Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9107 del 01/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 01/04/2021, (ud. 23/09/2020, dep. 01/04/2021), n.9107

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12692/2017 proposto da:

P.V., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA

DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MIRCO RIZZOGLIO;

– ricorrente –

contro

DIAMOCI UNA MANO SOCIETA’ COOPERATIVA A R.L., domiciliata in ROMA

PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ALESSANDRO

BELLINZONA;

– controricorrente –

e contro

MEDI H ART S.R.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1333/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 14/11/2016 R.G.N. 1196/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/09/2020 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. la Corte di Appello di Milano, con sentenza pubblicata il 14 novembre 2016, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva respinto le domande proposte da P.V. volte ad “accertare e dichiarare alternativamente l’illiceità, D.Lgs. n. 276 del 2003, ex art. 20, comma 1, della somministrazione del ricorrente dalla Diamoci Una Mano Scrl alla Medi-H-Art Srl a partire dal 14/2/2006 o, sempre con la medesima decorrenza, la nullità D.Lgs. n. 276 del 2003, ex art. 21, comma 4, del contratto di somministrazione di lavoro e/o la nullità dell’appalto e l’illegittima interposizione nell’appalto medesimo”;

2. la Corte ha ritenuto “circostanza pacifica che il Sig. P.V., quale socio lavoratore della cooperativa Diamoci Una Mano, veniva inviato a lavorare presso la società Medi-H-Art Srl in quanto tra le due società intercorreva un contratto di appalto di servizi, stipulato in data 1.4.2005, avente ad oggetto le attività di movimentazione merci e facchinaggio”; ha rilevato che “le attività cui veniva adibito l’appellante così come risulta sia dalle allegazioni dello stesso che da quello delle parti appellate, non possono dirsi estranee all’oggetto dell’appalto consistendo nello spostamento di materassi durante le fasi del lavaggio ben compatibili con l’attività di facchinaggio e pulizia previste nel detto contratto di servizi tra la cooperativa e la committente”; “nè, – ha considerato ancora la Corte milanese – i capitoli di prova di cui ai numeri da 6 a 9 della esposizione in fatto risultano decisivi a dimostrare lo svolgimento di attività alle dirette dipendenze della committente, come genericamente e superficialmente allegato, nè che l’organizzazione del lavoro sia di fatto passata in capo all’utilizzatore/appaltante così da potere configurare una interposizione illecita”;

3. la Corte ha anche confermato la decadenza del lavoratore dall’impugnativa di licenziamento azionata nei confronti della Diamoci Una Mano Scrl;

3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso P.V. con 5 motivi cui ha resistito la sola Diamoci Una Mano Società Cooperativa con controricorso, mentre è rimasta intimata la Medi-H-Art Srl; il ricorrente ha anche depositato memoria in vista dell’adunanza del 19 marzo 2020, ribadita con ulteriore memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. il primo motivo di ricorso denuncia: “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 20, 21, 27 e 29 e dell’art. 1655 c.c.”; si eccepisce che nel ricorso introduttivo del giudizio era stata contestata la “genuinità” dell’appalto; si sostiene che “nella fattispecie per cui è causa” risulterebbero “totalmente assenti” sia l’organizzazione dei mezzi necessari per l’espletamento del servizio da parte dell’appaltatore, sia l’assunzione da parte del medesimo del rischio d’impresa; si deduce che “dalla documentazione versata in atti” emergerebbe “che, nel caso di specie, ci si trova, in realtà in presenza di una mera somministrazione di manodopera” e come “l’attività di facchinaggio… evochi attività di tutt’altra natura rispetto a quella svolta”;

2. il motivo è inammissibile per come è formulato;

infatti, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (tra le recenti: Cass. n. 3340 del 2019);

la doglianza contesta chiaramente l’apprezzamento in fatto compiuto dalla Corte territoriale, come risulta anche dal riferimento alla “documentazione versata in atti”, ed è ben lontana dal palesare un error in iudicando, che viene solo formalmente prospettato, in corrispondenza con una diversa sostanza del vizio denunciato che concerne quaestiones fatti quali indubitabilmente sono sia l’interpretazione di un contratto sia la valutazione se una certa attività rientrasse o meno nella previsione di esso;

3. il secondo motivo denuncia: “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, assumendo che il provvedimento impugnato avrebbe “totalmente obliterato di prendere in considerazione il contenuto ed il tenore del contratto d’appalto sottoscritto tra le società convenute”;

