Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 910 del 17/01/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 910 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: NOBILE VITTORIO

SENTENZA

sul ricorso 21148-2008 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

3356

DE SANTIS MARIA GRAZIA;
a

– intimata –

Nonché da:

Data pubblicazione: 17/01/2014

DE

SANTIS MARIA GRAZIA C.F.

DSNMGR77R61D810V,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ARCHIMEDE, 10,
presso lo studio dell’avvocato CALLINI VIVIANA,
rappresentata e difesa dall’avvocato DE GIROLAMO
RAFFAELE, giusta delega in atti;

contro

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585;
– intimata –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 22/08/2007 R.G.N. 2793/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/11/2013 dal Consigliere Dott. VITTORIO
NOBILE;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega FIORILLO
LUIGI;
udito l’Avvocato DE GIROLAMO RAFFAELE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale, assorbito
l’incidentale.

– controricorrente e ricorrente incidentale –

,

R.G. 21148/2008

FATTO E DIRITTO

Con sentenza del 2-4-2003 il Giudice del lavoro del Tribunale di Roma
,

,

rigettava la domanda proposta da Maria Grazia De Santis nei confronti della

apposto al contratto di lavoro intercorso tra le parti dal 1-12-1999 al 28-2-2000,
per “esigenze eccezionali” ex art. 8 ceni 1994 come integrato dall’acc. 25-9-97
e succ., con le pronunce conseguenziali.
La De Santis proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la
riforma con l’accoglimento della domanda.
La società appellata si costituiva e resisteva al gravame.
La Corte d’Appello di Roma, con sentenza depositata il 22-8-2007, in
riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava la nullità del termine

apposto al contratto de quo, con la conseguente sussistenza di un rapporto a
tempo indeterminato dal 1-12-1999, e condannava la società al pagamento
delle retribuzioni a far tempo dalla data di costituzione in mora (7-6-2000) nei
limiti del triennio decorrente dalla cessazione di fatto del rapporto e quindi
fino al 28-2-2003, oltre interessi e rivalutazione.
Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso con tre
motivi.
La De Santis ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso
incidentale condizionato con due motivi.

:

1•••

La De Santis ha poi depositato memoria ex art. 378 c.p.c. nonché procura
speciale notarile di nomina di nuovo difensore.
Infine il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.
1

s.p.a. Poste Italiane, diretta ad ottenere la declaratoria di nullità del termine

Ciò posto, riuniti i ricorsi avverso la stessa sentenza ex art. 335 c.p.c., va
rilevato che con i primi due motivi del ricorso principale la società censura
(sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione) la sentenza
impugnata nella parte in cui ha ritenuto la nullità del termine apposto al

termine ultimo fissato dagli accordi collettivi attuativi dell’acc. az. 25-9-1997
ed all’uopo sostiene la insussistenza di tale termine e la natura meramente
ricognitiva dei detti accordi.
I motivi sono infondati in base all’indirizzo ormai consolidato in materia
dettato da questa Corte (con riferimento al sistema vigente anteriormente al
ceni del 2001 ed al d.lgs. n. 368 del 2001).
Al riguardo, sulla scia di Cass. S.U. 2-3-2006 n. 4588, è stato precisato
che “l’attribuzione alla contrattazione collettiva, ex art. 23 della legge n. 56 del
1987, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli
previsti dalla legge n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di
considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato
del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro
diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di
lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo
indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi
specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a
condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare
contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di
procedere ad assunzioni a tempo determinato” (v. Cass. 4-8-2008 n. 21063, v.
anche Cass. 20-4-2006 n. 9245, Cass. 7-3-2005 n. 4862, Cass. 26-7-2004 n.
2

contratto de suo in quanto stipulato (per “esigenze eccezionali…”) oltre il

14011). “Ne risulta, quindi, una sorta di “delega in bianco” a favore dei
contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi
vincolati alla individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste
dalla legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della disciplina generale

Cass. 4-8-2008 n. 21062, Cass. 23-8-2006 n. 18378).
In tale quadro, ove però, come nel caso di specie, un limite temporale sia
stato previsto dalle parti collettive (anche con accordi integrativi del contratto
collettivo) la sua inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione
del termine (v. fra le altre Cass. 23-8-2006 n. 18383, Cass. 14-4-2005 n. 7745,
Cass. 14-2-2004 n. 2866).
In particolare, quindi, come questa Corte ha costantemente affermato e
come va anche qui ribadito, “in materia di assunzioni a termine di dipendenti
postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8
del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo,
sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la
sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica
dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli
assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998;
ne consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine
cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo
derogatorio, con la ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi
contratti a tempo indeterminato, in forza dell’art. 1 della legge 18 aprile 1962
n. 230″ (v., fra le altre, Cass. 1-10-2007 n. 20608; Cass. 28-11-2008 n. 28450;
Cass. 4-8-2008 n- 21062; Cass. 27-3-2008 n. 7979, Cass. 18378/2006 cit.).
3

in materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato.” (v., fra le altre,

