Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9112 del 01/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 01/04/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 01/04/2021), n.9112

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 35104/2019 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

iomiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati

PATRIZIA CIACCI, CLEMENTINA PULLI, MANUELA MASSA;

– ricorrente –

contro

G.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 291/2019 del TRIBUNALE di POTENZA, depositata

il 04/06/2019 R.G.N. 2189/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/01/2021 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per inammissibilità del ricorso;

udito l’Avvocato MANUELA MASSA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 4 giugno 2019, il Tribunale di Potenza, pronunciando sul ricorso proposto ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., comma 6, da G.G., dopo aver espletato c.t.u. medico legale che aveva concluso per la sussistenza in capo allo stesso ricorrente di una invalidità pari al 67%, ha riconosciuto il diritto del medesimo a vedersi corrisposto l’assegno d’invalidità civile condannando l’INPS alla relativa erogazione con decorrenza dal 5 dicembre 2016.

Avverso tale sentenza l’INPS ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

G.G. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, l’Inps deduce la violazione della L. n. 118 del 1971, art. 13, in ragione del fatto che la sentenza impugnata ha riconosciuto il diritto all’assegno di invalidità civile a fronte dell’accertamento del 67% di invalidità civile laddove la disposizione citata richiede che il beneficiario della prestazione sia invalido almeno al 74%.

Con il secondo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., L. n. 118 del 1971, art. 13,L. n. 533 del 1973, art. 7 e dell’art. 443 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in ragione del fatto che dagli atti del giudizio, contrariamente a quanto affermato dalla sentenza impugnata, poteva evincersi che il ricorrente non aveva mai chiesto il riconoscimento del diritto all’assegno di invalidità civile ma solo l’accertamento di una percentuale di invalidità del 67% ai finì dell’esenzione dal concorso alle spese sanitarie.

Il ricorso è ammissibile, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., trattandosi di ricorso avverso sentenza di primo grado espressamente indicata, dell’art. 445 bis c.p.c., u.c., inappellabile.

I motivi, connessi in quanto tesi a sostenere l’erronea attribuzione del diritto alla erogazione dell’assegno di invalidità civile, sono fondati.

A mente della L. n. 118 del 1971, art. 13 “Agli invalidi civili di età compresa fra il diciottesimo e il sessantaquattresimo anno nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura pari o superiore al 74 per cento, che non svolgono attività lavorativa e per il tempo in cui tale condizione sussiste, è concesso, a carico dello Stato ed erogato dall’INPS, un assegno mensile di Euro 242,84 per tredici mensilità, con le stesse condizioni e modalità previste per l’assegnazione della pensione di cui all’art. 12”.

E’, dunque, evidente che la sentenza impugnata ha violato la disposizione appena ricordata nel momento in cui ha accertato il diritto alla erogazione dell’assegno di invalidità civile in favore di un soggetto invalido nella misura del 67%.

Sostiene, inoltre, il ricorrente che il G. non aveva neppure richiesto l’accertamento della propria invalidità civile al fine di ottenere l’assegno di invalidità ma per vedersi riconosciuto il diverso beneficio dell’esenzione dal concorso alla spesa sanitaria; tale circostanza in effetti emerge dal tenore del ricorso introduttivo di merito del 6 luglio 2018, di cui il ricorrente riporta uno stralcio e che indica di aver già allegato al n. 5 del proprio fascicolo, nonchè dal tenore del quesito rivolto al c.t.u., pure riportato in ricorso ed in precedenza allegato al n. 6.

Anche per questo aspetto, dunque, la sentenza risulta viziata per aver violato il principio della domanda fissato dall’art. 112 c.p.c., che, in materia di invalidità civile, si specifica, come precisato dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità, nel senso della necessaria corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato; esso deve ritenersi violato ogni qual volta vi sia interferenza nel potere dispositivo delle parti e si alteri uno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione (“petitum” e “causa petendi”), attribuendo o negando ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente, nella domanda” (Cass. n. 5494 del 7 marzo 2018; Cass. n. 7287 del 10/04/2015). Effettivamente tanto nel ricorso per ATPO che nel successivo ricorso introduttivo del giudizio di merito a seguito di opposizione all’ATPO, il G. ha chiesto l’accertamento del requisito sanitario con riferimento solo alla domanda di esenzione dal ticket sanitario e non anche all’assegno di invalidità civile.

La sentenza va, dunque, cassata e rinviata, al fine di valutare la fondatezza della domanda effettivamente proposta dal G., al Tribunale di Potenza in persona di altro magistrato che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Potenza, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2021

 

 

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