Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9068 del 07/04/2017

Cassazione civile, sez. I, 07/04/2017, (ud. 09/02/2017, dep.07/04/2017),  n. 9068

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25699/2012 proposto da:

Mps Gestione Crediti Banca S.p.a., non in proprio ma in nome e per

conto della Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Via Pompeo Magno n. 1, presso l’avvocato Manzullo Francesco,

rappresentata e difesa dall’avvocato Di Grado Giacomo, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.S., (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

Roma Via Farini n. 62, presso l’avvocato Golino Lucio, rappresentato

e difeso dall’avvocato Blando Angela, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1397/2011 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 08/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/02/2017 dal Cons. Dott. DOLMETTA ALDO ANGELO;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato G. BAZZANI, con delega,

che si riporta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale CAPASSO

Lucio, che ha concluso per il rigetto dl ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La s.p.a. MPS Gestione Crediti Banca ricorre per cassazione nei confronti di C.S., articolando unico motivo di cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo dell’8 novembre 2011, n. 1397.

Con questo provvedimento la Corte territoriale ha rigettato l’impugnazione presentata dalla Banca nei confronti della pronuncia resa dal Giudice monocratico presso il Tribunale di Sciacca in data 9 luglio 2007 (n. 233), che, in accoglimento dell’opposizione formulata da C.S., aveva annullato il Decreto Ingiuntivo n. 121 del 2000, emesso da tale Tribunale. In particolare, la pronuncia della Corte ha disatteso la pretesa, già avanzata dall’attuale ricorrente nel contesto del giudizio di primo grado, di ritenere la valida sussistenza di un contratto di apertura di credito intercorso a suo tempo con il detto C., in ragione delle norme della L. n. 154 del 1992, art. 3, comma 3 e dell’art. 117, comma 2, T.U. bancario, quali disposizioni attributive a CICR e Banca d’Italia del potere di prevedere che particolari contratti, per motivate ragioni tecniche, possano essere stipulati in forma altra rispetto a quella scritta.

C.S. resiste con apposito ricorso

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Il motivo di ricorso, che è stato presentato da MPS Gestione Crediti, viene a denunciare “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 117(T.U.B.) in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3”.

A giudizio del ricorrente, la Corte palermitana avrebbe errato perchè non avrebbe tenuto conto dell’intero insieme normativo che, nel sistema attuale, viene a regolare il requisito della forma scritta dei contratti bancari.

Più in particolare, la stessa avrebbe trascurato che la vigente norma dell’art. 117, comma 2, del T.U. bancario (così come in precedenza faceva pure quella dell’art. 3, comma 3, della legge sulla trasparenza) abilita la Banca d’Italia, su conforme Delib. C.I.C.R., a stabilire che “particolari contratti” possano – in ragione di “motivate ragioni tecniche” – essere stipulati in forma diversa da quella scritta; e, inoltre, che le dette Autorità amministrative a tanto hanno provveduto, in specie stabilendo la non necessità della forma scritta “per le operazioni e servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto”.

Tale sarebbe il caso – così procede il ricorrente – del contratto di apertura di credito che assume di avere a suo tempo stipulato con C.S.: questo si trovava “già compiutamente previsto e disciplinato, nel suo contenuto normativo, dal contratto di conto corrente n. (OMISSIS) regolarmente stipulato tra le parti in forma scritta”.

Aggiunge il ricorrente di trovare conforto e ulteriore supporto, per la soluzione che viene appunto a invocare, anche in un precedente emesso da questa Corte, con sentenza datata 9 luglio 2005 e numerata 14470.

2.- Il motivo, che è stato appena riferito, si manifesta inammissibile ed è pure infondato.

In effetti, il ricorrente non ha riportato, nel proprio atto di accesso al giudizio di legittimità, il testo della pur invocata clausola, così come per contro avrebbe dovuto fare in rispondenza al principio della c.d. autosufficienza del ricorso.

D’altro canto, la sentenza della Corte territoriale ha constatato che il “contratto di conto corrente non disciplina il rapporto di apertura di credito, in esso non risulta indicato il limite di utilizzo del fido, nè le modalità di calcolo della c.m.s.”, secondo quanto, del resto, nemmeno è stato messo in discussione nel ricorso della Banca. E ha correttamente concluso che “nel caso di specie”, viste le riscontrate deficienze strutturali, il “contratto di apertura di credito non è minimamente previsto dal contratto di conto corrente”.

Nessun supporto alla tesi del ricorrente potrebbe mai venire, poi, dall’evocata sentenza di Cass. n. 14470/2005, posto che questa afferma in modo espresso che “le disposizioni della Banca d’Italia, a tanto autorizzata dal CICR, hanno sempre previsto, pur nel variare dei testi normativi, che non fosse richiesta la forma scritta per i contratti relativi ad operazioni e servizi già previsti in contratti redatti per iscritto”. Sembra del resto evidente che l’intento di agevolare “particolari modalità della contrattazione” non possa comportare – in una equilibrata visione degli interessi in campo, cui il precedente appena citato viene in modo espresso a richiamarsi – una radicale “soppressione” della forma scritta, ma solo una relativa attenuazione della stessa, che in particolare salvaguardi, tra l’altro, la necessaria indicazione delle condizioni economiche del contratto ospitato, così come richiesto pure dalla norma dell’art. 117, comma 4, del T.U. bancario.

3.- In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n. 55 del 2004, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la s.p.a. MPS Gestione Crediti Banca al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 2.800,00 (di cui Euro 200 per esborsi), oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 9 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2017

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