In applicazione di tale principio vanno quindi respinti i detti primi due
motivi.
Con il terzo motivo la società, denunciando violazione degli artt. 1217 e
1233 c.c., lamenta che la Corte di merito non avrebbe svolto alcuna verifica in

“conto della possibilità che il lavoratore abbia anche espletato attività
lavorativa retribuita da terzi una volta cessato il rapporto di lavoro con la
società resistente”, disattendendo, peraltro, le richieste della società di ordine di
esibizione dei modelli 101 e 740 del lavoratore.
La ricorrente formula, quindi, il seguente quesito di diritto:

“Dica la

Suprema Corte se per il principio di corrispettività della prestazione, il
lavoratore — a seguito dell’accertamento giudiziale dell’illegittimità del
contratto a termine stipulato – ha diritto al pagamento delle retribuzioni
soltanto dalla data di riammissione in servizio, salvo che abbia costituito in
mora il datore di lavoro, offrendo espressamente la prestazione lavorativa nel
rispetto della disciplina di cui agli artt 1206 e segg. cod. civ. “.
Tale quesito non riguarda il tema dell’aliunde perceptum e comunque,
anche in ordine all’argomento della mora credendi risulta del tutto generico e
non pertinente rispetto alla fattispecie, in quanto si risolve nella enunciazione
in astratto delle regole vigenti nella materia, senza enucleare il momento di
conflitto rispetto ad esse del concreto accertamento operato dai giudici di
merito (in tal senso v. fra le altre Cass. 4-1-2001 n. 80) e senza integrare (in
base alla sola sua lettura) la sintesi logico-giuridica della questione specifica
sollevata con il relativo motivo (cfr. Cass. 7-4-2009 n. 8463).

4

ordine alla effettiva messa in mora del datore di lavoro e non avrebbe tenuto

kla

Peraltro neppure può ignorarsi che nella fattispecie anche la illustrazione
del motivo risulta del tutto generica e priva di autosufficienza in quanto si
incentra nella doglianza circa la mancanza di una verifica da parte della Corte
territoriale sul punto, senza che la ricorrente neppure riporti il contenuto della

considerata dalla Corte di merito) che secondo il suo assunto non avrebbe
integrato la messa in mora.
Del pari, per quanto concerne l’aliunde perceptum (in relazione al quale
manca del tutto il quesito) alcunché di specifico viene poi indicato dalla
ricorrente, laddove al riguardo era pur sempre necessaria una rituale
acquisizione della allegazione e della prova (pur non necessariamente
proveniente dal datore di lavoro in quanto oggetto di eccezione in senso lato cfr.. Cass. 16-5-2005 n. 10155, Cass. 20-6-2006 n. 14131, Cass. 10-8-2007 n.
17606, Cass. S.U. 3-2-1998 n. 1099 -).
Così risultato inammissibile il terzo motivo, riguardante le conseguenze
economiche della nullità del termine, neppure potrebbe incidere in qualche
modo nel presente giudizio lo ius superveniens, rappresentato dall’art. 32,
commi 5 0 , 6° e 7° della legge 4 novembre 2010 n. 183.
Al riguardo, infatti, come questa Corte ha più volte affermato, in via di
principio, costituisce condizione necessaria per poter applicare nel giudizio di
legittimità lo ius superveniens che abbia introdotto, con efficacia retroattiva,
una nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest’ultima sia in
qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura nel ricorso,
in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato

5

comunicazione (nella specie lettera racc. pervenuta in data 7-6-2000,

dagli specifici motivi di ricorso (cfr. Cass. 8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 272-2004 n. 4070).

G.0%

In tale contesto, è altresì necessario che il motivo di ricorso che investe,
anche indirettamente, il tema coinvolto dalla disciplina sopravvenuta, oltre ad

fra le altre Cass. 4-1-2011 n. 80 cit.).
Orbene tale condizione non sussiste nella fattispecie.
Il ricorso principale va pertanto respinto, così risultando assorbito il
ricorso incidentale condizionato (inteso alla affermazione della nullità del
termine sotto gli ulteriori profili della genericità e della mancanza di una
limitazione temporale della previsione collettiva, nonché della mancata prova
della sussistenza in concreto delle esigenze eccezionali dedotte e del nesso
causale delle stesse con la assunzione a termine de qua).
Infine, in ragione della soccombenza sostanziale, la società va condannata
al pagamento delle spese in favore della De Santis con attribuzione al difensore
per dichiarato anticipo.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso
incidentale condizionato, condanna la società a pagare alla De Santis le spese,
liquidate in euro 100,00 per esborsi e euro 3.500,00 per compensi, oltre
accessori di legge, con attribuzione all’avv. De Girolamo.
Roma 21 novembre 2013
IL CONSIGLIERE ESTENSORE
IL PRESIDENTE
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essere sussistente, sia altresì ammissibile secondo la disciplina sua propria (v.

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