Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9109 del 01/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 01/04/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 01/04/2021), n.9109

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23784/2015 proposto da:

P.I., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA n. 88, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO CARIDI,

rappresentata e difesa dall’avvocato SALVATORE COLAVOLPE;

– ricorrente –

contro

ISTITUTO (OMISSIS), ora COMUNE DI CATANZARO, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

A. SECCHI 9, presso lo studio dell’avvocato VALERIO ZIMATORE,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANNA MARIA PALADINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 720/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 28/07/2015 R.G.N. 388/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/12/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con sentenza in data 28 luglio 2015 n. 720 la Corte d’Appello di Catanzaro dichiarava improcedibile l’appello proposto da P.I., dipendente dell’Istituto (OMISSIS), avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva respinto la domanda proposta dalla P. nei confronti del COMUNE DI CATANZARO, succeduto all’Istituto (OMISSIS), per il risarcimento del danno conseguente alle lesioni subite in data (OMISSIS), allorchè, durante il proprio servizio di guardarobiera, era stata accoltellata da un degente.

2. La Corte territoriale esponeva che il ricorso in appello non era stato notificato alla controparte benchè il decreto di fissazione della udienza (per il giorno 12 febbraio 2015) fosse stato comunicato alla parte appellante il 19 maggio 2012.

3. Alla omessa notifica conseguiva la improcedibilità dell’appello, secondo il principio enunciato da Cass. civ., SU 30 luglio 2008 n. 20604; l’improcedibilità non era sanata dalla istanza di assegnazione di un nuovo termine di notifica, depositata dall’appellante il 19.5.2015; la proroga dei termini ordinatori era possibile soltanto prima della loro scadenza.

4. Neppure erano fondate le deduzioni sul vizio della comunicazione del decreto di fissazione dell’udienza, in quanto effettuata con posta ordinaria – pervenuta all’avv. Colavolpe il 19 maggio 2012 – e non attraverso posta elettronica certificata e, comunque, perchè recante la indicazione del solo dispositivo e non dell’intero decreto di fissazione.

5. Quanto al primo profilo, non trovava applicazione la norma del D.L. n. 197 del 2012, art. 16, comma 4, non ancora vigente alla data di notifica da parte della Cancelleria dell’avviso di deposito del decreto di fissazione dell’udienza; sotto il secondo profilo, l’art. 435 c.p.c., si limitava a prevedere la comunicazione dell’avvenuto deposito del decreto di fissazione dell’udienza.

6. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza P.I., articolato in cinque motivi, cui il COMUNE DI CATANZARO ha opposto difese con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo la parte ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione o falsa applicazione dell’art. 136 c.p.c., come modificato dalla L. L. n. 183 del 2011, art. 25, comma 1, lett. d).

2. Ha dedotto che l’art. 136 c.p.c., nel testo vigente a seguito delle modifiche introdotte dalla L. n. 183 del 2011, art. 25, doveva essere interpretato nel senso della obbligatorietà dell’uso della posta elettronica certificata per le comunicazioni di cancelleria; una diversa modalità di comunicazione era prevista nel solo caso di impossibilità di procedere in via telematica e, dunque, per il periodo anteriore alla emissione del decreto ministeriale con il quale si accertava che l’ufficio giudiziario fosse dotato di quanto necessario per procedere alle comunicazioni telematiche.

3. Con il secondo mezzo si deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omessa considerazione del fatto, rilevante e decisivo, che il D.M. Giustizia 27 aprile 2012, aveva attivato i servizi telematici della Corte d’Appello di Catanzaro dal 2 maggio 2012, come rappresentato nelle note depositate il 19 maggio 2015 ed allegate al verbale di udienza.

4. Con la terza critica la parte ricorrente ha lamentato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – nullità del procedimento e della sentenza impugnata per violazione dell’art. 136 c.p.c., sotto il profilo: dell’omessa comunicazione in forma telematica del decreto di fissazione dell’udienza di discussione; della incompletezza dei dati comunicati, in quanto nell’avviso non era contenuta la parte del decreto che lo onerava della notifica; della mancata indicazione delle cause di impossibilità della comunicazione informatica; della omessa pronuncia sulle deduzioni difensive, fondate sulle previsioni della L. n. 183 del 2011, art. 25, comma 1, lett. d), n. 1 e non del D.L. n. 197 del 2012, art. 16, comma 4, norma erroneamente richiamata in sentenza.

5. Con il quarto motivo si impugna la sentenza – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – per violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e degli artt. 6 e 13CEDU, in relazione agli artt. 421,291 e 435 c.p.c..

6. Si sostiene che la interpretazione delle norme processuali recepita nella sentenza impugnata, sulla base di Cass. SU n. 20604/2008, non consentirebbe il contemperamento della esigenza di celerità del processo con quella di riconoscere tutela sostanziale ad altri diritti costituzionalmente garantiti. Avrebbe dovuto essere valutata caso per caso l’eventuale finalità dilatoria della parte che non aveva effettuato la notifica, sanzionando unicamente detto comportamento strumentale. La censurata interpretazione, inoltre, introduceva una ipotesi di improcedibilità non prevista dalla legge e non rispettava il rapporto di proporzionalità tra il mezzo impiegato e lo scopo perseguito.

