Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9121 del 15/04/2010
Cassazione civile sez. trib., 15/04/2010, (ud. 03/03/2010, dep. 15/04/2010), n.9121
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –
Dott. IACOBELLIS Marcello – rel. Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – Consiglie – –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
Avv. D.P.V., elett.te dom.to in Roma, al viale Liegi 44,
difeso da sè medesimo;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Economia e delle Finanze;
– intimato –
Nonchè:
Agenzia delle Entrate, in persona del legale rapp.te pro tempore,
domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura
Generale dello Stato che lo rappresenta e difende per legge;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria
Regionale del Lazio n. 69/2007/03, depositata il 21/11/2007;
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
giorno 3/3/2010 dal Consigliere Relatore Dott. Marcello Iacobellis;
viste le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale, Dott. FEDELI Massimo, che ha concluso aderendo alla
relazione.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia promossa dall’avv. D.P. contro l’Agenzia delle Entrate è stata definita con la decisione in epigrafe, recante il rigetto dell’appello proposto dal contribuente contro la sentenza della CTP di Roma n. 9/39/05 che aveva rigettato il ricorso del contribuente avverso il silenzio rifiuto dell’Amministrazione in ordine alla domanda di rimborso dell’IRAP versata per l’anno 1999. La CTR escludeva il diritto al rimborso rilevando che il D.P. “possiede beni strumentali di una notevole consistenza ed ha usufruito per dieci mesi di personale dipendente”.
Il ricorso proposto dal D.P. si articola in tre motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Il relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c.. Il presidente ha fissato l’udienza del 3/3/2010 per l’adunanza della Corte in Camera di Consiglio. Il ricorrente ha depositato memoria; il P.G. ha concluso aderendo alla relazione.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente dichiarata la inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia che non è stato parte nel giudizio di appello.
Nel merito, con primo motivo, il ricorrente assume la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, nella parte in cui la CTR ha riconosciuto la configurabilità del presupposto impositivo nell’esclusivo svolgimento della professione.
Con secondo motivo il ricorrente assume la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2. La prova della sussistenza dei presupposti su cui si fonda la pretesa impositiva sarebbe a carico dell’amministrazione.
Le censure sono fondate nei limiti che seguono. Questa Corte ha ripetutamente affermato (v. Sent. n. 3678 del 16/02/2007), che in tema di IRAP, l’esercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diversa dall’impresa commerciale costituisce, secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, presupposto dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente che eserciti attività di lavoro autonomo: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo l'”id quod plerumque accidit”, costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni.
Alla parziale erronea motivazione in diritto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c., non consegue la cassazione della decisione impugnata, avendo la CTR comunque rigettato l’appello sul rilievo che “il contribuente possiede beni strumentali di notevole consistenza ed ha usufruito per dieci mesi di personale dipendente”.
Con terzo motivo il ricorrente assume la insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso. La decisione sarebbe priva di un supporto motivazionale in ordine ai mezzi strumentali presi a riferimento nonchè circa la loro rilevanza ai fini organizzativi.
La censura è inammissibile sia in quanto formulata con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, sia in quanto priva di una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un “quid pluris” rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (Sez. 3^, Ordinanza n. 8897 del 07/04/2008) nonchè di una spiegazione logica alternativa del fatto appaia come l’unica possibile (Sez. 3, Sentenza n. 3267 del 12/02/2008).
Vanno pertanto disattese anche le argomentazioni espresse dal ricorrente con la propria memoria, con rigetto del ricorso.
La natura della controversia e le incertezze giurisprudenziali giustificano la compensazione delle spese del giudizio di Cassazione tra le parti costituite.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, rigetta il ricorso proposto nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, compensando le spese del giudizio per cassazione tra le parti costituite.
Così deciso in Roma, il 3 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2010