Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9125 del 02/04/2019

Cassazione civile sez. lav., 02/04/2019, (ud. 29/01/2019, dep. 02/04/2019), n.9125

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27793-2016 proposto da:

FONDAZIONE TEATRO DELL’OPERA DI ROMA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLE TRE MADONNE 8, presso lo studio degli avvocati MARCO MARAZZA,

MAURIZIO MARAZZA, DOMENICO DE FEO, che la rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

D.B.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 114, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO VALLEBONA, che

la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3766/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 14/09/2016 r.g.n. 1961/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/01/2019 dal Consigliere Dott. CARLA PONTERIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEDICINI ETTORE, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato MARIO MARAZZA;

udito l’Avvocato ANTONIO VALLEBONA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 3766 pubblicata il 14.9.2016, in accoglimento dell’appello proposto da D.B.M. e in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato nullo il termine apposto al contratto di lavoro subordinato concluso il 30.9.98; ha dichiarato costituto tra le parti un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a decorrere dalla data suddetta e condannato la Fondazione Teatro dell’Opera di Roma a riammettere in servizio l’appellante e a corrisponderle un’indennità risarcitoria omnicomprensiva in misura pari a dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori di legge.

2. A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha ritenuto che, a decorrere dal 23.5.1998, le fondazioni lirico-sinfoniche fossero enti di diritto privato e i rapporti di lavoro a termine soggetti alla disciplina privatistica (L. n. 230 del 1962; D.Lgs. n. 368 del 2001); che il contratto a termine concluso il 30.9.98 recasse solo il riferimento alla programmazione degli spettacoli, assolutamente insufficiente ad integrare l’onere di specificazione imposto dalla L. n. 230 del 1962; che la conversione del rapporto di lavoro non fosse preclusa dalla disciplina di settore, alla luce dei principi già espressi dalla giurisprudenza di legittimità con la sentenza n. 6547 del 2014 e altre successive, e ribaditi dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 260 del 2015.

3. Per la cassazione della sentenza la Fondazione Teatro dell’Opera di Roma ha proposto ricorso, affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso la sig.ra D.B..

4. Entrambe le parti hanno depositato memoria, ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo di ricorso la Fondazione ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.L. n. 91 del 2013, art. 11, comma 19, convertito nella L. n. 112 del 2013, per avere la Corte d’appello disposto la conversione del rapporto di lavoro nonostante l’espresso divieto legale di assunzione a tempo indeterminato se non a mezzo di apposite procedure selettive.

2. Col secondo motivo la Fondazione ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 1, lett. e), sul rilievo che il contratto concluso tra le parti per il periodo dal 30.9.98 al 26.6.99 (e debitamente trascritto) facesse riferimento ad una oggettiva esigenza di produzione di uno o più specifici spettacoli, circoscritta in un ambito temporale determinato coincidente con la durata degli spettacoli medesimi.

3. Il primo motivo di ricorso è infondato.

4. Per effetto del D.Lgs. n. 367 del 1996 e del D.L. n. 345 del 2000, convertito in L. n. 6 del 2001, si è compiuto il processo di trasformazione delle Fondazioni lirico sinfoniche in soggetti di diritto privato, a far data dal 23.5.1998, dovendosi di conseguenza attribuire natura giuridica di diritto privato al rapporto di lavoro alle dipendenze delle fondazioni medesime (Cass., S.U., n. 5029 del 2010; cfr, anche Cass. n. 21375 del 2018; n. 208 del 2017; n. 9896 del 2018, n. 19189 del 2016; n. 10924 del 2014; n. 6547 del 2014).

5. In ragione della privatizzazione del soggetto datore di lavoro e del rapporto di lavoro alle dipendenze delle fondazioni citate, questa Corte ha più volte affermato l’applicabilità, in tema di assunzioni a termine del personale artistico da parte degli enti lirici, della disciplina di cui alla L. n. 230 del 1962 (con esclusione, ai sensi del D.Lgs. 29 giugno 1996, n. 367, art. 22 del disposto di cui alla L. n. 230 cit., art. 2 relativo alle proroghe, alle prosecuzioni ed ai rinnovi dei contratti a tempo determinato) e, successivamente, di quella dettata dal D.Lgs. n. 368 del 2001 (ferma l’inapplicabilità, ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 11, comma 4, degli artt. 4 e 5 in tema di proroghe, prosecuzioni e rinnovi).

