Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9114 del 01/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 01/04/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 01/04/2021), n.9114

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16640/2015 proposto da:

D.R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE CLODIO

N. 18, presso lo studio dell’avvocato CARMINE MEDICI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2898/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 27/05/2014 R.G.N. 7384/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2021 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MUCCI Roberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato CARMINE MEDICI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’ Appello di Roma, previa riunione dei giudizi, ha respinto gli appelli, proposti da D.R.A. e da altri litisconsorti che non hanno impugnato la decisione, avverso le sentenze del Tribunale della stessa sede che avevano rigettato le domande, formulate nei confronti del Ministero degli Affari Esteri, volte ad ottenere il riconoscimento a fini giuridici ed economici dell’anzianità di servizio maturata presso i Consolati in epoca antecedente l’immissione in ruolo.

2. La Corte territoriale ha premesso che gli appellanti erano stati assunti ai sensi del D.P.R. n. 18 del 1967, art. 152, con contratti a tempo indeterminato regolati dalla legge locale ed avevano, poi, partecipato al concorso per titoli ed esame indetto della L. n. 662 del 1996, ex art. 1, all’esito del quale erano stati immessi nel ruolo del Ministero.

3. Il giudice d’appello ha rilevato che fra le parti erano intercorsi due distinti rapporti, assoggettati ad una diversa disciplina normativa e contrattuale, sicchè del tutto giustificato si doveva ritenere il contestato frazionamento dell’anzianità di servizio, tanto più che mentre il contrattista poteva svolgere le funzioni solo presso il Consolato o, in caso di soppressione, analogo ufficio all’estero, a seguito dell’immissione nei ruoli del Ministero l’impiegato avrebbe potuto svolgere le proprie mansioni ovunque.

4. Ha ritenuto non pertinente il richiamo al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 31, perchè non si era verificata una cessione del contratto, bensì si era in presenza di instaurazione di nuovo e distinto rapporto, subordinato al superamento della prova concorsuale ed alla risoluzione per dimissioni del precedente contratto.

5. Infine il giudice d’appello ha escluso che potessero gli appellanti invocare la sentenza della Corte di Giustizia del 26 ottobre 2006, che aveva ritenuto violato l’art. 7, n. 1 del regolamento CE 15/10/1968 n. 1612, perchè nel caso di specie non veniva in rilievo una possibile discriminazione fra cittadini di diversi Stati membri.

6. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso D.R.A. sulla base di un unico motivo, articolato in più punti quanto allo sviluppo argomentativo ed illustrato da memoria, al quale il Ministero ha opposto difese con tempestivo controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso D.R.A. ripropone la tesi secondo cui non poteva essere riconosciuta alcuna efficacia novativa all’immissione in ruolo, perchè si era in presenza di un unico rapporto, svoltosi senza soluzione di continuità, seppure sulla base di contratti distinti dal punto di vista formale. Sostiene di avere svolto sempre le medesime mansioni e di avere conservato sia l’inquadramento sia la posizione economica di provenienza. Richiama giurisprudenza di questa Corte per affermare che l’unicità del rapporto non poteva essere esclusa facendo leva sugli atti di risoluzione e di riassunzione, trattandosi di atti nulli in quanto non accompagnati da effettiva volontà novativa. Invoca i principi affermati in tema di rapporti di lavoro a tempo determinato dalla Corte di Giustizia con la sentenza del 26 novembre 2014 in causa C-22/13 e ribadisce che, pur in difetto di un’esplicita previsione legislativa, l’anzianità di servizio doveva essere riconosciuta in quanto infrazionabile. Infine sostiene che ha errato il giudice d’appello nel ritenere non pertinente il richiamo all’art. 39 del Trattato ed all’art. 7 del regolamento n. 1612/1968 perchè se il Ministero è tenuto a riconoscere l’esperienza professionale maturata dai lavoratori comunitari nel settore pubblico di altro Stato membro, a maggior ragione è tenuto a riconoscere l’anzianità maturata alle proprie dipendenze presso il Consolato.

2. Sono infondate le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla difesa del Ministero controricorrente.

Risulta dalla documentazione in atti che la sentenza impugnata è stata depositata il 27 maggio 2014 e, quindi, il termine previsto dall’art. 327 c.p.c., nel testo originario applicabile ratione temporis (il giudizio di primo grado è stato instaurato nell’anno 2006), scadeva il 27 maggio 2015, giorno in cui il difensore ha provveduto a consegnare all’ufficio postale il plico, ricevuto dall’Avvocatura Generale dello Stato il successivo 3 giugno.

