Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9103 del 01/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 01/04/2021, (ud. 23/09/2020, dep. 01/04/2021), n.9103

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20397/2017 proposto da:

B.M., S.C., M.L.,

P.P.P., F.G., T.F., C.S.,

SO.AL.LO., MA.EM., s.m.,

G.A.L., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, LUNGOTEVERE DEI

MELLINI N. 44, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO ZAMPONE,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato SIMONETTA RIPA;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio pro tempore, MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del

Ministro pro tempore, MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E

DELLA RICERCA, in persona del Ministro pro tempore, ALMA MATER

STUDIORUM – UNIVERSITA DI BOLOGNA, in persona del Rettore pro

tempore, rappresentati e difesi dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO

presso i cui Uffici domiciliano in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12,

ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 355/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 27/04/2017 r.g.n. 869/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/09/2020 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. La Corte di appello di Bologna, con sentenza n. 355/2017, per quanto ancora rileva nella presente sede, confermando la sentenza di primo grado, rigettava la domanda proposta dai nominati in epigrafe che avevano rivendicato il riconoscimento del trattamento economico previsto dal D.Lgs. n. 368 del 1999, per il periodo in cui avevano seguito la scuola di specializzazione medica presso l’Università di Bologna “Alma Mater Studiorum”, venendo remunerati in base al D.Lgs. n. 257 del 1991.

2. La Corte di appello, premesso che i ricorrenti avevano invocato l’applicazione del D.Lgs. n. 368 del 1999, con cui era stata data attuazione alla direttiva 93/16/CEE, osservava – in sintesi – quanto segue:

a) l’art. 46, comma 2, dello stesso Decreto aveva disposto che, fino alla data di entrata in vigore di uno specifico provvedimento legislativo in materia di risorse finanziarie, continuassero ad operare le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 257 del 1991, la cui applicazione era stata estesa L. n. 266 del 2005, ex art. 1, comma 300, sino all’anno accademico 2005/2006;

b) gli appellanti, che iniziarono la scuola di specializzazione negli anni dal 1996 al 2003, non potevano invocare la nuova regolamentazione introdotta con il D.Lgs. n. 368 del 1999, che aveva trovato attuazione solo con il D.P.C.M. 7 marzo 2007;

c) proprio sulla base del D.Lgs. n. 257 del 1991, i rapporti de quibus non potevano essere qualificati come contratti di formazione e lavoro, nè poteva trovare accoglimento la domanda subordinata risarcitoria, intesa ad ottenere il trattamento economico equivalente per la tardiva e non completa attuazione della direttiva 93/16/CEE;

d) la direttiva 93/16/CEE è sostanzialmente di coordinamento delle precedenti 75/362/CEE e 82/76/CEE e dunque non ha inciso sulla previsione della adeguata remunerazione introdotta dalla direttiva 82/76/CEE;

e) non è configurabile un danno da tardiva attuazione della direttiva comunitaria, avendo gli appellanti svolto la loro attività successivamente al D.Lgs. n. 257 del 1991, con il quale lo Stato italiano ha recepito i precetti stabiliti dalla anzidetta direttiva e ha riconosciuto ai medici in formazione l’adeguata remunerazione prevedendo, all’art. 4, una borsa di studio dell’importo di Lire 21.500.000 annui.

3. Per la cassazione di tale sentenza i medici hanno proposto ricorso affidato ad un unico motivo, al quale hanno resistito con controricorso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il Ministero della Salute e l’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

4. Con unico motivo di ricorso i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 288 TFUE, dell’Allegato alla Direttiva 93/16/CEE, D.Lgs. n. 368 del 1999, artt. da 37 a 41 e art. 46 e del D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, per avere la Corte di appello rigettato la domanda diretta ad ottenere il risarcimento del danno per ritardata attuazione della direttiva.

In particolare, assumono che, ove non venisse ritenuta applicabile ai ricorrenti la normativa di cui al D.Lgs. n. 368 del 1999, si verrebbe a determinare una disparità di trattamento con i medici che hanno frequentato i corsi di specializzazione a partire dall’anno accademico 2006/2007, che hanno ricevuto una retribuzione maggiore.

Sostengono che il differimento dell’efficacia del D.Lgs. n. 368 del 1999, ha creato una categoria di lavoratori (gli specializzandi negli anni dal 1999 al 2006) alla quale sono state chieste delle prestazioni analoghe a quelle del rapporto di lavoro subordinato formalmente introdotto per i medici specializzandi a partire dall’anno accademico 2006/2007, ma al contempo è stata negata un’adeguata remunerazione a tali obblighi lavorativi.

