Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9120 del 20/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 20/04/2011, (ud. 23/03/2011, dep. 20/04/2011), n.9120

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

J PETROL S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dall’avv. MUSTO Flavio Maria;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che le rappresenta e difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale dell’Umbria, sez. 5^, n. 55, depositata il 23.7.2008;

Letta la relazione scritta redatta dal Consigliere relatore Dott.

Aurelio Cappabianca;

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3;

udito, per la società ricorrente, l’avv. Flavio Musto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso, in aderenza alla relazione, per

il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

che la società contribuente propose ricorsi avverso atti di contestazione, con i quali l’Agenzia delle Dogane le aveva contestato la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 3, comma 4 e D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, comma 1, per ritardato pagamento dell’accisa sul carburante per i mesi di gennaio, marzo, novembre e dicembre 2002;

che l’adita commissione tributaria, riuniti i ricorsi, li respinse e, in esito all’appello della società contribuente, la decisione fu confermata, salva la precisazione della necessità di detrazione, dall’importo complessivamente dovuto, delle somme corrisposte dalla contribuente in prospettiva del (pur inammissibile) ravvedimento operoso D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 13, comma 1, lett. a;

– che, avverso la sentenza di appello, la società, illustrando le proprie ragioni anche con memoria, propone ricorso per cassazione, in tonico motivo, denunciando “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13” e formulando il seguente quesito di diritto: “… se gli atti di contestazione ed irrogazione delle sanzioni per i versamenti dell’accisa con ritardi non superiori a giorni 15, laddove il contribuente abbia fornito garanzia accettata e riconosciuta dall’Amministrazione finanziaria, siano legittimi quando si continui ad applicare la sola agevolazione dell’1/15 per ciascun giorno di ritardo e non viene, invece, riconosciuta quella principale dell’abbattimento all’1/8 del 30% (4%), ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, comma 1”;

che l’Agenzia delle Dogane resiste con controricorso;

osservato:

– che l’unico motivo di ricorso è inammissibile;

che, prioritariamente rispetto ogni altra valutazione, occorre osservare che il motivo non è rispondente alle prescrizioni di cui all’art. 366 bis c.p.c.;

– che infatti, ai sensi della disposizione indicata, il quesito inerente ad una censura in diritto – dovendo assolvere la funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale – non può essere meramente teorico ma deve essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado poter comprendere dalla sua sola lettura, l’errore asseritamente compiuto dal giudice a quo e la regola applicabile (v. Cass. S.U. 3519/08);

– che il motivo di ricorso è, altresì, inammissibile poichè introduce una questione (mancato riconoscimento della riduzione della sanzione ad un ottavo del minimo), non adeguatamente sviluppata nei suoi presupposti di fatto sul piano dell’autosufficienza e, in tale prospettiva, anche “nuova”, configurando tema di decisione di cui non è traccia nella sentenza impugnata e che il ricorso (che appare, peraltro, svolgere censura incidente direttamente sull’atto sanzionatorio, piuttosto che sulla sentenza impugnata) non riferisce ove e come prospettata e trattata davanti al giudice del merito (v.

Cass. 14.590/05, 13.979/05, 6656/04 5561/04);

ritenuto:

– che il ricorso va, pertanto, respinto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

– che, per la soccombenza, la società contribuente va condannata al pagamento delle spese di causa, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

la Corte: respinge il ricorso; condanna la società contribuente al pagamento delle spese di causa, liquidate in complessive Euro 5.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2011

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