Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9087 del 01/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 01/04/2021, (ud. 09/02/2021, dep. 01/04/2021), n.9087

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9642-2018 proposto da:

P.R., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato DI MASO EMANUELE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, (OMISSIS) in persona del

Presidente pro tempore, in elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 160/25/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA SEZIONE DISTACCATA di BRESCIA, depositata

il 18/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MOCCI

MAURO.

 

Fatto

RILEVATO:

che P.R. propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che, in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione, aveva respinto il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Mantova. Quest’ultima, a sua volta, aveva rigettato il ricorso della contribuente contro una cartella di pagamento per IRES ed ILOR, per l’anno 1988.

Diritto

CONSIDERATO:

che il ricorso è affidato a due motivi;

che, attraverso il primo, la ricorrente assume la violazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4: la CTR avrebbe violato il disposto di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11, comma 2 e del D.Lgs. n. 156 del 2015, avendo l’Agenzia delle Entrate-Riscossione omesso di farsi difendere in giudizio da propri funzionari, con conseguente nullità della procura e di tutti gli atti successivi;

che, col secondo, la contribuente lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, ex art. 360 c.p.c., n. 3: Agenzia delle Entrate-Riscossione sarebbe stata esclusa – per espressa volontà legislativa – dal novero dei soggetti giuridici abilitati ad effettuare la notifica degli atti tramite raccomandata postale e senza l’intervento di un soggetto qualificato a ciò preposto;

che l’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso, eccependo preliminarmente la violazione del contraddittorio, ex art. 102 c.p.c., giacchè il ricorso sarebbe stato notificato al solo Agente di Riscossione e non all’Ente impositore, già parte del pregresso giudizio di appello;

che tale eccezione è infondata, alla luce della considerazione che il thema decidendum è circoscritto ai profili formali della cartella di pagamento e non concerne il contenuto del potere impositivo;

che il primo motivo è infondato ed irrilevante;

che infatti, ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, impregiudicata la generale facoltà di avvalersi anche di propri dipendenti delegati davanti al tribunale ed al giudice di pace, si avvale: a) dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti come riservati ad essa dalla Convenzione intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi del R.D. n. 1611 del 1933, art. 43, comma 4, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all’organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici; b) di avvocati del libero foro, senza bisogno di formalità, nè della delibera prevista dal cit. R.D., art. 43, comma 4, – nel rispetto del D.Lgs. n. 50 del 2016, artt. 4 e 17 e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi del D.L. 193 del 2016, art. 1, comma 5, conv. in L. n. 225 del 2016 – in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all’Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio. Quando la scelta tra il patrocinio dell’Avvocatura erariale e quello di un avvocato del libero foro discende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla Convenzione tra l’Agenzia e l’Avvocatura dello Stato o di indisponibilità di questa ad assumere il patrocinio, la costituzione dell’Agenzia a mezzo dell’una o dell’altro postula necessariamente ed implicitamente la sussistenza del relativo presupposto di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimità (Sez. Un, n. 30008 del 19/11/2019); che il secondo motivo è infondato;

che già la contribuente, con il primo ricorso per cassazione, aveva dichiarato di abbandonare la questione concernente la dedotta illegittimità della notifica della cartella di pagamento, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 (pag. 4 del primo ricorso);

che la notificazione della cartella di pagamento può essere eseguita anche mediante invio, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento – in quanto la seconda parte del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, comma 1, prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati – ed in detta ipotesi la stessa si perfeziona alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente o dal consegnatario, senza necessità di redigere un’apposita relata di notifica, in quanto l’avvenuta effettuazione della notificazione, su istanza del soggetto legittimato, e la relazione tra la persona cui è stato consegnato l’atto ed il destinatario della medesima costituiscono oggetto di una attestazione dell’agente postale assistita dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c.c. (Sez. 5, n. 27561 del 30/10/2018; Sez. 6-5, n. 4275 del 21/02/2018); che il ricorso va dunque respinto;

che al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, nella misura indicata in dispositivo; che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, a favore dell’Agenzia delle Entrate, in Euro 6.000, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2021

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