Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9078 del 07/04/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 07/04/2017, (ud. 27/09/2016, dep.07/04/2017),  n. 9078

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13788-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

IMPRESA DI C.G. SRL;

– intimato –

Nonchè da:

IMPRESA DI C.G. SRL in persona del legale rappresentante e

Amm.re Unico, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE PARIOLI 43,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO D’AYALA VALVA, che lo

rappresenta e difende giusta delega a margine;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 81/2010 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 29/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/09/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO;

udito per il ricorrente l’Avvocato URBANI NERI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale, rigetto ricorso incidentale;

udito per il controricorrente l’Avvocato D’AYALA VALVA che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso incidentale, rigetto ricorso principale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio, che ha concluso per l’accoglimento di entrambi i

ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il concessionario per la riscossione ha intimato con cartella di pagamento all’impresa Di C.G. s.r.l. il pagamento delle somme iscritte a ruolo per complessivi Euro 205.574,74 dovute per IRAP, IVA e sanzioni, a seguito di controllo di dichiarazioni mod. 770/2003 e UNICO/2003 D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis.

Avverso l’atto ha proposto ricorso la contribuente che è stato accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Roma, con sentenza appellata dall’Agenzia delle Entrate.

La Commissione tributaria regionale del Lazio in Roma ha rigettato l’appello avverso la decisione di primo grado, ritenendo corretta la decisione di primo grado affermativa della nullità della cartella per mancata indicazione del responsabile del procedimento.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’Agenzia delle Entrate, affidandolo a un motivo, ai quali la contribuente replica con controricorso contenente altresì ricorso incidentale affidato a quattro motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo del ricorso principale l’Agenzia deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 2, e del D.L. n. 248 del 2007, art. 46, comma 4ter. Sostiene che, essendo stata notificata la cartella per cui è causa prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 248 del 2007, erroneamente ne sia stata ritenuta l’invalidità per mancata indicazione del nome del responsabile del procedimento.

2. – Il motivo è fondato e va accolto, con esso dovendo dunque accogliersi il ricorso principale. In argomento deve richiamarsi come, in base al complesso normativo indicato, questa Corte abbia già chiarito, anche a sezioni unite, che l’indicazione del responsabile del procedimento negli atti dell’amministrazione finanziaria non è richiesta dalla L. n. 212 del 2000, art. 7 a pena di nullità; tale sanzione è stata introdotta per le sole cartelle di pagamento dal D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 4-ter, convertito, con modificazioni, nella L. n. 31 del 2008, che nel prevedere specificamente la sanzione di nullità per le cartelle non indicanti il nome del responsabile del procedimento fissa la decorrenza di tale disciplina dal 1 giugno 2008, precisando, con portata interpretativa, che “la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati prima di tale data non è causa di nullità delle stesse” (cfr. sez. un. n. 11722 del 2010 e sez. 5 n. 10805 del 2010 e 7534 del 2016, tra le altre). A tali disposizioni non si è dunque attenuta la commissione con la sentenza impugnata, che va cassata.

3. – Con il primo motivo del ricorso incidentale la parte contribuente censura la sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per la ritenuta violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 2, e del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 12 e 25. Sostiene che, nella parte in cui la cartella è stata ritenuta sufficientemente motivata nonchè conforme al modello ministeriale e tale da aver consentito al contribuente di esercitare le proprie difese, l’impugnata sentenza non avrebbe rettamente applicato le predette norme nell’interpretazione offerta da questa Corte, atteso che solo in sede processuale l’amministrazione aveva giustificato la non riconducibilità degli importi alla dichiarazione asseritamente oggetto di liquidazione cartolare D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis con il fatto che nei confronti del contribuente era stato emesso diniego di condono, per cui gli importi versati erano stati portati a deconto.

4. – Con il secondo motivo di ricorso incidentale, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la parte contribuente lamenta insufficiente e illogica motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Sostiene che, nella parte in cui aveva ritenuto la cartella sufficientemente motivata nonchè conforme al modello ministeriale e tale da aver consentito al contribuente di esercitare le proprie difese, l’impugnata sentenza aveva in effetti offerto una motivazione apodittica dell’iter logico-giuridico della decisione, non essendo sufficiente la conformità al modello ministeriale per aversi completezza di esso nè avendo in fatto la formulazione della cartella messo il contribuente nelle condizioni di esercitare i propri diritti e difese.

