Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 907 del 20/01/2021

Cassazione civile sez. I, 20/01/2021, (ud. 23/10/2020, dep. 20/01/2021), n.907

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. GENTILI Andrea – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16258/2019 proposto da:

A.N., rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio Barone,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2664/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 16/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/10/2020 dal Cons. Dott. CLOTILDE PARISE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 2664/2019 depositata il 16-5-19, la Corte d’appello di Napoli ha rigettato l’appello proposto da A.N., cittadino della (OMISSIS), avverso l’ordinanza del Tribunale di Napoli che, a seguito di rituale impugnazione del provvedimento emesso dalla competente Commissione Territoriale, aveva respinto le sue domande di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. La Corte territoriale ha ritenuto che i fatti addotti dal richiedente per giustificare l’abbandono del suo Paese non integrassero i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), avendo egli dichiarato di essere di religione cristiana e di essere fuggito perchè avvicinato dagli esponenti di una setta che gli chiedevano di aderire alla stessa, senza allegare il timore di essere perseguitato dall’autorità statale ed avendo anzi egli riferito di aver chiesto protezione alla Polizia della Nigeria. Quanto alla richiesta di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la Corte d’appello ha evidenziato che nel Paese di origine de richiedente ed in particolare nell’Edo State non vi erano allarmanti situazioni di conflitto armato interno, come da fonte di conoscenza indicata nella sentenza impugnata. I Giudici d’appello hanno ritenuto che neppure vi fossero i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, non essendo allegati elementi di significativa fragilità o vulnerabilità soggettiva.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente denuncia, sub specie del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: (i) con il primo motivo la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 27, comma 1 bis, lamentando la violazione del dovere di cooperazione ufficiosa, con ampi richiami alla giurisprudenza di questa Corte, e del principio dell’onere probatorio attenuato; (ii) con il secondo motivo la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 7 8 e 11, nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deducendo che il suo racconto non era smentito da elementi di segno contrario e non era in contraddizione con le notizie ed informazioni generali sul suo Paese; (iii) con il terzo motivo la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la Corte d’appello deciso in modo corretto, negando la protezione sussidiaria, come da sentenze di questa Corte e della Corte di Giustizia che richiama, in quanto dalle notizie diffuse su siti affidabili, quali quelli del Ministero degli Esteri e di Amnesty International, emerge un allarmante e desolante quadro per la tutela di diritti inviolabili dell’uomo; (iv) con il quarto motivo la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonchè l’art. 2 Cost. e l’art. 3 CEDU, per non avere la Corte territoriale, negando la protezione umanitaria senza specifica motivazione, considerato la condizione di vulnerabilità del ricorrente, che rischia di subire trattamenti umani e degradanti, e l’attuale situazione di instabilità sociale e politica, nonchè caratterizzata da ripetute violazioni dei diritti umani.

2. Il Collegio rileva preliminamente che il ricorso è inammissibile per difetto del requisito – prescritto dall’art. 365 c.p.c. – di specialità della procura. Si è andato consolidando nel tempo l’orientamento più restrittivo della giurisprudenza di legittimità (tra le più recenti Cass., ord., 24/07/2017, n. 18257; Cass., ord., 30/03/2018, n. 6070; Cass., ord., 11/10/2018, n. 25177; Cass., 2/07/2019, n. 17708; Cass., ord., 18/02/2020, n. 4069), al quale il Collegio ritiene di dover dare continuità, secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione qualora – come nel caso all’esame – la procura, apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso – peraltro privo di timbro di congiunzione- con tale atto contenga espressioni incompatibili con la proposizione di detta impugnazione e univocamente dirette ad attività proprie di altri gradi o fasi processuali.

2.1. Nel caso di specie la procura contiene espressioni incompatibili con le attività processuali del giudizio di cassazione (quali quelle di dare facoltà al difensore di chiamare in causa terzi, deferire giuramento, proporre domande riconvenzionali ed azioni cautelari) e non fa alcun riferimento al provvedimento impugnato o al giudizio di cassazione, difettando, pertanto, del requisito di specialità.

3. Nulla si dispone circa le spese del giudizio di legittimità, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero.

4. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 23 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2021

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