Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9078 del 01/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 01/04/2021, (ud. 14/01/2021, dep. 01/04/2021), n.9078

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. CENNICOLA Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. RG. 8810/2016, proposto da:

P.M.I. s.r.l. Montaggi Industriali, in persona del legale rapp.te

p.t., P.A., G.G., tutti rappresentati e

difesi, giusta procura in atti, dall’Avv.to An Zontini, con la quale

sono elettivamente domiciliati in Roma, Via L. Magnifico, n. 8,

presso lo studio dell’avv.to Martino Brizzi;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

Avverso la sentenza n. 4180/15 della Commissione tributaria Regionale

della Lombardia, depositata in data 29/09/15, non notificato;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/01/2021

dalla Dott.ssa Rosita D’Angiolella.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. Con la sentenza in epigrafe, la CTR della Lombardia rigettava l’appello dei contribuenti, P.M. s.r.l. Montaggi Industriali, in persona del legale rapp.te p.t., P.A., G.G., avverso la sentenza della CTP di Lodi, che a sua volta aveva respinto il loro ricorso avverso gli avvisi di accertamento, per l’anno 2007, con il quale l’Ufficio aveva rideterminato, con metodo sintetico, ai fini IRPEF e relative addizionali, un maggior reddito d’impresa della società, P.M. s.r.l. Montaggi Industriali, ed un maggior reddito di partecipazione dei soci, P.A. e G.G., rispetto a quello dichiarato.

2. Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di cui in epigrafe, i contribuenti hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi così rubricati:

“1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21. Denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Difetto di motivazione D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 36, comma 2, n. 4 e art. 156 c.p.c., comma 2, denunzia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.

“2. Violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42. Denunzia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

“3. Violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e art. 39, comma 1, Difetto di motivazione, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 36, comma 2 e art. 156 c.p.c., comma 2. Denunzia ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4”.

“4. Violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1. Denunzia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 ed in subordine difetto di motivazione D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 36, comma 2 e art. 156 c.p.c., comma 2, denunzia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”.

4. Resiste con controricorso l’Amministrazione finanziaria.

5. I ricorrenti hanno presentato memoria ex art. 380 bis l c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Col primo motivo di ricorso i ricorrenti censurano la sentenza impugnata sotto più profili, deducendo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione di legge (art. 2697 c.c. e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21) ed in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per motivazione apparente (D.P.R. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2 e art. 156 c.p.c., comma 2). Tale ultimo profilo, poichè riguarda un vizio dell’intera sentenza, va esaminato, secondo l’ordine logico delle questioni di cui all’art. 276 c.p.c., comma 2, prioritariamente.

1.1. Come risulta dal ricorso e dal controricorso, l’impugnazione degli avvisi di accertamento ha riguardato l’infondatezza della pretesa dell’Ufficio rispetto alle accertate sovrafatturazioni per operazioni parzialmente inesistenti compiute dalla società P.M.I. Immobiliare, e dai suoi soci, con la società S.P.L.. All’uopo, i ricorrenti, alla pag. 8 del ricorso, hanno riportato, trascrivendole, le specifiche contestazioni sollevate sia con i ricorsi di primo grado sia con l’atto di appello (nel ricorso in cassazione sono indicate le pagg. 14 e 17 dell’atto di appello contenenti le relative contestazioni). Tra esse – come evidente dalla lettura delle difese dei contribuenti in grado di appello – i ricorrenti evidenziano che la ricostruzione dell’Ufficio si poneva in contrato logico con l’effettivo pagamento delle operazioni contestate comprovato dalle fatture esibite all’Ufficio e richiamate nei gradi di merito, nonchè dal positivo riscontro delle scritture contabili sulle fatturazioni e sui pagamenti (v. pagg. 8-11 del ricorso ove sono riportate le specifiche e puntuali difese dei ricorrenti per superare la prova indiziaria delle operazioni inesistenti).

1.2. A fronte di tali contestazioni, la Commissione tributaria regionale, sulla premessa che “nel carattere impugnatorio del processo tributario, è onere dell’appellante dimostrare ogni qualsivoglia vizio di legittimità e di merito degli avvisi di accertamento”, si è limitata a ritenere che “(…) l’affermazione dei ricorrenti secondo i quali l’Ufficio non abbia provato la ripartizione di utili occulti, non possa trovare il giusto fondamento nei documenti in loro possesso in quanto il tutto viene ampiamente riscontrato nell’attività di indagine svolta dall’Ufficio (…) l’onere di provare una destinazione diversa da quella naturale della distribuzione pro quota ai soci spetta ai soci che negano di aver percepito la poro quota. (…) Sulla dedotta violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. c), questi giudici ritengono tale eccezione non fondata, e sottolinea la legittimità dell’operato dell’Ufficio che ha proceduto in maniera analitica, pertanto appare a parere di questi Giudici lineare la ricostruzione dell’Ufficio in considerazione di tutti gli altri elementi riscontrati e del modus operandi normalmente utilizzato tra soggetti coinvolti in operazione totalmente o parzialmente inesistenti”.

1.3. Ritiene il Collegio che i giudici di secondo grado siano incorsi nel vizio denunciato di motivazione apparente, in quanto hanno omesso di indicare gli elementi da cui hanno tratto il proprio convincimento, limitandosi ad affermare questioni di principio prive di una verifica in concreto rispetto alle risultanze di causa, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del loro ragionamento (ex multis, Sez. 6-5, Ordinanza, 07/04/2017, n. 9105).

1.4. Come da costante orientamento di questa Corte, da cui non v’è motivo di discostarsi, “ai fini della sufficienza della motivazione della sentenza, il giudice non può, quando esamina i fatti di prova, limitarsi a denunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perchè questo è il solo contenuto “statico” della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve impegnarsi anche nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla situazione iniziale di ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta necessario contenuto “dinamico” della dichiarazione stessa” (cfr., Sez. 65, Ordinanza 29/07/2016, n. 15964; Sez. 5, Ordinanza, 20/12/2018, n. 32980).

2. Rispetto al vizio motivazionale della sentenza impugnata, anche la questione di cui al secondo motivo di ricorso – riguardante il rigetto dell’eccezione di nullità degli avvisi di accertamento per difetto di valida sottoscrizione da parte del Direttore provinciale e mancata allegazione della delega all’avviso – evidenzia la carenza di argomentazioni adeguate considerato che, a fronte dell’eccezione di carenza di delega alla sottoscrizione da parte del titolare dell’Ufficio sollevata dalla società contribuente, scattava l’onere in capo all’Amministrazione erariale di documentare la delega di firma (cfr. Sez. 6-5, Ordinanza, 06/03/2018, n. 5200) ed il conseguente obbligo da parte del giudice di merito di verificare tale documentazione per pronunciarsi sull’accoglimento o sul rigetto della relativa eccezione (cfr., Sez. 5, Sentenza, 17/07/2019, n. 19190; id. Sez. 5, Ordinanza, 26/02/2020, n. 5177).

3. Alla luce di tali principi, la motivazione della sentenza impugnata è “apparente” per aver omesso la valutazione di elementi di fatto decisivi per il giudizio come individuati dalla ricorrente nei giudizi di merito, nonchè in seno al giudizio di impugnazione.

4. I motivi terzo e quarto restano assorbiti dall’accoglimento del primo mezzo.

5. In conclusione, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame della controversia alla stregua dei principi sopra esposti.

6. Il giudice di rinvio è tenuto a provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2021

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