6. Il D.L. n. 64 del 2010, convertito in L. n. 100 del 2010, all’art. 3, comma 5, ha disposto “A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2011, alle fondazioni lirico-sinfoniche è fatto divieto di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato, nonchè di indire procedure concorsuali per tale scopo, fatto salvo che per quelle professionalità artistiche, necessarie per la copertura di ruoli di primaria importanza indispensabili per l’attività produttiva, previa autorizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali. Le procedure concorsuali non compatibili con le disposizioni del presente decreto, in atto al momento della sua entrata in vigore, sono prive di efficacia”.

7. Col successivo D.L. n. 91 del 2013, convertito in L. n. 112 del 2013, art. 11, comma 19, si è stabilito che “Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato presso le fondazioni lirico-sinfoniche è instaurato esclusivamente a mezzo di apposite procedure selettive pubbliche”.

8. Le disposizioni di cui al D.L. n. 91 del 2013, così come quelle introdotte dal D.L. n. 64 del 2010, sono inapplicabili al contratto a termine oggetto di causa in quanto concluso in epoca antecedente alla loro entrata in vigore e ciò in base al principio generale secondo cui la legge non dispone che per l’avvenire e non ha effetti retroattivi, salva esplicita indicazione in tal senso.

9. Come noto, la stessa Corte costituzionale, in virtù del rinvio mobile di cui all’art. 117 Cost., ha chiarito il generale divieto di interventi legislativi retroattivi anche in materia civile con la sola eccezione per l’ipotesi in cui la retroattività sia dovuta a motivi imperativi di interesse generale, così accogliendo l’interpretazione dell’art. 6 CEDU offerta dalla Corte di Strasburgo.

10. Il D.L. n. 91 del 2013, art. 11, comma 19, recante Disposizioni Urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo, invocato dalla Fondazione ricorrente, stabilisce che “il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato presso le fondazioni lirico-sinfoniche è instaurato esclusivamente a mezzo di apposite procedure selettive pubbliche”; la struttura della disposizione ed il suo inserimento tra le citate “disposizioni urgenti” (poi convertite nella L. n. 112 del 2013) inducono ad escludere che la norma possa statuire per il passato e, quindi, essere retroattivamente applicabile a contratti di gran lunga antecedenti la sua entrata in vigore.

11. L’assenza di esplicita previsione normativa circa la retroattività della disposizione richiamata esclude che possa anche astrattamente ipotizzarsi la retroattività della stessa in base al principio in claris non fit interpretatio.

12. Nel senso della irretroattività si è già espressa questa Corte (Cass. n. Ord. n. 25800 del 2018; n. 25959 del 2018) sottolineando come, in relazione a contratti a termine conclusi prima del 9.8.2013, non si possa attribuire rilievo ad una norma (D.L. n. 91 del 2013, art. 11, comma 19) che, in mancanza di una diversa indicazione normativa, non può avere effetto che per l’avvenire (art. 11 preleggi).

13. Neppure il secondo motivo di ricorso può trovare accoglimento.

14. Al riguardo va data continuità all’orientamento di questa Corte, espresso riguardo all’ipotesi prevista dalla L. n. 230 del 1962, art. 1, lett. e), che, nel testo sostituito dalla L. n. 266 del 1977, consente l’assunzione a termine di personale “riferite a specifici spettacoli ovvero a specifici programmi radiofonici o televisivi”, testo poi riprodotto dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 10, comma 7, lett. c). Per tale orientamento “il prescritto requisito della specificità esige che le caratteristiche oggettive dello spettacolo o del programma richiedano un apporto peculiare e temporaneo, che non possa essere fornito dal personale assunto in pianta stabile; pertanto, va esclusa la liceità dell’apposizione del termine nell’ipotesi di mera individuazione nel contratto dello spettacolo o del programma per la cui realizzazione il dipendente sia assunto, senza alcuna specificazione circa la natura e lo scopo di essi e prescindendo dalla temporaneità delle esigenze che rendono necessaria l’assunzione” (Cass. n. 22657 del 2012; n. 15455 del 2012; n. 6547 del 2014; n. 19189 del 2016).

