Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9089 del 07/04/2017
Cassazione civile, sez. trib., 07/04/2017, (ud. 28/03/2017, dep.07/04/2017), n. 9089
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. CARBONE Ernesto – rel. Consigliere –
Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24935/2013 R.G. proposto da:
FIDA s.r.l. e CLOETTA ITALIA s.r.l., rappresentate e difese dagli
Avv.ti Stefano Petrecca e Rosamaria Nicastro, elettivamente
domiciliate in Roma alla via G. Paisiello n. 33 presso lo studio Di
Tanno & Associati, per distinte procure speciali;
– ricorrenti –
contro
Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura
Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma alla via dei
Portoghesi n. 12 domicilia ex lege;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della
Lombardia n. 27/31/13 depositata il 19 marzo 2013;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 marzo 2017
dal Consigliere Enrico Carbone.
Fatto
RILEVATO
CHE:
– In relazione a una cessione di ramo d’azienda dalla LEAF ITALIA s.r.l. alla FIDA TRADE s.r.l., le società parti (ora CLOETTA ITALIA s.r.l. e FIDA s.r.l.) impugnano per cassazione la decisione di conferma dell’avviso di liquidazione dell’imposta di registro, maggiorata in rettifica del valore d’avviamento.
– Il ricorso per cassazione denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52 (primo motivo), violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 460 del 1996, art. 2, comma 4, D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52, art. 2697 c.c. (secondo motivo), omesso esame di un fatto decisivo (terzo motivo).
– Le società ricorrenti si dolgono che il giudice d’appello abbia reputato legittima e coerente la rettifica del valore d’avviamento basata sulla redditività della cessionaria, senza considerare l’oggettivo valore venale del ramo ceduto.
– In realtà, il giudice d’appello ha espresso argomenti plurimi, evincibili dall’impiego del criterio estimativo su base triennale, dal parere del Garante Antitrust sull’operazione di cessione e dalle dichiarazioni su rivista specializzata rese dall’amministratore delegato della società acquirente.
– I criteri di cui al D.P.R. n. 460 del 1996, art. 2 determinano valori minimali d’avviamento in funzione dell’accertamento con adesione, sicchè la loro applicazione integra un indizio a favore dell’amministrazione (Cass. 27 luglio 2007, n. 16705, Rv. 599867), tanto che questa può impiegare un criterio diverso solo dando conto della maggiore affidabilità specifica (Cass. 27 marzo 2012, n. 4931, Rv. 622231).
Nella ricostruzione di merito, il parere antitrust e l’intervista del manager sulle potenzialità dei marchi corroborano il significato indiziario dell’opzione estimativa minimale, secondo una valutazione di gravità, precisione e concordanza, insindacabile dal giudice di legittimità (Cass. 19 marzo 2002, n. 3974, Rv. 553151; Cass. 23 gennaio 2006, n. 1216, Rv. 587998).
– Il ricorso deve essere respinto e le spese di questo giudizio regolate per soccombenza.
PQM
Respinge il ricorso e condanna le ricorrenti in solido tra loro a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese di questo giudizio, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Dichiara che le ricorrenti hanno l’obbligo di versare l’ulteriore importo per contributo unificato D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 28 marzo 2017.
Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2017