5. Il ricorso è infondato, alla luce della giurisprudenza della Corte, ormai consolidata, dalla quale non vi è motivo di discostarsi, sintetizzabile come segue:

a) La disciplina del trattamento economico dei medici specializzandi, prevista dal D.Lgs. n. 368 del 1999, art. 39, si applica, per effetto di ripetuti differimenti, in favore dei medici iscritti alle relative scuole di specializzazione solo a decorrere dall’anno accademico 2006-2007 e non a quelli iscritti negli anni antecedenti, che restano soggetti alla disciplina di cui al D.Lgs. n. 257 del 1991, sia sotto il profilo ordinamentale che economico, giacchè la Direttiva 93/16/CEE non introduce alcun nuovo ed ulteriore obbligo con riguardo alla misura della borsa di studio di cui al D.Lgs. cit. (Cass. n. 6355 del 2018; conformi, Cass. n. 13445 del 2018 e nn. 14168 e 26240 del 2019).

b) Tale diversità di trattamento non è irragionevole, in quanto il legislatore è libero di differire gli effetti di una riforma ed il fluire del tempo costituisce di per sè idoneo elemento di diversificazione della disciplina, nè sussiste disparità di trattamento tra i medici specializzandi iscritti presso le Università italiane e quelli iscritti in scuole di altri paesi Europei, atteso che le situazioni giuridiche non sono comparabili, non avendo la Direttiva 93/16/CEE previsto o imposto uniformità di disciplina e di trattamento economico, o disparità di trattamento con i medici neoassunti che lavorano nell’ambito del SSN, non comparabili in ragione della peculiarità del rapporto che si svolge nell’ambito della formazione specialistica (Cass. n. 4449 del 2018).

c) Le direttive comunitarie n. 75/362, n. 75/363 e n. 82/76, le quali hanno prescritto che i medici specializzandi dovessero ricevere un’adeguata remunerazione, sono state attuate dallo Stato italiano con il D.Lgs. n. 257 del 1991, con il riconoscimento di una borsa di studio annua. La successiva direttiva n. 93/16, invece, ha rappresentato un testo meramente compilativo, di coordinamento e aggiornamento delle precedenti disposizioni comunitarie già vigenti e, quindi, privo di carattere innovativo, con riguardo alla misura dei compensi da riconoscere agli iscritti alle scuole di specializzazione; quest’ultima direttiva è stata recepita in Italia dal D.Lgs. n. 368 del 1999, che, dal momento della propria applicazione, avvenuta a partire dall’anno accademico 2006-2007, ha riorganizzato l’ordinamento delle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia, istituendo un contratto di formazione da stipulare e rinnovare annualmente tra le Università (e le Regioni) e i detti specializzandi, con un meccanismo articolato in una quota fissa ed in una variabile. Ne consegue che, per gli anni accademici anteriori al 2006-2007, è rimasta operativa la sola disciplina del D.Lgs. n. 257 del 1991, poichè la menzionata direttiva n. 93/16 non ha introdotto alcun nuovo e ulteriore obbligo con riferimento alla misura della borsa di studio di cui alla normativa del 1991 (Cass. n. 8503 del 2020).

d) Va pure ribadito che i contratti de quibus, secondo l’indirizzo ormai consolidato di questa Corte, non danno luogo a rapporti inquadrabili nell’ambito del lavoro subordinato, nè sono riconducibili alle ipotesi di parasubordinazione, non essendo ravvisabile una relazione sinallagmatica di scambio tra l’attività degli specializzandi e gli emolumenti previsti dalla legge, restando conseguentemente inapplicabili l’art. 36 Cost. e il principio di adeguatezza della retribuzione ivi contenuto (Cass. n. 27481 del 2008, Cass. n. 20403 del 2009, Cass. n. 18670 del 2017).

e) Ai sensi della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 300, gli effetti delle nuove disposizioni, contenute del D.Lgs. n. 368 del 1999, artt. da 37 a 42 (le quali prevedono sia la stipula del nuovo contratto di formazione, con gli specifici obblighi che ne derivano, sia il corrispondente trattamento economico), sono applicabili, come già detto, solo a decorrere dall’anno accademico 2006/2007. Il trattamento economico spettante ai medici specializzandi in base al contratto di formazione specialistica è stato in concreto fissato con i D.P.C.M. 7 marzo 2007, D.P.C.M. 6 luglio 2007 e D.P.C.M. 2 novembre 2007. Per gli iscritti alle scuole di specializzazione negli anni accademici precedenti al 2006/2007 è stato quindi espressamente disposto che continuasse a operare la precedente disciplina del 1991, sia sotto il profilo ordinamentale che sotto quello economico.

6. Il ricorso va dunque rigettato, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo per compensi, oltre spese prenotate a debito.

7. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (nella specie, rigetto del ricorso) per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto (v. Cass. S.U. n. 23535 del 2019).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese in favore dei controricorrrenti, spese liquidate in Euro 8.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2021

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