Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9121 del 07/04/2017
Cassazione civile, sez. II, 07/04/2017, (ud. 15/02/2017, dep.07/04/2017), n. 9121
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –
Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –
Dott. MANNA Felice – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 5876-2012 proposto da:
A.M., (OMISSIS), P.M. (OMISSIS),
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo studio
dell’avvocato GUIDO FRANCESCO ROMANELLI, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato SERGIO D’AMATO;
– ricorrenti –
contro
AN.FL., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
D. MILLELIRE 7, presso lo studio dell’avvocato RODOLFO GIOMMINI, che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PATRIZIO MOLESINI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 54/2012 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,
depositata il 10/02/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
15/02/2017 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
RUSSO Rosario Giovanni;
udito l’Avvocato Francesco Pecora con delega depositata in udienza
dell’avv. Romanelli Guido Francesco difensore dei ricorrenti che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso;
sentito il P.M. in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. RUSSO Rosario
Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilità o per la manifesta
infondatezza del ricorso, e per la condanna aggravata alle spese.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 17.11.2004 A.F., proprietario delle particelle fondiarie (OMISSIS) e della particella edificale (OMISSIS), confinanti con la particella edificale (OMISSIS), recentemente edificata con la costruzione di una palazzina, chiedeva la condanna in solido dei convenuti P.M. e A.M. alla demolizione o all’arretramento di tutto quanto faceva parte della porzione materiale quattro della particella (OMISSIS) edificata a distanza inferiore a m. 10 dal fabbricato particella (OMISSIS) ed in particolare parte del muro rivestito in sassi che sosteneva un poggiolo ed il terrapieno artificiale sulla sommità del quale era stata realizzata una terrazza con parapetto prospiciente sul fondo attoreo. ripristinando l’originaria situazione del terreno, oltre i danni.
I convenuti eccepivano il difetto di interesse, di legittimazione passiva e comunque contestavano la pretesa e riconvenzionalmente chiedevano la condanna dell’attore a demolire e arretrare fino a metri 5 dal confine il suo immobile oltre i danni, all’eliminazione di immissioni maleodoranti e di una rampa, all’estirpazione di un albero, a non transitare con mezzi.
Con memoria ex art. 185 C.P.C. l’attore eccepiva il suo diritto a mantenere la costruzione a m. 5 e l’albero per usucapione.
Il Tribunale respingeva le domande attoree con la sola eccezione della usucapione della presenza dell’albero di noce, condannava Fattore ad arretrare quanto faceva parte della rampa con terrapieno a distanza di metri 5 dal confine.
La Corte di appello di Trento, con sentenza 54/2012, in parziale riforma condannava i convenuti in solido a demolire ed arretrare quanto edificato a distanza inferiore a metri dieci ed in particolare parte del muro in sassi ed il terrapieno ripristinando l’originaria quota naturale statuendo che in tema di distanze non si pone un problema di interesse ad agire, facendo riferimento alla ctu con relativo supplemento nonchè all’art. 873 c.c. come integrato dall’art. 6 prg Tenna.
Ricorrono i P. A. con sei motivi, resiste An..
Le parti hanno presentato memorie.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo si denunziano violazione degli artt. 100 e 112 c.p.c. e vizi di motivazione riproponendo l’eccezione di difetto di interesse e di legittimazione passiva avendo solo acquistato l’immobile.
Col secondo motivo si lamenta violazione dell’art. 873 c.c. e dell’art. 6 PRG Tenna perchè stando alla ctu il manufatto attoreo non ha caratteristica abitativa ed è stato realizzato in fasi successive ed abusivamente e, comunque, il giudice poteva condannare solo al risarcimento del danno.
Col terzo motivo si lamentano violazione degli artt. 2697, 872, 873 c.c., art. 6 PRG e vizi di motivazione in relazione alla ctp depositata.
