Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9097 del 18/05/2020

Cassazione civile sez. lav., 18/05/2020, (ud. 25/02/2020, dep. 18/05/2020), n.9097

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24912-2014 proposto da:

A.P., B.C., C.P., M.D.,

N.G., S.M.M.R.E., S.P.,

T.G., T.C.G., tutti elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA E. GIANTURCO, 1, presso lo studio

dell’avvocato ANTONIO PAZZAGLIA, rappresentati e difesi

dall’avvocato ALDO LOPEZ;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA

DEI PORTOGHESI n. 12;

– controricorrente –

nonchè da:

RICORSO SUCCESSIVO SENZA N. R.G. T.L., G.R.,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA E. GIANTURCO N. 1, presso lo

studio dell’Avvocato ANTONIO PAZZAGLIA, rappresentati e difesi

dall’Avvocato ALDO LOPEZ;

– ricorrenti successivi –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA

DEI PORTOGHESI n. 12;

– controricorrente al ricorso successivo –

avverso la sentenza n. 1355/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 27/05/2014 R.G.N. 508/2011.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. la Corte d’appello di Milano confermava la decisione del locale Tribunale che aveva respinto la domanda proposta nei confronti dell’Agenzia delle Dogane dagli odierni ricorrenti per ottenere il subentro nelle 60 posizioni utili di cui alla graduatoria per la progressione economica approvata nel 2009, a seguito di procedura indetta nel 2001, per consentire il passaggio, all’interno dell’Area professionale III, dalle posizioni economiche F2 (già C1 S) e F3 (già C2) alla superiore posizione economica F4 (già C3) e del conseguente obbligo per l’Agenzia di escludere da detta graduatoria coloro che, alla data di approvazione della stessa, risultassero già inquadrati nella fascia F4 in forza di altra selezione indetta nel 2006 e conclusasi sempre nel 2009;

riteneva la Corte territoriale che la procedura selettiva del 2006 fosse ancora sub iudice essendo stata impugnata la relativa graduatoria e che pertanto permanesse l’interesse del candidati vincitori nella procedura del 2001 a conservare tale status;

riteneva, altresì, che la decisione di prime cure avesse fondato il rigetto della domanda anche su un altro argomento, non oggetto di doglianza e cioè sul fatto che i ricorrenti, inquadrati nel livelli C1, avessero solo genericamente indicato di aver ottenuto un punteggio utile per subentrare nella posizione dei candidati risultati vincitori laddove si evinceva che vi erano altri lavoratori di livello C2 e che non risultava impugnata la determinazione dell’Agenzia delle Entrate di anteporre i candidati C2, alla data dell’1/1/2002, ai candidati C1;

2. per la cassazione di tale sentenza hanno proposto separati ricorsi i dipendenti indicati in epigrafe o affidato a due motivi;

3. l’Agenzia delle Dogane ha resistito con distinti controricorsi;

4. i ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

RILEVATO IN DIRITTO

che:

1. va preliminarmente osservato che il ricorso proposto da T.L. e G.R., in quanto successivo a quello proposto dagli altri odierni ricorrenti, si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorchè proposto con atto a sè stante, in ricorso incidentale, stante l’avvenuto rispetto del termine di quaranta giorni (venti più venti) risultante dal combinato disposto degli artt. 370 e 371 c.p.c. (v. Cass. 6 dicembre 2005, n. 26622; Cass. 20 marzo 2015, n. 5695; Cass. 9 febbraio 2016, n. 2516);

2. con il primo motivo tanto i ricorrenti principali quanto i ricorrenti incidentali denunciano omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, omessa insufficiente, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5);

sostengono che giammai fosse stata dedotta l’esistenza di azioni civili o amministrative o giudizi passati in giudicato in relazione alla procedura del 2006;

riportano le pagg. 17 e 18 del ricorso in appello ove tale punto era stato sviluppato evidenziando che l’impugnativa delle graduatorie del 2006 era solo un “rischio ipotetico” che non poteva fondare alcun diritto in tal senso;

