Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9123 del 01/04/2021
Cassazione civile sez. VI, 01/04/2021, (ud. 26/11/2020, dep. 01/04/2021), n.9123
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9970-2020 proposto da:
G.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 38,
presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MAIORANA, che lo rappresenta
e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 1850/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,
depositata il 01/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 26/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MELONI
MARINA.
Fatto
FATTI DI CAUSA
La Corte di Appello di Catanzaro con sentenza in data 1/10/2019, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dal Tribunale di Catanzaro in ordine alle istanze avanzate da G.B. nato in Senegal il (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, il riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.
Il richiedente asilo aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di essere fuggito dal proprio paese per timore di essere processato e perseguitato per i suoi orientamenti. La Corte di Appello di Catanzaro in particolare ha escluso le condizioni previste per il riconoscimento del diritto al rifugio D.Lgs. n. 251 del 2007 ex artt. 7 e 8, ed i presupposti richiesti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, per la concessione della protezione sussidiaria, non emergendo elementi idonei a dimostrare che il ricorrente potesse essere sottoposto nel paese di origine a pena capitale o a trattamenti inumani o degradanti. Nel contempo il collegio di merito negava il ricorrere di uno stato di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale nonchè una situazione di elevata vulnerabilità individuale.
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia nullità della sentenza per omessa esposizione delle ragioni di diritto ed omessa valutazione dei documenti prodotti e delle prove documentali offerte, da parte del Giudice Territoriale che non aveva approfondito l’analisi della situazione personale del ricorrente.
Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello di Catanzaro non ha riconosciuto il diritto ad un permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Il primo e secondo motivo sono inammissibili.
Infatti ambedue censurano con una generica critica il ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, si risolvono nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).
Il secondo motivo di ricorso, pur rubricato sotto il solo profilo della violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3), contiene in realtà una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione della corte territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento circa l’intrinseca inattendibilità del racconto del ricorrente.
In particolare riferimento ai presupposti per la concessione della protezione sussidiaria sussumibile nella previsione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c), il giudice territoriale, alla luce del dovere di cooperazione istruttoria di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, ha esaminato la situazione del Senegal e di conseguenza ha ritenuto, con motivazione coerente ed esaustiva, l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e di una situazione di conflitto armato nella zona di provenienza del ricorrente, di livello così elevato da comportare per i civili, per la sola presenza nel territorio in questione, il concreto rischio della vita o di un grave danno alla persona.
Il motivo sulla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria è inammissibile perchè censura l’accertamento di merito compiuto dal Tribunale in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità o di pericolo legata alla situazione individuale dell’istante, o di lesione dei diritti fondamentali della persona, limitandosi peraltro a considerazioni generali prive di specifici riferimenti.
Il ricorso proposto deve pertanto essere dichiarato inammissibile. Ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ove dovuto.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso. Ricorrono i presupposti processuali per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6/1 sezione della Corte di Cassazione, il 26 dicembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2021