Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9117 del 19/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 19/05/2020, (ud. 22/01/2020, dep. 19/05/2020), n.9117

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 556-2019 proposto da:

C.B., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE GREGORIO

VII N. 16, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI MARCHESE, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI MILANO (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 3793/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 07/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DI MARZIO

MAURO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. – C.B., cittadino della Guinea, ricorre per tre mezzi, nei confronti del Ministero degli interni, contro la sentenza del 7 agosto 2018 con cui la Corte d’appello di Milano ha respinto l’appello avverso ordinanza del locale Tribunale di rigetto della sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

2. – Non spiega difese l’amministrazione intimata.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

3. Il primo motivo, a fronte della pronuncia della Corte d’appello di inammissibilità dell’impugnazione perchè tardiva, denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, censurando la sentenza impugnata per aver omesso di pronunciare sulla sua istanza di remissione in termini nella proposizione dell’appello tardivamente spiegato.

Il secondo motivo denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 153 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nuovamente dolendosi del mancato accoglimento istanza di rimessione in termini.

Il terzo motivo denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, censurando la sentenza impugnata per aver omesso di considerare il divieto di respingimento previsto da detta norma.

RITENUTO:

CHE:

4. – Il ricorso va respinto.

4.1. – Il primo motivo è infondato, per l’ovvia considerazione che il vizio di omessa pronuncia non è prospettabile in relazione a domande diverse da quelle di merito, sicchè il mancato esame da parte del giudice, sollecitatone dalla parte, di una questione puramente processuale – quale quella concernente la remissione in termini non può dare luogo al vizio di omessa pronunzia (p. es. Cass. 10 ottobre 2014, n. 21424).

4.2. E’ parimenti infondato il secondo motivo.

Secondo il ricorrente, egli non sarebbe “stato reso edotto dal proprio difensore circa il termine per proporre impugnazione avverso la sentenza di primo grado, avendo erroneamente ritenuto che le recenti modifiche normative che hanno riguardato la materia della protezione internazionale… che hanno, tra le altre cose, disposto il grado unico di giudizio per i ricorsi giurisdizionali, si applicassero anche ai procedimenti in corso”.

Questa la circostanza allegata a fondamento dell’istanza di rimessione in termini.

Ma tale errore di lettura non tiene conto dell’elementare considerazione che la previsione di non reclamabilità del decreto del Tribunale è contemplata dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 6, lett. g), convertito in L. 13 aprile 2017, n. 46, mentre l’art. 21 dello stesso testo reca una esplicita disposizione transitoria in forza della quale la detta previsione si applica alle cause e ai procedimenti giudiziari sorti dopo il centottantesimo giorno dalla data di entrata in vigore del decreto. Alle cause e ai procedimenti giudiziari introdotti anteriormente alla scadenza del termine indicato continuavano ad applicarsi le disposizioni vigenti prima dell’entrata in vigore del decreto.

Orbene, l’erronea lettura, tanto più se concernente un dato normativo assolutamente inequivoco, non può, neppure in astratto, essere ricondotta alla nozione di causa non imputabile prevista dall’art. 153 c.p.c., comma 2.

Questa Corte ha ad esempio affermato che l’inosservanza del “dovere di precauzione” esclude l’affidamento incolpevole, cosicchè non può farsi luogo alla rimessione in termini per la notificazione di un ricorso tardivamente proposto, se la decadenza derivi dall’adozione, da parte delle Sezioni Unite, in sede di composizione di un contrasto, di un orientamento interpretativo già prevalente (Cass. 25 febbraio 2011, n. 4687). Allo stesso modo, l’intervento regolatore delle Sezioni Unite, derivante da un preesistente contrasto di orientamenti di legittimità in ordine alle norme regolatrici del processo, induce ad escludere che possa essere ravvisato un errore scusabile, ai fini dell’esercizio del diritto alla rimessione in termini, in capo alla parte che abbia confidato sull’orientamento che non è prevalso (Cass. 15 dicembre 2011, n. 27086). Di recente è stato anche detto che l’intervento regolatore delle Sezioni Unite, derivante da un preesistente contrasto di orientamenti di legittimità in ordine alle norme regolatrici del processo, induce a escludere che possa essere ravvisato un errore scusabile, ai fini dell’esercizio del diritto alla rimessione in termini in capo alla parte che abbia confidato sull’orientamento che non è prevalso (Cass. 11 marzo 2019, n. 6918).

Insomma, la causa non imputabile non può essere ravvisata neppure nell’ipotesi in cui essa trovi un qualche appoggio nell’esistenza di contrasti o perplessità giurisprudenziali.

Dopodichè, è risolutivo osservare che la rimessione in termini non può certo essere giustificata dall’erronea interpretazione, per quanto difficoltosa, e non era questo il caso, di una norma. La rimessione in termini per causa non imputabile, in entrambe le formulazioni che si sono succedute (artt. 184-bis e 153 c.p.c.), ossia per errore cagionato da fatto impeditivo estraneo alla volontà della parte, che presenti i caratteri dell’assolutezza e non della mera difficoltà e si ponga in rapporto causale determinante con il verificarsi della decadenza, non è cioè invocabile in caso di errori di diritto nell’interpretazione della legge processuale, pur se determinati da difficoltà interpretative di norme nuove o di complessa decifrazione, in quanto imputabili a scelte difensive rivelatesi sbagliate (Cass., Sez. Un., 12 febbraio 2019, n. 4135).

Val quanto dire, in definitiva, che il ricorrente ha allegato a fondamento dell’istanza di remissione in termini una circostanza che alla previsione normativa è totalmente estranea.

4.3. – Il terzo motivo è assorbito.

6. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

rigetta il ricorso, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2020

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