3. il motivo è inammissibile;

3.1. innanzitutto i ricorrenti, oltre a riportare, come detto, talune parti del ricorso in appello, non hanno riprodotto il contenuto degli altri atti rilevanti (memoria di costituzione dell’Avvocatura dello Stato in primo grado, solo indicata, a pag. 10 del ricorso, a mezzo del richiamo a “Prod. 3”; sentenza del Tribunale, solo indicata, sempre a pag. 10 del ricorso, a mezzo del richiamo a “ALL. 11”; documenti esistenti agli atti dei fascicoli di parte posti a base della dedotta erroneità della decisione del Tribunale);

si ricorda che il ricorso per cassazione deve essere redatto nel rispetto dei requisiti imposti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., che al comma 1, n. 6, richiede “la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”;

è, quindi, necessario che il ricorrente, oltre a riportare nel ricorso il contenuto del documento, quanto meno nelle parti essenziali, specifichi in quale fase processuale è avvenuta la produzione ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione;

va precisato, al riguardo, che il requisito di cui al richiamato art. 366 c.p.c., n. 6 è imprescindibile ed autonomo e non può essere confuso con quello di procedibilità (egualmente richiesto) previsto dall’art. 369 c.p.c., n. 4, in quanto il primo risponde all’esigenza di fornire al giudice di legittimità tutti gli elementi necessari per avere la completa cognizione della controversia, senza necessità di accedere a fonti esterne, mentre la produzione (laddove effettuata) è finalizzata a permettere l’agevole reperibilità del documento la cui rilevanza è invocata ai fini dell’accoglimento del ricorso (v. fra le più recenti, sulla non sovrapponibilità dei due requisiti, Cass. 28 settembre 2016, n. 19048);

3.2. inoltre si osserva che, pur se al presente ricorso non si applica, l’art. 348-ter c.p.c., comma 5, – introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. a), convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, – che vieta la proposizione del ricorso per cassazione in relazione all’art. 360, n. 5, stesso codice, in caso di doppia pronuncia conforme di merito (come avvenuto nel caso di specie), trattandosi di norma applicabile (ai sensi del comma 2, stesso cit. art. 54) solo ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore del D.L. n. 83 del 2012 (e cioè dopo l’11 settembre 2012), mentre nel caso di specie il giudizio d’appello era già pendente sin dall’8 marzo 2011 (v. Cass. 18 dicembre 2014, n. 26860; Cass. 11 maggio 2018, n. 11439), nondimeno le censure incontrano i ristretti limiti imposti dal novellato l’art. 360 c.p.c., n. 5, così come rigorosamente interpretato da Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054, secondo cui non è più consentito denunciare un vizio di motivazione se non quando esso dia luogo, in realtà, ad una vera e propria violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, (ciò si verifica soltanto in caso di mancanza grafica della motivazione, di motivazione del tutto apparente, di motivazione perplessa od oggettivamente incomprensibile, oppure di manifesta e irriducibile sua contraddittorietà e sempre che i relativi vizi emergano dal provvedimento in sè, esclusa la riconducibilità in detta previsione di una verifica sulla sufficienza e razionalità della motivazione medesima mediante confronto con le risultanze probatorie);

nella specie l’iter logico seguito dalla Corte territoriale, fondato sulle ragioni evidenziate nello storico di lite, è invero del tutto percepibile e non presenta profili di contraddittorietà che possano far ipotizzare per tale via un difetto di motivazione rilevante ex art. 132 c.p.c., n. 4;

