Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9123 del 15/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 15/04/2010, (ud. 03/03/2010, dep. 15/04/2010), n.9123

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.C. e B.L., rappresentati e difesi

dall’avv. Grassi Claudio giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia, sez. staccata di Catania, n. 29/34/08, depositata il 18

febbraio 2008.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 3

marzo 2010 dal Relatore Cons. Dr. Biagio Virgilio;

udito l’avv. Grassi per i ricorrenti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

FEDELI Massimo, il quale ha dichiarato di aderire alla relazione ex

art. 380 bis c.p.c..

La Corte:

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1. C.C. e B.L. propongono ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. staccata di Catania, n. 29/34/08, depositata il 18 febbraio 2008, con la quale, rigettando l’appello dei contribuenti, è stata confermata la legittimità dell’avviso di accertamento con cui era stata recuperata a tassazione una plusvalenza pari a L. 225.000.000, equivalente al corrispettivo ottenuto per la cessione dell’azienda dei ricorrenti. In particolare, il giudice a quo, confermando la sentenza di primo grado, ha affermato: a) che “della sostenuta perdita di esercizio il contribuente non ha fornito adeguata dimostrazione”; b) che “dall’atto di cessione di azienda risulta che la stessa è stata ceduta, a titolo oneroso, per il corrispettivo unitario – comprensivo del valore dell’avviamento commerciale – pari a L. 225.000.000”; c) che “è di particolare rilevanza il comportamento tenuto dal contribuente, il quale ha omesso di presentare;

all’anagrafe tributaria il quadro G della dichiarazione dei redditi”;

d) che, in conclusione, l’appello doveva essere rigettato a causa della “mancanza di prove a sostegno delle affermazioni dell’appellante”, “nonchè tenuto conto del comportamento assunto” dal medesimo.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

2. Il ricorso, con il cui unico motivo si chiede a questa Corte “se, in sede di cessione a titolo oneroso di azienda, i beni-merce di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 57 e 85, debbano essere esclusi dal valore della eventuale plusvalenza patrimoniale, relativa al realizzo di beni strumentali ammortizzati e al valore dell’avviamento”, appare inammissibile, sulla base dell’assorbente considerazione che, come sopra riportato, la ratio decidendi della sentenza impugnata si fonda anche sul rilievo, avente carattere autonomo e sufficiente a sorreggere la decisione, e non oggetto di censura in questa sede, secondo cui l’appello del contribuente non risultava suffragato in concreto da alcun elemento probatorio.

3. Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio, in quanto inammissibile”;

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state presentate conclusioni scritte da parte del p.m., mentre hanno depositato memoria i ricorrenti.

Considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, rilevata preliminarmente l’inammissibilità della documentazione depositata dai ricorrenti in allegato alla memoria ex art. 378 c.p.c., condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, senza che a diversa conclusione possano indurre le argomentazioni esposte il nell’anzidetta memoria (le quali, peraltro, non contestano il contenuto della relazione);

che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che i ricorrenti vanno conseguentemente condannati alle spese del presente giudizio di legittimità (stante, contrariamente a quanto eccepito dai ricorrenti stessi in memoria, la tempestività e validità della notificazione del controricorso), che si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese, che liquida in Euro 3700,00, di cui Euro 3500,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2010

 

 

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