5. – Con il terzo motivo del ricorso incidentale la parte contribuente censura la sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., comma 1. Sostiene che, nella parte in cui aveva esaminato l’ulteriore doglianza della parte contribuente, con cui essa aveva contestato la mancanza del presupposto impositivo, in quanto l’amministrazione aveva giustificato la non riconducibilità degli importi alla dichiarazione asseritamente oggetto di liquidazione cartolare D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis con il fatto che nei confronti del contribuente era stato emesso diniego di condono, per cui gli importi versati erano stati portati a deconto, erroneamente la Commissione regionale con la sentenza gravata aveva ritenuto di “non (poter) entrare nel merito… perchè risulta insufficiente la documentazione prodotta relativa al condono di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9 bis”. Secondo la parte contribuente, l’esistenza di dichiarazione di condono era fatto incontestato, per cui era decidibile la questione relativa al se, non corrispondendo gli importi in cartella a quelli in dichiarazione, per effetto del deconto da diniego di condono, sussistesse il presupposto della liquidazione cartolare D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis.

6 – Con il quarto motivo di ricorso incidentale, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la parte contribuente lamenta insufficiente e illogica motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Sostiene che, nella parte in cui aveva ritenuto di non poter entrare nel merito della doglianza relativa all’assenza di presupposto impositivo per non coincidenza degli importi con quelli della dichiarazione controllata, l’impugnata sentenza aveva in effetti omesso di fornire idoneo iter logico-giuridico della decisione, non avendo spiegato perchè di fronte al fatto incontestato dell’esistenza di dichiarazione di condono non fosse decidibile la doglianza predetta.

7. – I motivi di ricorso incidentale sono strettamente connessi e possono essere esaminati congiuntamente, essendo tutti inammissibili.

8. – Essi, infatti, difettano di pertinenza rispetto alla fattispecie. In argomento, va chiarito che, come emerge dalla p. 2 del controricorso con ricorso incidentale, la cartella impugnata, al primo e al secondo riquadro, reca le motivazioni che ivi si leggono, che si concludono, dopo aver fatto cenno a controllo automatizzato delle dichiarazioni 770S e UNICO presentate per il periodo di imposta 2002, con la specificazione “comunicazione predisposta in data 31.01.2006 con codice atto numero…”, con due numeri che seguono con finali 327 e 328. Riferendosi alla cartella, per come riportato sempre alla predetta p. 2, la società contribuente chiarisce che con il ricorso originario essa aveva dedotto che la cartella scaturisce “dal mancato versamento delle imposte per l’anno di imposta 2002, desumibile dall’avviso bonario allegato al diniego ricevuto dal predetto ufficio, per la definizione di ritardati od omessi versamenti (L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9 bis).” Su tale dato – inserito però in una visione giuridica smentita dalla giurisprudenza di questa corte in ordine alla natura del condono – la parte contribuente impostava una difesa imperniata sulla non definitività delle pretese connesse al diniego; mostrava, peraltro, piena consapevolezza in ordine alle stesse, come desumibili dall’avviso bonario (cfr. p. 3 del controricorso, ove altri richiami del ricorso originario).