7. Con il quinto mezzo si deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – la nullità del procedimento per violazione degli artt. 291 e 421 c.p.c., nonchè dell’art. 135 c.p.c., comma 2; si lamenta la mancata applicazione degli artt. 291 e 421 c.p.c. (che avrebbero imposto la concessione di un nuovo termine per la notifica) nonchè dell’art. 135 c.p.c., comma 2 (assumendosi che avrebbe dovuto essere concessa quanto meno la rimessione in termini).

8. Il ricorso, i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione, è infondato.

9. La sentenza impugnata ha accertato che la comunicazione dell’avvenuto deposito del decreto di fissazione dell’udienza era avvenuta a mezzo posta ordinaria, pervenuta il 19 maggio 2012 all’avv. COLAVOLPE (pagina 3, primo periodo della sentenza).

10. Tale circostanza non è stata colta dalle ragioni di impugnazione (e neppure è in fatto contestata dall’odierna ricorrente).

11. Pur a volere ritenere che tale comunicazione sia avvenuta in violazione delle disposizioni dell’art. 136 c.p.c., commi 2 e 3 (nel testo introdotto dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 25, comma 1, lett. d) – si tratterebbe di un vizio di nullità e non di inesistenza, che sarebbe stato sanato dal raggiungimento dello scopo della comunicazione, essendo il biglietto di cancelleria pervenuto, comunque, nella sfera di conoscenza del difensore destinatario.

12. Analoghe considerazioni valgono in merito alla eventuale incompletezza del contenuto del biglietto di cancelleria, giacchè la parte riconosce di avere ricevuto notizia del deposito del decreto presidenziale e della data fissata per la udienza di discussione e si duole, piuttosto, della mancata indicazione del suo onere di notifica, onere ben conoscibile perchè derivante direttamente dall’art. 435 c.p.c..

13. Dalla avvenuta comunicazione del decreto di fissazione della udienza deriva, essendo pacifica la mancata notifica dell’appello, la applicazione del consolidato principio secondo cui “nel giudizio di appello soggetto al rito del lavoro, il vizio della notificazione omessa o inesistente è assolutamente insanabile e determina la decadenza dell’attività processuale cui l’atto è finalizzato con conseguente declaratoria di chiusura del processo in rito, per improcedibilità, non essendo consentito al giudice assegnare all’appellante un termine per provvedere alla rinnovazione di un atto mai compiuto o giuridicamente inesistente”. Detto orientamento è in linea con quanto statuito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 15/1977, giacchè la necessaria garanzia del diritto di difesa presuppone solo che la parte, alla quale è imposta un’attività processuale da compiersi entro un termine perentorio, abbia avuto conoscenza delle condizioni in presenza delle quali sorge l’obbligo di attivarsi e possa utilizzare interamente il termine previsto dal legislatore (Cassazione civile sez. lav., 18/07/2018, n. 19083; Cass. n. 19192/2016; Cass. n. 13858/2017; Cass. n. 10304/2014; Cass. n. 9421/2012).

14. E’, dunque, sufficiente che la conoscenza del deposito del decreto e della data fissata per la discussione dell’appello risulti acquisita in modo certo dagli atti processuali e che la stessa sia temporalmente risalente ad un momento in cui poteva essere validamente compiuta l’attività omessa.

15. Nella fattispecie di causa è stato accertato che il deposito del decreto e la data della udienza venivano comunicati al difensore il 19 maggio 2012 e che l’udienza di discussione era fissata per il giorno 12 febbraio 2015.

16. La sentenza impugnata nel dichiarare la improcedibilità dell’appello si è dunque conformata ai principi qui ribaditi.

17. Appare evidente, poi, la inammissibilità della deduzione del vizio di omessa pronuncia; la violazione dell’art. 112 c.p.c., ricorre nel caso in cui il giudice non si sia espresso su una domanda o un’eccezione per le quali detta pronunzia sia necessaria e non quando il giudice non dia conto di mere difese, articolate su una questione sollevata d’ufficio, come nella fattispecie di causa.

18. Il ricorso è parimenti inammissibile nella parte in cui lamenta la mancata rimessione in termini.

19. Trattasi di questione non affrontata nella sentenza impugnata. Era dunque onere della parte ricorrente allegare specificamente di avere proposto istanza ai sensi dell’art. 153 c.p.c., comma 2, trascrivendo le allegazioni svolte sul punto; detto onere non è stato assolto, sicchè deve rilevarsi la novità della censura.

20. Il ricorso deve essere conclusivamente respinto.

21. Le spese di causa, liquidata in dispositivo, seguono la soccombenza.

22. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto (Cass. SU 20 febbraio 2020 n. 4315).

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 2.700 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2021

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