4. il motivo non può trovare accoglimento;

esso evoca la formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non considerando che quest’ultima disposizione, per i giudizi di appello instaurati dopo il trentesimo giorno successivo alla entrata in vigore della L. 7 agosto 2012, n. 134 (pubblicata sulla G.U. n. 187 dell’11.8.2012), di conversione del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, non può essere denunciata, rispetto ad un appello promosso nella specie dopo la data sopra indicata (del richiamato D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2), con ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello che conferma la decisione di primo grado, qualora il fatto sia stato ricostruito nei medesimi termini dai giudici di primo e di secondo grado (art. 348 ter c.p.c., u.c., in base al quale il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non è deducibile in caso di impugnativa di pronuncia c.d. doppia conforme; v. Cass. n. 23021 del 2014); in questi casi il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse: Cass. n. 26774 del 2016, conf. Cass. n. 20944 del 2019);

il motivo è, peraltro, pure infondato perchè la sentenza impugnata espressamente prende in considerazione il contratto di appalto alla pagina 10 e il ricorrente nella sostanza ne pretende una diversa valutazione;

5. il terzo mezzo denuncia violazione dell’art. 115 c.p.c., per avere la sentenza impugnata ritenuto corretta la statuizione di primo grado circa la superfluità della prova per testimoni articolata dall’istante;

6. la censura non merita condivisione;

in tema di valutazione delle prove il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicchè la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012 (tra le altre v. Cass. n. 23940 del 2017); in particolare si è affermato (v. Cass. n. 11892 del 2016) che, a proposito dell’art. 115 c.p.c., la violazione “può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli”;

inoltre, per risalente insegnamento di questa Corte, la mancata ammissione della prova testimoniale può essere denunciata per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (Cass. n. 11457 del 2007; conformi: Cass. n. 4369 del 2009; Cass. n. 5377 del 2011); infine, spetta esclusivamente al giudice del merito valutare gli elementi di prova già acquisiti e la pertinenza di quelli richiesti – senza che possa neanche essere invocata la lesione dell’art. 6, comma 1, della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo al fine di censurare l’ammissibilità di mezzi di prova concretamente decisa dal giudice nazionale (Cass. n. 13603 del 2011; Cass. n. 17004 del 2018) – con una valutazione che non è sindacabile nel giudizio di legittimità al di fuori dei rigorosi limiti imposti dalla novellata formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come rigorosamente interpretato dalle Sezioni unite (cfr. Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014);

7. con il quarto mezzo si lamenta violazione degli artt. 416 e 167 c.p.c. per avere il giudice del gravame “errato nel momento in cui non ha considerato che le circostanze dedotte da parte ricorrente non sono state adeguatamente contestate dalle altre parti del giudizio e dovevano (e devono) pertanto, essere ritenuto ormai provate”;

8. la censura – oltre ad essere logicamente incompatibile con la valutazione dei giudici del merito di superfluità della prova testimoniale addotta dal P., con la conseguenza che, anche ove ritenute provate, le circostanze articolate non avrebbero mutato il segno del convincimento di detti giudici – è inammissibile;

va ribadito il principio secondo cui l’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione, quale contenuto della posizione processuale della parte, rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, è funzione del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione (già Cass. n. 10182 del 2007; Cass. n. 27833 del 2005); spetta, infatti, solo al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte (Cass. n. 3680 del 2019; conf. Cass. n. 27490 del 2019);

9. parimenti inammissibile l’ultimo motivo di impugnazione con cui ci si duole della violazione dell’art. 92 c.p.c., per non avere la Corte territoriale disposto la compensazione delle spese, pur in presenza di “questioni complesse” e della condizione di disoccupazione del lavoratore;

è infatti principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che, in tema di spese processuali, il sindacato della Corte Suprema è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa; pertanto, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi (v. Cass. n. 24502 del 2017; Cass. n. 15317 del 2013; Cass. n. 5386 del 2003; Cass. n. 8889 del 2000; Cass. n. 4944 del 1979);

10. conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo in favore della controricorrente; nè può essere rilevato un difetto di interesse a resistere della Diamoci Una Mano Scrl – come argomentato dal ricorrente in memoria – visto che nelle conclusioni del ricorso per cassazione, dopo aver richiamato “espressamente tutte le domande ed eccezioni formulate nel giudizio di merito, nessuna delle quali deve intendersi abbandonata e/o rinunciata”, si è insistito per la cassazione integrale della sentenza d’appello impugnata, formulando anche un motivo di ricorso relativo alle spese di lite, liquidate dal giudice di appello pure in favore della cooperativa; nulla invece per la società che non ha svolto attività difensiva in questo grado di legittimità;

ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 5.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e spese generali al 15%, in favore della Diamoci Una Mano Scrl.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2021

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