Questa Corte ha già affermato, ed all’orientamento deve essere data continuità, che in tema di notificazione a mezzo del servizio postale, il principio, derivante dalla sentenza n. 477 del 2002 della Corte costituzionale, secondo cui la notificazione a mezzo posta si deve ritenere perfezionata per il notificante con la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, ha carattere generale, e trova applicazione anche nell’ipotesi in cui la notifica a mezzo posta venga eseguita, anzichè dall’ufficiale giudiziario, dal difensore della parte a ciò autorizzato, essendo irrilevante la diversità soggettiva dell’autore della notificazione, con l’unica differenza che alla data di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario va in tal caso sostituita la data di spedizione del piego raccomandato, da comprovare mediante il riscontro documentale dell’avvenuta esecuzione delle formalità richieste presso l’Ufficio postale (Cass. n. 4242/2013 e Cass. n. 17748/2009).

L’onere in questione è stato correttamente assolto dal ricorrente, sicchè va esclusa l’eccepita tardività del ricorso.

2.1. Deve essere parimenti rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, fondata sull’omessa formulazione della rubrica, perchè il requisito di specificità dei motivi, imposto dall’art. 366 c.p.c., n. 4, non va inteso in senso formale e non rende necessaria la previa individuazione, nel titolo, delle norme di legge che si assumono violate, ma comporta solo l’esigenza di una chiara esposizione, nell’ambito del motivo, delle ragioni per le quali la censura sia stata formulata e del tenore della pronunzia caducatoria richiesta, che consentano al giudice di legittimità di individuare la volontà dell’impugnante e stabilire se lo stesso abbia dedotto un vizio di legittimità sostanzialmente, ma inequivocabilmente, riconducibile ad alcuna delle tassative ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c. (Cass. S.U. n. 17931/2013).

Nel caso di specie il ricorrente ha esposto con sufficiente chiarezza le ragioni per le quali la Corte territoriale avrebbe dovuto accertare l’unicità del rapporto e riconoscere l’anzianità di servizio maturata prima dell’immissione nei ruoli del Ministero, sicchè l’eccezione da quest’ultimo formulata deve essere disattesa.

3. Il ricorso, seppure ammissibile, è, però, infondato nel merito in quanto correttamente il giudice d’appello ha rilevato la diversità e l’autonomia del rapporto disciplinato del D.P.R. n. 18 del 1967, artt. 152 e segg., nelle versioni succedutesi nel tempo, rispetto a quello di impiego pubblico alle dipendenze del Ministero, instaurato dopo il superamento da parte del ricorrente del concorso indetto ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 134.

E’ pacifico fra le parti, e ne dà atto anche la sentenza impugnata, che D.R.A., dopo avere prestato servizio presso l’Ambasciata italiana di Mosca dal 1 agosto 1981 al 31 agosto 2002, è stato immesso nei ruoli del Ministero a far tempo dal 1 settembre 2002 ai sensi della disposizione sopra richiamata, che, oltre a prevedere l’indizione di concorsi per titoli ed esami finalizzati all’assunzione da parte del Ministero di un contingente annuale di cinquanta unità appartenenti alla categoria degli impiegati a contratto di cittadinanza italiana, stabiliva anche che “gli impiegati a contratti così immessi nei ruoli sono destinati, quale sede di prima destinazione, a prestare servizio presso l’amministrazione centrale per un periodo minimo di due anni”.

3.1. La tesi sostenuta dal ricorrente, secondo cui il rapporto non avrebbe avuto soluzione di continuità in ragione della identità delle parti, dell’inquadramento e delle mansioni assegnategli, è smentita, oltre che dall’assegnazione ad altra sede di servizio, imposta dal legislatore, dal carattere di assoluta specialità che, rispetto al normale rapporto di impiego pubblico, hanno i contratti stipulati ai sensi del D.P.R. n. 18 del 1967, artt. 152 e segg..

E’ utile rammentare che il D.Lgs. n. 165 del 2001, nel dettare le norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, ha ribadito detta specialità ed ha previsto, in tutte le versioni dell’art. 45 succedutesi nel tempo, che “le funzioni ed i relativi trattamenti economici accessori del personale non diplomatico del Ministero degli affari esteri per i servizi che si prestano all’estero presso le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari e le istituzioni culturali e scolastiche, sono disciplinati, limitatamente al periodo di servizio ivi prestato, dalle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967 n. 18, e successive modificazioni ed integrazioni, nonchè dalle altre pertinenti normative di settore del Ministero degli affari esteri”.

La specialità dei detti rapporti e della disciplina che agli stessi si riferisce è stata da tempo sottolineata da questa Corte la quale, valorizzando il richiamato comma 3 dell’originario art. 45 (comma 5 nella formulazione attuale) nonchè l’analitica disciplina dettata dal D.P.R. n. 18 del 1967, ha evidenziato che risulta chiaro l’obiettivo del legislatore di regolare il rapporto di lavoro del personale del quale qui si discute in maniera autonoma rispetto a quello dei dipendenti stabilmente inseriti nei ruoli del Ministero, obiettivo giustificato “dalla circostanza che le funzioni svolte nell’ambito del servizio diplomatico dalla categoria del personale assunto a livello locale sono quelle proprie (ma indeterminate) delle “esigenze di servizio” della rappresentanza diplomatica interessata (o degli uffici ad essa equiparata)” (Cass. n. 20356/2014; sulla specialità della disciplina cfr. Cass. n. 23089/2016 e Cass. n. 16755/2019).