3.3. come ulteriormente chiarito sempre dalla indicate Sezioni Unite nn. 8053 e 8054 del 2014, il vizio specifico ora denunciabile per cassazione è l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe certamente determinato un esito diverso della controversia);

costituisce, pertanto, un “fatto”, agli effetti dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non una “questione” o un “punto”, ma un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass., Sez. Un., 23 marzo 2015, n. 5745);

non costituiscono, viceversa, “fatti”, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5: le argomentazioni o deduzioni difensive (Cass. 14 giugno 2017, n. 14802; Cass. 8 ottobre 2014, n. 21152), gli elementi istruttori, una moltitudine di fatti e circostanze, o il “vario insieme dei materiali di causa” (Cass., 21 ottobre 2015, n. 21439);

anche sotto tale ulteriori profilo il motivo è, dunque, inammissibile;

4. con il secondo motivo tanto i ricorrenti principali quanto i ricorrenti incidentali denunciano omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, omessa insufficiente, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5) nonchè violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 63 e ss. (art. 360 c.p.c., n. 5);

sostengono l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha affermato che i ricorrenti avrebbero dovuto impugnare la determinazione dell’Agenzia di anteporre i candidati C2 ai candidati C1 laddove con la riforma del pubblico impiego non vi era alcun atto da impugnare;

5. anche tale motivo non merita accoglimento;

5.1. quanto al denunciato vizio motivazionale, il motivo presenta gli stessi profili di inammissibilità già evidenziati ai punti sub 3.1, 3.2 e 3.3. che precedono;

5.2. peraltro lo stesso trascura di considerare che, al di là dell’affermata necessità di una previa impugnativa della indicata deliberazione, la Corte territoriale ha ritenuto che gli appellanti si fossero limitati ad affermare genericamente di aver ottenuto un punteggio utile per subentrare nella graduatoria, laddove gli stessi risultavano inquadrati nel livello C1 mentre in tale graduatoria erano inseriti anche lavoratori di livello C2, che l’Agenzia aveva valutato di anteporre ai candidati C1 (ed invero non risulta che, in sede di ricorso introduttivo del giudizio, i dipendenti avessero mosso specifiche doglianze avverso tale determinazione);

5.3. quanto alla dedotta violazione di legge, va rilevato che le considerazioni svolte nel motivo circa il diritto al subentro nella posizione di vincitori (attraverso la ricostruzione dei criteri per i passaggi all’interno dell’Area C, dei requisiti generali e speciali per la partecipazione alle procedure selettive) risultano nuove, non evincendosi se ed in quali termini le stesse siano state sottoposte ai giudici di merito;

va, al riguardo, ribadito il principio, da tempo consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui “qualora una questione giuridica – implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa” (v. Cass. 13 dicembre 2019, n. 32804 e la giurisprudenza ivi richiamata), oneri, nella specie, non adempiuti dal ricorrente;

5.4. quanto, poi, alla dedotta insussistenza di un interesse in capo a quei dipendenti “da anni (2005/2006), in posizione economica C3 (oggi F4)”, si osserva che il rilevo, oltre a presentare gli stessi profili di inammissibilità già evidenziati, per la mancata trascrizione degli atti (e così delle graduatorie), è destituito di fondamento;

va, infatti, considerato che la Corte, con accertamento in fatto non rivedibile in questa sede, ha ricollegato l’interesse dei vincitori della graduatoria, in relazione alla quale sono formulate le censure, a mantenere la posizione conseguita al carattere provvisorio dell’altra graduatoria;

va, peraltro, anche rilevato, sulla base della stessa ricostruzione dei tempi delle procedure e delle graduatorie per cui è causa, che la decorrenza dell’inquadramento nella posizione professionale oggetto della progressione del 2001 da epoca evidentemente precedente rispetto a quella della selezione interna indetta e portata a compimento nelle more della prima, ben poteva essere, a monte, comunque significativa dell’interesse dei soggetti utilmente collocati nella graduatoria di tale prima progressione a permanere nella stessa;

6. conclusivamente tanto il ricorso principale quanto quello incidentale devono essere respinti;

7. la regolamentazione delle spese segue la soccombenza;

8. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, ricorrono le condizioni previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi; condanna i ricorrenti al pagamento, in favore dell’Agenzia controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 6.000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo prescritto a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per i ricorsi, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2020

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