
l’esistenza della cessione, avrebbe violato il principio di
corrispondenza tra chiesto e pronunciato, in relazione ai
limiti dell’effetto devolutivo dell’impugnazione.
Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata ha ritenuto che la Buscemi Impianti
non abbia “fornito alcun supporto probatorio in ordine al
titolo dal quale le deriverebbe la legittimazione ad agire
per il ristoro dei danni assertivamente causati
.–

dall’inadempimento del Comune appellato”, non avendo

,..

prodotto in giudizio l’atto pubblico contenente la
4

cessione. Il Tribunale aveva ritenuto implicitamente
esistente ma inefficace la cessione del ramo d’azienda e,
nel giudizio di appello introdotto dalla Buscemi, la
questione dell’esistenza della cessione non era affatto
preclusa. Infatti, poiché il giudizio sull’efficacia di un

negozio implica quello sulla sua esistenza, la Corte ben
poteva, come ha fatto, accertare l’inesistenza della
cessione poiché di essa non v’era prova documentale alcuna,
tanto più che il Comune aveva proposto al riguardo una
specifica eccezione e che il difetto della legittimazione
ad agire era rilevabile d’ufficio dal giudice di secondo
grado. Inoltre, la Corte ha trovato conferma alla sua
decisione nel fatto che la documentazione relativa al
contratto di appalto era stata sottoscritta dal legale
rappresentante della Sirmeccanica anche successivamente
alla riferita cessione.
E’ opportuno aggiungere che l’atto pubblico non sarebbe
producibile in questa sede, alla luce del principio secondo
cui, qualora sia stato proposto ricorso per cassazione
avverso la sentenza che abbia negato la legittimazione ad
agire per assenza di prova della qualità di successore
dell’originaria parte, la relativa prova non può essere
offerta nel giudizio di legittimità, in cui, ai sensi
dell’art. 372 c.p.c., non possono essere prodotti documenti
che non siano stati depositati nella fase di merito, ad
,

eccezione di quelli che riguardano la nullità della
5

sentenza o l’ammissibilità del ricorso e del controricorso
(v. Cass. n. 12982/2012, n. 8527/2003).
Nel secondo motivo è denunciato vizio di motivazione per
avere erroneamente ritenuto che la mancata comunicazione
preventiva della cessione assumesse valore ostativo alla

sua efficacia, in tal modo omettendo di considerare che
l’art. 35 della legge n. 109 del 1994 era applicabile
esclusivamente alle ipotesi in cui i lavori dell’appalto
fossero ancora in corso, situazione che non ricorreva nella
fattispecie, poiché il Comune aveva unilateralmente
rescisso il contratto di appalto; inoltre, la prevista
comunicazione della cessione doveva intendersi effettuata
con la notificazione dell’atto di citazione.
.

Il motivo è inammissibile.
Sorvolando sull’inadeguatezza del quesito proposto che
denuncia la “omessa pronuncia su decisivi motivi di
appello”, cioè un vizio diverso da quello censurato nel
corpo del motivo (riguardante la valutazione di efficacia o
inefficacia della cessione) e censurabile con il diverso
mezzo

di

cui all’art. 360 n. 4 c.p.c. (in relazione

all’art. 112 c.p.c.), la censura proposta, che mira

a

dimostrare l’efficacia della cessione a norma dell’art. 35
della legge n. 109/1994, non è pertinente poiché non coglie
la ratio della sentenza impugnata, la quale ha accertato
t

l’inesistenza della cessione.

,.
6

In conclusione, il ricorso è rigettato. Le spese seguono la
soccombenza e si liquidano in giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle
spese del giudizio, liquidate in C 7200,00, di cui

e

di legge.
Roma, 11.3.2015.
Il Pres dente

7000,00 per compensi, oltre spese forfettarie e accessori

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