Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9092 del 02/04/2019

Cassazione civile sez. VI, 02/04/2019, (ud. 28/02/2019, dep. 02/04/2019), n.9092

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1908-2018 proposto da:

D.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIETRO MASCAGNI

186, presso lo studio dell’avvocato JACOPO MARIA PITORRI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7028/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata l’08/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/02/2019 dal Consigliere Relatore Dott. SAMBITO

MARIA GIOVANNA C..

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza in data 8 novembre 2017, la Corte d’Appello di Roma, ha dichiarato inammissibile ex art. 342 c.p.c.l’appello proposto da D.S., cittadino del Gambia, avverso la sentenza con la quale il Tribunale aveva rigettato le istanze volte in via gradata al riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed alla protezione umanitaria. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso lo straniero, sulla base di quattro motivi, con cui denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8; del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 17, art. 15, commi 1 e 2 e art. 16; del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6; dell’art. 3 Cost.. Il Ministero ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è inammissibile. Con esso si denuncia la mancata attivazione dei poteri istruttori dell’Ufficio, si richiama genericamente la disciplina in tema di protezione sussidiaria e di protezione umanitaria e si critica il mancato “doveroso bilanciamento… tra la tutela degli interessi privati ed il bene giuridico della sicurezza pubblica della Nazione”, senza considerare che la sentenza impugnata ha definito in rito il gravame proposto dall’odierno ricorrente, per aver ritenuto non esser stata validamente incisa la decisione di primo grado, con la quale si era affermata la mancata allegazione di specifici motivi di persecuzione diretta nei suoi confronti, e di seri pericoli in caso di rientro in Patria.

Per riaprire il dibattito sulla sua posizione, il ricorrente avrebbe, quindi, dovuto criticare la ritenuta inammissibilità dell’appello e riprodurre, in ossequio al disposto di cui all’art. 366 c.p.c., le doglianze avverso la decisione di primo grado. Non avendolo fatto, il ricorso non incide sulla ratio decidendi della sentenza e la declaratoria d’inammissibilità resta ferma.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna al pagamento delle spese, che si liquidano in complessivi Euro 2.100,00, oltre a spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2019

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