15. Con ancora maggiore chiarezza, si è affermato che “In tema di assunzioni a termine di lavoratori dello spettacolo… non solo è necessario che ricorrano contestualmente i requisiti della temporaneità e della specificità, ma è indispensabile, altresì, che l’assunzione riguardi soggetti il cui apporto lavorativo si inserisca, con vincolo di necessità diretta, anche se complementare e strumentale, nello specifico spettacolo o programma, sicchè non può considerarsi sufficiente ad integrare l’ipotesi di legittimo ricorso al contratto a tempo determinato la mera qualifica tecnica od artistica del personale correlata alla produzione di spettacoli o programmi radiofonici o televisivi, occorrendo che l’apporto del peculiare contributo professionale, tecnico o artistico del soggetto esterno sia necessario per il buon funzionamento dello spettacolo, in quanto non sostituibile con le prestazioni del personale di ruolo dell’azienda” (Cass., n. 11573 del 2011; n. 22657 del 2012; n. 15455 del 2012; n. 19189 del 2016).

16. Si è altresì statuito che, sempre nell’ipotesi di cui alla lett. e) del detto articolo, “la specificità dello spettacolo o del programma, mentre non implica la straordinarietà e la occasionalità, richiede che lo spettacolo o il programma radiotelevisivo, oltre ad essere destinato a sopperire ad una temporanea necessità sia caratterizzato dall’appartenenza ad una species di un certo genus e sia, inoltre, individuato, determinato e nominato” (Cass. n. 774 del 2000). Tali principi sono stati affermati anche con riferimento ad assunzioni effettuate a norma dell’art. 1, comma 2, lett. a) e del n. 49 dell’elenco delle attività stagionali contenuto nel D.P.R. 7 ottobre 1963, n. 1525, in relazione ad una “stagione teatrale” programmata. Anche in questo caso deve sussistere un rapporto funzionale tra assunzione al lavoro e stagione teatrale, nel senso che “la durata limitata del rapporto lavorativo deve trovare giustificazione nelle esigenze e nella durata della suddetta “stagione teatrale”, intesa come serie di spettacoli consecutivi, programmati in un arco temporale che, se anche di durata più estesa delle “stagioni del calendario”, deve esaurirsi nell’anno, in ragione di quanto avviene nella realtà fattuale e dell’esperienza del settore” (Cass. n. 9878 del 1998).

17. La Corte d’appello si è attenuta ai principi appena richiamati e non merita le censure mosse dalla Fondazione ricorrente che investono l’interpretazione del contratto concluso tra le parti, attività riservata al giudice di merito (Cass. n. 19089 del 2018; n. 25270 del 2011), senza neanche denunciare la violazione dei canoni ermeneutici e senza indicare il modo in cui l’interpretazione data si discosterebbe dagli stessi. La ricorrente si limita a proporre una diversa lettura del contratto, peraltro del tutto avulsa dalla fattispecie concreta in cui l’esigenza di prestazioni connesse alla specificità delle singole rappresentazioni operistiche (“assunzioni di personale riferite a specifici spettacoli ovvero a specifici programmi radiofonici o televisivi”, L. n. 230 del 1962, art. 1, lett. e)), non solo non risulta dal testo contrattuale ma appare difficilmente conciliabile col ruolo di “maschera di sala” della sig.ra D.B., impiegata per l’intera stagione.

18. Per le considerazioni svolte il ricorso deve essere respinto.

19. La regolazione delle spese segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo.

20. Si dà atto della ricorrenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la Fondazione al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del medesimo art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2019

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