9. – Sul punto, deve dunque affermarsi che con i quattro motivi di ricorso incidentale, tutti in varia guisa imperniati su una contestazione – peraltro solo larvatamente riconducibile al ricorso originario (difetto di motivazione), ciò da cui per ragioni di sintesi può prescindersi – per la quale la società contribuente, deducendo la non corrispondenza tra gli importi in cartella con quelli nelle dichiarazioni per effetto del deconto (e, quindi per differenza in favore del contribuente) di versamenti per condono denegato, revoca in dubbio il sussistere del presupposto della liquidazione cartolare D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, avendo l’ufficio – in tesi – manifestato solo in corso di giudizio l’effettuazione di tale deconto, la contribuente finisce per negare essa stessa il presupposto fattuale dedotto con il ricorso di prime cure: come detto, infatti, la stessa contribuente ha finito per ammettere, con detto ricorso, che la cartella (ritenuta immotivata, o tardivamente motivata) scaturisce, in effetti, “dal mancato versamento delle imposte per l’anno di imposta 2002, desumibile dall’avviso bonario allegato al diniego ricevuto dal predetto ufficio, per la definizione di ritardati od omessi versamenti (L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9 bis)”. Del resto, sempre per come trascritto dalla stessa ricorrente incidentale, le comunicazioni sono ritualmente richiamate nella motivazione (anche se la contribuente, in altri luoghi delle sue doglianze, ne pretende – ciò che qui non rileva – l’allegazione ovvero la indicazione della data della notifica). Deriva da quanto detto che, stante l’avvenuta comunicazione, e comunque la comprensione, del collegamento tra liquidazione cartolare e deconto – ossia accredito a favore della contribuente – di quanto versato quale rata di condono negato, viene meno la stessa base dei motivi di ricorso incidentale, già Per ciò solo inammissibili. Infatti, sia nei motivi per violazione di legge sia in quelli per vizio di motivazione, deve essere parte integrante dello svolgimento del motivo l’aggancio fattuale rispetto alla fattispecie: nesso, in definitiva, assente nel caso di specie, in quanto contraddittoriamente esposto, in un luogo, come assenza di emersione testuale del deconto in base all’atto e, in altro luogo, come emersione alla luce della previa comunicazione di avviso.

10.- “Ad abundantiam”, peraltro, può richiamarsi – in ordine alla parte della contestazione circa l’inapplicabilità della liquidazione cartolare – la giurisprudenza di questa Corte (v. ad es. sez. 5, n. 9224 del 2011) secondo la quale allorchè l’amministrazione finanziaria provveda a notificare al contribuente una cartella di pagamento in esito alla procedura di controllo automatizzato, essa non è tenuta ad alcuna particolare motivazione di tale provvedimento, onere necessario soltanto quando la contestazione dell’erario si fondi su interpretazioni giuridiche od elaborazioni della documentazione allegata dal contribuente. Nel caso di specie, peraltro, non si sarebbe trattato nemmeno di correzione degli errori materiali e di calcolo commessi dal contribuente nella determinazione degli imponibili, delle imposte, delle detrazioni d’imposta, delle deduzioni dal reddito, dei crediti d’imposta esposti in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati e risultanti dalle dichiarazioni stesse, o altra revisione analoga; bensì del semplice controllo della rispondenza tra gli importi dichiarati e i versamenti effettuati, da cui sarebbe stata sottratta la somma già versata ad altro titolo, come da avviso bonario. Anche da tale punto di vista, dunque, i motivi dell’appello incidentale peccano di pertinenza rispetto alla fattispecie, narrata in esordio come una fattispecie in cui detto deconto emergeva “ab origine”.

11.- In relazione a quanto precede, resta assorbita ogni considerazione circa l’ammissibilità dei motivi con riguardo alla riconducibilità – come accennato – al ricorso originario e alla coltivazione in appello dei profili poi trattati nel ricorso incidentale, trattandosi eventualmente di questioni assorbite nelle sentenze delle commissioni di prima e seconda istanza, ma che era comunque onere della parte sollevare nei gradi di merito, trascrivendo debitamente le deduzioni svolte nel ricorso incidentale.

12.- In definitiva, rigettandosi il ricorso incidentale per inammissibilità dei motivi, deve affermarsi, stante l’accoglimento del ricorso principale, la possibilità per questa Corte di pronunciare nel merito e, stante la non necessità di ulteriori accertamenti in fatto, rigettare il ricorso originario della contribuente.

13.- Potendo, a cagione dell’intervento interpretativo della L. n. 31 del 2008 successivamente all’instaurazione dell’originario ricorso, compensarsi le spese dei gradi di merito, le spese dei giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

PQM

la Corte accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale, cassa l’impugnata sentenza e, pronunciando nel merito, rigetta l’originario ricorso della parte contribuente; compensa le spese dei gradi di merito; condanna la parte contribuente alla rifusione a favore dell’Agenzia delle entrate delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro tremilaseicentoquarantacinque per compensi, oltre eventuali spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione quinta civile, il 27 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2017

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