Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9075 del 01/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 01/04/2021, (ud. 26/11/2020, dep. 01/04/2021), n.9075

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. PERRINO A. M. – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. CHIESI Gian Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 16360 del ruolo generale dell’anno

2013, proposto da:

s.p.a. Finanziaria saccarifera italo-iberica, incorporante la s.p.a.

S.A.I.EST sviluppo agro industriale dell’est, in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura

speciale autenticata in data (OMISSIS) dal Dott. P.M.,

notaio in (OMISSIS), Rep. n. (OMISSIS), dagli avvocati Emanuele

Coglitore e Luigi Ferdinando Berardi, elettivamente domiciliatosi

presso lo studio del primo in Roma, alla via Confalonieri, n. 5;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale dell’Emilia Romagna, depositata in data 4 giugno 2012, n.

44/04/12;

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio del

26 novembre 2020 dal consigliere Angelina-Maria Perrino.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Emerge dalla sentenza impugnata che la s.p.a. S.A.I.EST, la quale produce zucchero e alcool, controlla le società Fabrica Secera AD e Star Secer AD, site la prima in Serbia e la seconda in Montenegro, con le quali aveva stipulato un contratto in virtù del quale si era obbligata nei loro confronti a svolgere una serie di prestazioni volte a migliorarne l’organizzazione amministrativa, impegnandosi, peraltro, a non addebitare i compensi relativi, nè i costi, nel caso in cui le controllate non avessero raggiunto gli obiettivi prefissati entro una determinata data.

Delle due società la Star Secer AD non raggiungeva gli obiettivi stabiliti, sicchè la S.A.I.EST non le ha addebitato compensi e costi delle prestazioni, che ha, invece, imputato al proprio conto economico, per poi capitalizzarli ad incremento della partecipazione detenuta nella società; la contribuente ha inoltre detratto l’iva di rivalsa che aveva corrisposto alla s.p.a. SFIR, la quale aveva fornito il personale che aveva svolto le prestazioni nei confronti della Star Secer.

Ne sono seguiti due avvisi di accertamento con i quali l’Agenzia delle entrate ha recuperato a tassazione gli importi corrispondenti ai costi sostenuti, ai fini delle imposte dirette, e ha recuperato altresì le somme oggetto delle detrazioni ai fini dell’iva.

La società ha impugnato gli avvisi, senza successo in primo grado.

La Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna ha respinto il successivo appello giacchè, ha osservato, la clausola contrattuale che escludeva l’addebito dei costi si traduce in un finanziamento a fondo perduto indeducibile, laddove l’indetraibilità dell’iva di rivalsa concernente le fatturazioni della Sfir giustificava il recupero di quest’imposta.

Contro questa sentenza propone ricorso la contribuente per ottenerne la cassazione, che articola in cinque motivi, cui l’Agenzia replica con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Coi primi due motivi, da esaminare congiuntamente perchè connessi, la società denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1321,1322,1353,1362 e 1372 c.c., in relazione al contratto intercorso tra le parti in data (OMISSIS), art. 3, e l’insufficiente e contraddittoria motivazione, là dove il giudice d’appello nega qualsivoglia efficacia all’accordo raggiunto tra le parti (primo motivo), e la violazione o falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., in relazione al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 94, comma 6, art. 101, comma 1, e art. 109, comma 5, e l’omessa o insufficiente motivazione sulla qualificazione dei costi sostenuti e non riaddebitati come apporto di natura finanziaria (secondo motivo).

La censura è inammissibile per concorrenti motivi.

1.1. – Anzitutto essa è inammissibile, perchè, là dove si sostiene che il giudice abbia escluso l’efficacia vincolante del contratto del quale si è dato conto in narrativa, non è congruente col contenuto della decisione.

Il giudice d’appello, al contrario, ha fatto appunto leva sulla previsione contrattuale con la quale si è stabilito che i costi sostenuti dalla controllante non sarebbero stati addebitati alla controllata, e ha qualificato il risultato dell’operazione convenuta dalle parti come una rinuncia “…al corrispettivo a fronte di ingenti spese sostenute nell’interesse della Star Secer AD”; mentre le considerazioni sul potere di controllo e di direzione esercitato dalla ricorrente nei confronti delle controllate danno conto del percorso col quale si è giunti a quella previsione contrattuale, non già dell’esclusione della forza cogente di essa.

1.2. – Ferme dunque restando la ricognizione del contenuto contrattuale e la qualificazione di esso da parte del giudice d’appello, la censura si rivela inammissibile quanto alla concatenazione di presunzioni semplici, lamentata facendo leva sulla violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., l’illegittimità della quale, ad avviso della società, si riverbererebbe sul vizio di motivazione denunciato col secondo motivo.

In sede di legittimità è difatti possibile censurare la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., solo allorchè ricorra il c.d. vizio di sussunzione, ovvero quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti, li ritenga, però, inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso (in termini, da ultimo, Cass. 13 febbraio 2020, n. 3541).

Nessun vizio di sussunzione, nel senso esplicato da questa Corte, è, invece, rinvenibile nel ragionamento svolto nella sentenza impugnata.

