Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9109 del 20/04/2011

Cassazione civile sez. III, 20/04/2011, (ud. 03/03/2011, dep. 20/04/2011), n.9109

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 6280/2010 proposto da:

O.N.E. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA OMBRONE 12, presso lo studio dell’avvocato

MORONI Ignazio, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

EGIDI ALDO, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

POLIGRAFICI EDITORIALE SPA (OMISSIS) in persona del suo legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PISANELLI 40,

presso lo studio dell’avvocato BISCOTTO Bruno, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato BORLONE LUIGI, giusta delega a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 92/2009 della CORTE D’APPELLO di MILANO del

17.12.08, depositata il 15/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IMMACOLATA

ZENO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

quanto segue:

p. 1. O.N.E. ha proposto ricorso per cassazione contro la Poligrafici Editoriale s.p.a. avverso la sentenza del 15 gennaio 2009, con la quale la Corte d’Appello di Milano ha rigettato l’appello da lei proposto avverso la sentenza del Tribunale di Milano, che aveva respinto la sua domanda di risarcimento danni per diffamazione a mezzo stampa per la pubblicazione di una fotografia sul quotidiano “(OMISSIS)”.

L’intimata ha resistito con controricorso.

p. 2. Essendo il ricorso soggetto alle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006 e prestandosi ad essere trattato con il procedimento di cui all’art. 380 bis c.p.c., nel testo anteriore alla L. n. 69 del 2009, è stata redatta relazione ai sensi di detta norma, che è stata notificata agli avvocati delle parti e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

La resistente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto segue:

p. 1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. (nella quale, per errore materiale, il ricorso si era detto proposto ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7) si sono svolte le seguenti considerazioni:

“(…) 3. – Il ricorso appare inammissibile per inosservanza del requisito di ammissibilità di cui all’art. 366 bis c.p.c., norma che, pure abrogata dalla L. n. 69 del 2009, art. 47, disciplinava la proposizione del ricorso in forza dell’ultrattività prevista dall’art. 58, comma 5, della stessa legge.

Invero, l’illustrazione del primo motivo di ricorso, deducente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, contiene alla fine un’enunciazione che si dice diretta ad assolvere al requisito di cui all’art. 366 bis c.p.c., in relazione al motivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ma essa è del tutto inidonea allo scopo. Ha, infatti, il seguente tenore: A conclusione del 1^ motivo …. a norma dell’art. 366 bis c.p.c., si insiste per le ragioni, chiaramente indicate, articolate e facilmente individuabili, per le quali la motivazione risulta omissiva, contraddittoria, illogica, errata ed insufficienti a giustificare la decisione della Corte di Appello. Ora, la consolidata giurisprudenza della Corte è ferma nel ritenere che in tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, ed impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poichè secondo l’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall’art. 360 cod. proc civ., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. sez. un. n. 20603 del 2007, ex multis). L’enunciazione sopra riferita non risponde in alcun modo a questo principio di diritto, risolvendosi in un generico rinvio all’illustrazione del motivo.

A sua volta l’illustrazione del secondo motivo – deducente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 violazione e falsa applicazione di norme di diritto di cui all’art. 183 c.p.c., comma 4, all’art. 112 c.p.c. e all’art. 350 c.p.c. – si conclude con il seguente preteso quesito di diritto: accerti la Suprema Corte la violazione per mancata applicazione e/o fraintendimento degli artt: 1) art. 183 c.p.c., comma 4, così come specificamente argomentato nella parte narrativa del 2^ motivo; 2) art. 112 c.p.c., in conseguenza della violazione dell’art. 183 c.p.c., comma 4; 3) art. 350 c.p.c., così come specificamente argomentato nella parte narrativa del 2^ motivo. Anche questo quesito non è idoneo ad integrare il requisito dell’art. 366 bis c.p.c., perchè si risolve in un generico rinvio all’illustrazione del motivo, così contravvenendo al principio di diritto enunciato dalla giurisprudenza di questa Corte nel senso che il quesito di diritto non può desumersi dall’illustrazione del motivo ma deve consistere in un apposito requisito contenutistico (si veda già l’ord. n. 16002 del 2007, secondo cui: La previsione della norma dell’art. 366 bis cod. proc civ., là dove esige che l’esposizione del motivo si debba concludere con il quesito di diritto, se non significa che il quesito debba topograficamente essere inserito alla fine della esposizione di ciascun motivo (potendo esserlo anche all’inizio per il fatto che siffatta sua articolazione implica necessariamente che essa si intenda formalmente ripetuto alla fine dell’esposizione, sì da adempiere comunque l’onere di conclusione), comporta necessariamente che il quesito debba svolgere una propria funzione di individuazione della questione di diritto posta alla Corte, sicchè è necessario che tale individuazione sia assolta da una parte apposita del ricorso, a ciò deputata attraverso espressioni specifiche che siano idonee ad evidenziare alla Corte la questione stessa, restando invece escluso che la questione possa risultare da un’operazione di individuazione delle implicazioni della esposizione del motivo di ricorso come prospettato affidata al lettore di tale esposizione e non rivelata direttamente dal ricorso stesso. Infatti, se il legislatore avesse voluto ammettere tale possibilità, non avrebbe previsto che detta esposizione si concludesse con la formulazione del quesito, espressione che implica palesemente un quid che non può coincidere con essa, ma avrebbe previsto solo che quest’ultima deve proporre un quesito di diritto)”.

p. 2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, alle quali, del resto, parte ricorrente non ha mosso rilievi.

Il ricorso è, pertanto, dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione al resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro duemiladuecento, di cui Euro duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 3 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2011

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