Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9105 del 02/04/2019
Cassazione civile sez. I, 02/04/2019, (ud. 22/01/2019, dep. 02/04/2019), n.9105
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17112/2014 proposto da:
Anas S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope
legis;
– ricorrente –
contro
D.C.A.A. e D.C.A.S., entrambi
elettivamente domiciliati in Roma Viale Buozzi n. 77, presso lo
studio dell’avvocato Tornabuoni Filippo, rappresentati e difesi
dagli avvocati Laterza Paola Alberta e Maranò Roberta, giusta
procura speciale rispettivamente conferita per Notaio, Dott.
B.M.C., in Roma, Rep. n. (OMISSIS) e per Notaio Dott.
C.F. del 07.12.2018 mediante autentica di firma;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 405/2013 della CORTE D’APPELLO di BARI,
depositata il 13/05/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
22/01/2019 dal Cons. Dott. MARULLI MARCO.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. L’ANAS s.p.a. ricorre per la cassazione – sulla base di quattro motivi di ricorso, ai quali replicano gli intimati D.C.A. con controricorso e memoria – dell’epigrafata sentenza della Corte d’Appello di Bari che, respingendone il gravame, ha confermato la decisione di prima istanza che aveva pronunciato la condanna di ANAS a risarcire il danno cagionato conseguente all’occupazione appropriativa di alcune aree di proprietà dei D.C.A., liquidando ai medesimi la somma di Euro 207.998,00 determinata, sul rilievo che questo fosse l’unico quesito posto dal caso di specie, in ragione della natura edificatoria delle aree e della loro idoneità ad uno sfruttamento edilizio.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo di ricorso – che non si espone alla preliminare censura in punto di ammissibilità sollevata dai controricorrenti, atteso che il fatto, di cui ANAS lamenta con il motivo l’omesso esame, era stato portato all’attenzione del giudice d’appello nel relativo atto di gravame (cfr. pag. 9-11 del ricorso) l’odierna ricorrente si duole che la Corte d’Appello, nel ravvisare la natura edificatoria dei fondi interessati, abbia omesso di esaminare il fatto decisivo costituito dall’inclusione di detti fondi in una duplice fascia di rispetto, essendo essi posti in adiacenza sia di una tratta ferroviaria che di un asse stradale, “elementi di fatto (che) avrebbero dovuto condurre la Corte di merito a considerare tali aree come appartenenti alle fasce di rispetto già in data preesistente all’esproprio e, dunque, a ritenere che i terreni di cui si tratta non fossero affatto edificabili dati i vincoli normativi stabiliti dalla legge urbanistica, dal codice della strada e dal regolamento attuativo”.
2.2. Non diversamente con il secondo motivo di ricorso oggetto di doglianza è la violazione delle norme a tutela dell’inedificabilità delle fasce di rispetto, a nulla rilevando in contrario la classificazione al riguardo operata dallo strumento urbanistico, “dato che la disposizione legislativa sulla inedificabilità assoluta del suolo precede logicamente (e gerarchicamente) la classificazione urbanistica dello stesso suolo”, precludendo qualsiasi utilizzazione difforme che deroghi al suddetto limite.
2.3. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati ed il loro accoglimento, comportando la cassazione dell’impugnata sentenza, determina l’assorbimento di quelli ulteriori.
2.4. Va qui previamente ribadito che, come questa Corte ha reiteratamente affermato, “in tema di espropriazione per pubblica utilità, l’inclusione del terreno espropriato in una fascia di rispetto stradale vale a qualificarlo come non edificabile, ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione, trattandosi di una limitazione legale della proprietà, avente carattere generale, in quanto concernente, sotto il profilo soggettivo, tutti i cittadini proprietari di determinati beni che si trovino nella medesima situazione e, sotto il profilo oggettivo, beni immobili individuati “a priori” per categoria derivante dalla loro posizione o localizzazione rispetto a un’opera pubblica stradale o ferroviaria, non rilevando in senso contrario che il terreno sia collocato all’interno di un piano di insediamento industriale (P.I.P.) o di un piano di edilizia economica e popolare (P.E.E.P.) (Cass., Sez. I, 6/06/2018, n. 14632).
Posto, perciò, che alla stregua dell’insegnamento testè riportato l’inclusione dell’area nella fascia di rispetto, costituendo fonte di una limitazione legale della proprietà, ne determina l’inedificabilità, ne discende che sul piano ricostruttivo della fattispecie concreta l’elemento in parola non è privo di incidenza, poichè da un lato esso costituisce un fatto impeditivo all’accoglimento della pretesa, onde, in adesione alla lagnanza esternata con il primo motivo, è inoppugnabile la consumazione del denunciato errore motivazionale, notoriamente costituendo “fatto” nell’accezione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, novellato un fatto principale, ex art. 2697 c.c. (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso e decisivo; dall’altro, vale a qualificare la fattispecie in esame, in esso identificandosi propriamente un profilo fattuale che ne rende possibile la corretta individuazione, sicchè averlo ignorato conduce pure al denunciato errore di diritto, vero, come si insegna, che la violazione di legge si risolve in un errato giudizio sul fatto contemplato dalla norma di diritto applicabile al caso concreto.
3. L’impugnata decisione va perciò debitamente cassata con rinvio della causa al giudice a quo.
P.Q.M.
Accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbiti il terzo ed il quarto motivo, cassa l’impugnata sentenza nei limiti dei motivi accolti e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Bari che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 22 gennaio 2019.
Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2019