Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9073 del 07/04/2017

Cassazione civile, sez. trib., 07/04/2017, (ud. 16/10/2015, dep.07/04/2017),  n. 9073

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2795-2009 proposto da:

IPAM SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

RUFFINI 2A, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO SANTINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO COMELLA con studio in

CASERTA VIA F. RENELLA 32 (avviso postale ex art. 135) giusta delega

in calce;

– controricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 50/2008 della COMM.TRIB.REG. di NAPOLI,

depositata il 17/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/10/2015 dal Consigliere Dott. MARIA ENZA LA TORRE;

udito per il controricorrente l’Avvocato CASELLI che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Ipam (Industria prodotti alimentari ed affini meridionale) s.r.l., in persona del liquidatore e legale rappresentante pro tempore, ricorre con tre motivi per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, n. 50/35/08 dep. 17.9.08, che ha rigettato l’appello della contribuente in relazione ad accertamento (per Ipeg e Ilor anno d’imposta 1997). Sulla base di verbale della GGFF, erano stati accertati illegittimi recuperi di costi per operazioni soggettivamente inesistenti (acquisti dall’estero tramite fittizi intermediari); operazioni inesistenti in sospensione d’imposta, D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 8; illegittima deduzione di quote di ammortamento (per spese relative ad un immobile), oltre la non spettanza dell’esenzione d’imposta (Irpeg e Ilor) sul maggior reddito accertato.

In particolare la CTR, confermando sul punto la decisione di primo grado, ha ritenuto tardivo il deposito di documentazione da parte della contribuente in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32, considerando perentorio il termine ivi previsto.

L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo si deduce l’illegittimità della sentenza impugnata per violazione di legge (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), non avendo l’Amministrazione fmanziaria prodotto il processo verbale di constatazione della Guardia di finanza, riportato solo per relationem nella motivazione dell’accertamento, con conseguente mancanza di prova (in violazione dell’art. 2697 c.c.) e mancato esame del suddetto PVC da parte del giudice (in violazione dell’art. 115 c.p.c.).

Il motivo è inammissibile per carenza di autosufficienza, non essendo riportati gli atti di causa ove si sarebbe dedotta la indicata doglianza. Nella sua enunciazione è peraltro infondato, dovendosi ritenere, per giurisprudenza consolidata, che la motivazione per relationem al processo verbale di constatazione – regolarmente notificato all’interessato, come risulta dalla sentenza impugnata – soddisfa l’obbligo di motivazione (Cass. n. 7360 del 31/03/2011).

2. Col secondo motivo si deduce violazione di legge per omessa motivazione, ex art. 132 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), nonchè violazione di legge D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 32 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), non avendo la CTR precisato il termine preso in considerazione ai fini del calcolo della tardività della produzione della memoria con i documenti, presentati invece nel pieno rispetto della norma citata.

3. Col terzo motivo si deduce l’illegittimità della sentenza impugnata per violazione di legge (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) ritenendo non tardiva la documentazione e la memoria prodotte il 25.11.2003, anteriormente all’udienza di trattazione del 3.2.2006.

4. Il secondo e il terzo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente, oltre che carenti per violazione del principio di autosufficienza, sono infondati e non possono essere accolti.

5. La ricorrente non ha infatti specificato il contenuto della documentazione tardivamente prodotta e in che modo, se fosse stata acquisita ed esaminata, avrebbe potuto ribaltare la decisione dei giudici di merito. Peraltro essa avrebbe potuto riprodurre – e dimostrare di averlo fatto – i documenti che la Commissione di primo grado aveva ritenuto tardivamente prodotti perchè fossero esaminati in appello (Cass. n. 8361 del 2015; n. 7329/2003, n. 2027/2003, n. 9604/2000), per cui correttamente tale statuizione è stata confermata dalla CTR, in assenza di nuova produzione in appello.

Il motivo è comunque infondato, poichè la sentenza impugnata risulta conforme al disposto del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 32 (che prevede che “le parti possono depositare documenti fino a venti giorni liberi prima della data di trattazione osservato l’art. 24, comma 1.”), e motiva congruamente il rigetto dell’appello.

Non sussiste pertanto il dedotto vizio di motivazione, avendo il giudice indicato le ragioni del proprio convincimento, contenendo la sentenza impugnata una adeguata e sufficiente motivazione, sia mediante esplicito resoconto dei fatti di causa e delle ragioni poste a fondamento della decisione, sia con riferimento alla documentazione prodotta dalla ricorrente, considerata tardiva in quanto depositata oltre il termine perentorio di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32. Infatti l’udienza dalla quale decorrono a ritroso venti giorni per il deposito di documentazione non è – come erroneamente ritenuto dalla ricorrente – quella di trattazione del 3/2/2006, bensì quella di prima comparizione (in termini, fra le stesse parti, Cass. n. 20785 del 2013). In proposito è stato affermato che “per integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia” (Cass. n. 20311 del 2011).

6. Per quanto sopra il ricorso proposto deve essere respinto, con condanna alle spese della ricorrente, stante la soccombenza, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 2.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 ottobre 2015.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2017

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