Col quarto motivo si denunzia violazione dell’art. 873 c.c. e dell’art. 6 PRG perchè i manufatti dei convenuti sono stati edificati sotto il livello del terreno preesistente. Col quinto motivo si denunziano violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e vizi di motivazione perchè il giudice di appello ha compensato le spese dei due gradi per cui, dovendosi riformare detta sentenza tutte le spese, anche della procedura di sospensione dell’esecuzione, vanno poste a carico di controparte.
Col sesto motivo si lamentano violazione degli artt. 96 e 112 c.p.c. perchè era stata chiesta la condanna ex art. 96 c.p.c..
Le censure sono infondate.
E’ il caso di evidenziare che la sentenza impugnata, con congrua, logica e condivisibile motivazione ha statuito che in tema di distanze non si pone un problema di interesse ad agire ed ha fatto riferimento alla ctu con relativo supplemento nonchè all’art. 873 cc come integrato dall’art. 6 PRG Tenna.
Trattasi di valutazioni in diritto e di accertamenti in fatto incensurabili.
Alla cassazione della sentenza si può giungere solo quando la motivazione sia incompleta, incoerente ed illogica e non quando il giudice del merito abbia valutato i fatti in modo difforme dalle aspettative e dalle deduzioni di parte (Cass. 14 febbraio 2003 n. 2222) nè vengono argomentate le prospettate violazioni di legge.
La complessiva ratio decidendi non è impugnata se non con mere deduzioni di dissenso.
In particolare si osserva:
Il primo motivo è generico e non supera quanto statuito in sentenza, nè si contesta la qualità di proprietari che giustifica l’azione ripristinatoria ed è confermata dalla proposizione della riconvenzionale.
Il diritto all’osservanza delle distanze legali sussiste indipendentemente dall’esistenza di un danno attuale e dalla possibilità o meno di costruire (Cass. 4246/81, 3417/76 etc).
Il risarcimento del danno per violazione delle distanze si ricollega alla violazione di una obbligazione propter rem e, come tale, soggetto obbligato è il proprietario attuale del bene (Cass. 7680/91; 6078/90; 1082/86).
Il secondo è infondato in quanto sussiste l’obbligo di rispettare le distanze da qualsiasi manufatto e si dà solo una lettura parziale e ad usum delphini della ctu dalla quale emerge che non trattavasi di struttura precaria ed era stato oggetto di condono edilizio e di concessione.
In caso di inosservanza delle distanze legali è esperibile sia l’azione risarcitoria sia quella ripristinatoria (Cass. 14.1.2016 n. 458, Cass. 4.9.2015 n. 17602), quest’ultima proponibile necessariamente nei confronti del proprietario della costruzione illegittima anche se materialmente realizzata da altri.
Relativamente alla natura di costruzione ed al carattere interrato o meno del manufatto si tratta di accertamento di fatto riservato al giudice di merito e la natura di costruzione comportava l’applicazione delle norme sulle distanze dello strumento urbanistico (metri 10 tra fabbricati).
Il terzo motivo è infondato costituendo la ctp solo una allegazione di parte non risolutiva.
Va richiamata la giurisprudenza sul danno in re ipsa (Cass. 25475/10).
La condanna al risarcimento è stata emessa in relazione alla diminuzione di godimento e non è preclusa dall’ordine di demolizione (Cass. 5653/93; 19132/13). Il quarto motivo propone una questione che richiede nuovo accertamento in fatto in contrasto con le risultanze processuali.
Il quinto motivo è inammissibile non denunziando un vizio della sentenza ma un auspicio di parte.
Il sesto è superato dal rigetto del ricorso, cui consegue anche la condanna alle spese. Deve rigettarsi la domanda di condanna aggravata alle spese formulata dal PG non ravvisandosi i presupposti di cui all’art. 385 c.p.c., comma 4, ratione temporis applicabile, posto che a tal fine occorre che il ricorso per cassazione sia non soltanto erroneo in diritto ma evidenzi un gradi di imperizia, imprudenza o negligenza accentuatamente anormali.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese liquidate in Euro 3200 di cui Euro 3000 per compensi, oltre accessori.
Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2017.
Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2017