2. – Con i restanti tre motivi, da esaminare congiuntamente, perchè connessi, la contribuente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., in relazione al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, commi 1 e 2, e art. 10, comma 1, n. 1, e l’omessa o insufficiente motivazione circa il punto controverso della indetraibilità dell’iva (terzo motivo), la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, comma 2, e art. 36, comma 2, n. 4, in relazione al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 7, comma 4, lett. f), là dove il giudice d’appello, in luogo di soffermarsi soltanto sulla detrazione dell’iva, ha rimarcato il mancato versamento dell’iva (quarto motivo) e la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., o dell’art. 36, comma 2, n. 4, in relazione al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 1, art. 25, e art. 54, comma 2, e l’omessa motivazione sul punto decisivo relativo all’eccepito difetto di competenza dell’avviso di accertamento per iva, emesso per un anno differente rispetto a quello al quale si riferisce la detrazione (quinto motivo).

Questa complessiva censura è in parte inammissibile e in parte infondata.

2.1. – Anzitutto, l’affermazione contenuta in sentenza che il recupero dell’iva derivi dal mancato versamento dell’imposta è ineludibile conseguenza dell’esclusione della detraibilità degli importi in contestazione: se non è detraibile l’iva di rivalsa, resta da versare l’iva che non ne risulta compensata.

2.2. – Inammissibile per difetto di autosufficienza è poi la contestazione concernente l’anno di competenza, giacchè il ricorso non dà conto in maniera specifica del modo e dei tempi in cui la questione è stata posta in giudizio. Anche in caso di error in procedendo è necessario che il giudice di legittimità, per quanto giudice del fatto processuale, sia posto in condizioni di valutare se quel fatto processuale appartenga alla materia giustiziabile (in termini, tra le ultime, Cass., sez. un., 9 gennaio 2020, n. 157).

3. – La contestazione è poi comunque infondata.

Si discute della detrazione dell’iva di rivalsa che la S.A.I.EST ha corrisposto alla s.p.a. SFIR in relazione alle prestazioni rese nei confronti della Star Secer.

La questione va inquadrata nel sistema dell’iva, che si regge sulla concatenazione tra operazioni a monte e operazioni a valle: deve sussistere un nesso diretto e immediato tra una specifica operazione a monte e una o più operazioni a valle, che conferiscono il diritto a detrazione (tra le più recenti, Corte giust. 1 ottobre 2020, causa C-405/19, Vos Aannemigen BVBA, punti 2425).

3.1. – Vero è che l’immediatezza va intesa in senso funzionale, in quanto si può anche riferire al complesso dell’attività economica, al fine di propiziarne lo sviluppo (Corte giust. 22 ottobre 2015, causa C-126/14, Sveda; nella stessa direzione, da ultimo, Corte giust. 16 settembre 2020, causa C-528/19, Mitteldeutsche Hartstein-Industrie AG, punto 27); sicchè si ravvisa il nesso diretto e immediato anche qualora i costi dei servizi facciano parte delle spese generali del soggetto passivo che li sopporta.

4. – Ma occorre pur sempre che i costi di quei servizi, oltre a presentare un nesso diretto e immediato con il complesso delle attività economiche che danno luogo ad operazioni imponibili del soggetto passivo che li riceve, facciano parte degli elementi di determinazione del prezzo delle operazioni compiute a valle (da ultimo, in termini, Cass. 4 agosto 2020, n. 16660).

4.1. – Nel caso in esame, tuttavia, l’operazione a valle, ossia quella realizzata dalla ricorrente nei confronti della controllata Star Secer, non assume la fisionomia dell’operazione imponibile già in base alla ricostruzione offerta in ricorso.

Ciò perchè il nucleo della corrispettività necessario all’identificazione della prestazione di servizi imponibile ai fini dell’iva, in base alle coordinate fornite dalla Corte di giustizia, è ravvisabile nel nesso diretto tra il servizio fornito al destinatario e il compenso ricevuto, sicchè il carattere incerto della stessa esistenza del compenso, spezzando il nesso, sottrae la prestazione all’area dell’imponibilità.

E’ quel che la giurisprudenza unionale ha ritenuto, a proposito della messa a disposizione di cavalli per la partecipazione a gare ippiche, considerata presupposto impositivo dell’iva soltanto se sia di per sè compensata, indipendentemente dal conseguimento di premi (Corte giust. 10 novembre 2016, causa C-432/15, Bastovè; ne fanno applicazione nella giurisprudenza interna, fra varie, Cass. 9 giugno 2017, n. 14406 e 5 marzo 2018, n. 5515).

La nozione unionale di “prestazioni di servizi” ha difatti carattere oggettivo e si applica a prescindere delle finalità e dai risultati delle operazioni coinvolte (tra varie, Corte giust. 20 giugno 2013, Newey, C-653/11, punto 41).

4.2. – Non è quindi ravvisabile nel caso in esame la sussistenza di una prestazione imponibile ai fini iva, perchè, allorquando la prestazione è stata resa, ne era appunto incerto il compenso, dipendente dal conseguimento degli obiettivi dei quali dà conto la stessa contribuente.

Viene quindi a recidersi la concatenazione tra operazioni a monte e operazioni a valle, sul quale si fonda il diritto di detrazione.

La censura va allora respinta.

5. – Il ricorso è rigettato e le spese seguono la soccombenza.

Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2021

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