3.2. La diversità del rapporto instaurato ai sensi del D.P.R. n. 18 del 1967, artt. 152 e segg., rispetto a quello che comporta l’accesso ai ruoli organici del Ministero è evidenziata dalla disciplina dettata dall’art. 167 del citato D.P.R., che, in entrambe le versioni succedutesi nel tempo, ha subordinato l’instaurazione di un rapporto di impiego pubblico con l’amministrazione centrale degli Affari esteri al superamento di una procedura concorsuale, sia pure riservata, in tutto o in parte (nella formulazione attuale è prevista una riserva pari al 10% dei posti per i quali il concorso pubblico è bandito), agli impiegati a contratto in possesso dei requisiti previsti dalla legge e dal bando.

Conferma della assoluta autonomia del nuovo rapporto rispetto a quello in precedenza instaurato fra le medesime parti si trae dall’originario del D.P.R. n. 18 del 1967, art. 167, comma 6, secondo cui a seguito dell’immissione nei ruoli del Ministero il servizio in precedenza prestato è valutato, ai soli fini del trattamento di quiescenza, a domanda dell’interessato e “secondo le norme in vigore per il riscatto del servizio non di ruolo”.

3.3. D’altro canto è significativo osservare che, secondo la giurisprudenza consolidata delle Sezioni Unite di questa Corte, hanno efficacia novativa del rapporto di impiego pubblico anche le procedure concorsuali che, in relazione a rapporti già instaurati con una Pubblica Amministrazione, comportino l’inquadramento in una diversa area o qualifica (cfr. fra le tante Cass. S.U. n. 24879/2017 e Cass. S.U. n. 26270/2016), sicchè, a maggior ragione, l’autonomia del rapporto rispetto al precedente va affermata nella fattispecie nella quale, all’esito dell’espletamento delle operazioni concorsuali, si è realizzato uno stabile inserimento nella dotazione organica del Ministero a fronte di un precedente rapporto instaurato per le esigenze di servizio dei soli organi periferici, esposto alla possibilità di risoluzione in caso del venir meno delle esigenze stesse (D.P.R. n. 18 del 1967, art. 166, in entrambe le versioni succedutesi nel tempo).

4. Una volta esclusa l’unicità e la continuità del rapporto, risulta priva di fondamento la pretesa del ricorrente di vedersi riconoscere, a fini giuridici ed economici, l’anzianità di servizio maturata sulla base del contratto stipulato ai sensi del D.P.R. n. 18 del 1967, art. 154.

In particolare il D.R. non può invocare la direttiva 1999/70/CE e le pronunce della Corte di Giustizia e di questa Corte che hanno affrontato la diversa questione del riconoscimento dell’anzianità maturata prima dell’immissione in ruolo da assunti a tempo determinato, poi stabilizzati.

Assorbente è il rilievo che nella specie il rapporto in precedenza intercorso fra le parti era anch’esso a tempo indeterminato, sicchè la vicenda controversa esula dal campo di applicazione dell’Accordo Quadro allegato alla direttiva.

4.1. Parimenti inconferente è il richiamo alle decisioni che hanno affrontato la diversa questione dell’interpretazione del D.Lgs. n. 103 del 2000, art. 2, perchè in quel caso si discuteva degli effetti prodotti dalle modifiche normative riguardanti il regime giuridico dell’unico rapporto a tempo indeterminato regolato del D.P.R. n. 18 del 1967, artt. 152 e segg..

Nella specie, al contrario, l’assunzione nei ruoli del Ministero, preceduta dalle dimissioni dal precedente rapporto, ha dato luogo all’instaurazione di un rapporto di impiego del tutto autonomo rispetto al precedente, connotato, come si è detto, da assoluta specialità.

4.2. Infine correttamente la Corte territoriale ha escluso che possa rilevare nella fattispecie l’art. 45 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (ex art. 39 TCE) perchè non è denunciato un trattamento discriminatorio tra lavoratori degli Stati membri, fondato sulla nazionalità. I principi affermati dalla Corte di Giustizia con la sentenza richiamata nel ricorso si riferiscono alla necessità che lo Stato, qualora intenda valorizzare l’esperienza professionale svolta dagli aspiranti all’impiego, non privilegi l’attività svolta nello Stato Italiano e riconosca in eguale misura quella resa in favore delle amministrazioni degli Stati membri, questione, questa, all’evidenza diversa da quella qui prospettata.

5. In via conclusiva il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve darsi atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dal ricorrente.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2021

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